L’AMERICA LATINA ATTENDE DI NUOVO PAPA FRANCESCO

By Angelo Paoluzi
Pubblicato il 30 Dicembre 2017

In questo mese di gennaio papa Francesco si reca in Cile e Perù, ottavo e nono paese dell’America Latina visitati nei trentuno viaggi apostolici dall’inizio del pontificato. Un’area un po’ trascurata (ma non dalla Cina) nelle grandi visioni strategiche e, abbastanza colpevolmente, dall’Europa, nonostante affinità culturali e legami storici. Eppure nel subcontinente si sta elaborando una storia del mondo che potrebbe sorprendere nei prossimi decenni. Basti pensare al Brasile che, nel giro di mezzo secolo, è diventato uno degli “emergenti” in grado di intimorire settori di potenti industrie nordamericane. Oggi alcune nazioni del Sud America sono scosse da crisi che affondano le loro radici agli inizi dell’800: per finanziare i movimenti di indipendenza, Simone Bolivar, il “liberatore”, contrasse prestiti sulla piazza di Londra ad alto tasso di interesse, e da allora il ciclo infernale non si è mai arrestato. Continuano a pagarsene le conseguenze nelle condizioni di arretratezza di larghi strati delle popolazioni, fra miseria, fame, analfabetismo, malattie, diffusione della criminalità, corruzione. Con l’inevitabile proliferazione di violenza politica, conflitti civili, dittature militari e regimi autoritari. Anche se, negli ultimi trent’anni, la situazione ha dato segni di miglioramento. Esemplare il caso della Colombia, dove il papa l’anno scorso è arrivato come messaggero di pace per contribuire alla non facile conclusione di una guerra civile durata cinquantatre anni e i cui strascichi non sono ancora completamente risolti. La situazione più critica è in Venezuela, con conflitto aperto e scontri di strada fra il regime autoritario di Nicolàs Maduro e le opposizioni: violenze pubbliche, accuse al governo di violazione di diritti umani e della Costituzione, e di brogli in elezioni che ognuna delle parti sostiene di aver vinto. E poco meno drammatiche le condizioni del Messico, dove non si riesce a controllare i cartelli della droga, responsabili di violenze e assassini che minano l’autorità del governo. Per contro, in recupero economico e politico l’Argentina – seconda economia del continente – sino all’anno scorso in apparente fallimento, per il processo di risanamento attuato dalla presidenza Macri, sia con la presa di distanza dal regime di Maduro, sia con la politica di riavvicinamento agli Stati Uniti. Mentre viene confermato il restauro dei principi democratici e dei diritti dell’uomo con la celebrazione dei processi a carico dei complici del regime militare: nell’ultimo, da poco conclusosi, 29 ergastoli e 19 condanne da 8 a 25 anni per gli assassini e i torturatori dell’epoca Videla, mentre altri mille imputati, fra carcere e arresti domiciliari, attendono il loro turno dinanzi alla giustizia. Pochi, a paragone della fine del secolo scorso, i focolai di violenza. Contestazioni per i risultati delle elezioni in Honduras, soluzione sul filo del rasoio nelle presidenziali in Cile. Quasi dovunque una parvenza di tranquillità istituzionale. Quella che serve a un continente di mezzo miliardo di abitanti per scalare i gradini dello sviluppo.

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