LA NUOVA VITA COMINCIA ALLO STESSO MODO, CON L’AMORE E LA MISERICORDIA, SENZA ESCLUDERE GLI AMMONIMENTI E I RIMPROVERI
Abbiamo concluso la precedente meditazione con l’affermazione di Gandhi: senza la Croce la vita non è che una morte agitata. Potremmo aggiungere: con la Croce di Gesù la morte è una vita bene orientata. È chiaro, non in quanto è morte, ma in quanto è amore. È dono di sé. Non c’è amore più grande di quello che è dimostrato col dono della vita, dice il vangelo (Gv 15, 13). Nella morte di Gesù c’è più vita di qualunque altra vita che si trova nel mondo. La vita stessa di Dio, con quell’atto di amore-dono, apre un varco nel cielo e fa irruzione nel mondo. In quell’istante accade qualcosa che non ha l’uguale in tutto il resto della storia. Tutta la storia gira intorno a quell’atto di adorazione e di dono.
Questo atto produce anzitutto la risurrezione di Gesù al terzo giorno, non lasciando che il giusto veda la corruzione (Sal 16, 10), affinché da lui passi la vita a tutti. Questo ulteriore passaggio, però, non avviene con un colpo di bacchetta magica, ma progressivamente. Risorto, Gesù di Nazareth dà inizio a una nuova storia, che – appunto come una qualsiasi altra storia – si svolge progressivamente, un atto dopo l’altro: qui è il caso di dire, una conquista dopo l’altra.
Come accade? Anche qui siamo portati a pensare queste cose in maniera infantile, magica, miracolistica. Pen-siamo che, per parlare di irruzione della vita di Dio nel mondo, ci vorrebbe almeno qualcosa come quello che accadrà qualche secolo dopo: che cioè il cristianesimo perseguitato ferocemente da Roma conquisti lo stesso Impero romano. Allora tutti misureranno la potenza di quella vita. Ma non è così che la vita di Dio fa irruzione nel mondo. Lo fa, in quello stile che è stato sempre tipico del Dio vivente di Israele, in modo umile e nascosto.
Secondo l’evangelista Giovanni la precedente storia si era conclusa così: avendo amato i suoi discepoli, Gesù li amò sino alla fine. Erano stolti e tardi a credere e a comprendere le Scritture, come abbiamo visto nell’articolo precedente, tuttavia gli erano rimasti vicino e questo gli bastava. La nuova vita comincia allo stesso modo, con l’amore e la misericordia, senza escludere gli ammonimenti e i rimproveri. Le apparizioni del Risorto sono in realtà incontri pedagogici nei quali Gesù illumina le loro menti e li rassicura. Egli non va a svergognare i suoi crocifissori, ma va soltanto dagli amici, non gli importa affatto di prendersi una rivalsa. Non giudica, non condanna, non distrugge. Costruisce con la pazienza di tutti i costruttori, con la lungimiranza di tutti i papà e di tutte le mamme per i loro figli.
Ma c’è una realtà nuova che il Gesù Risorto ha a disposizione, perché l’ha guadagnata con la sua obbedienza fino alla morte: è la pienezza dello Spirito Santo. Ricordate come era la realtà della primitiva creazione del mondo? Dio ave-va fatto i cieli e la terra, ma questa – il nostro pianeta che i greci chiamano Gaia, futura sede dei viventi – era caotica e disabitata, dominata da una fitta tenebra che non permetteva alcuna relazione. Il Creatore manda allora la Ruach, lo Spirito che in ebraico è femminile, una potenza divina al femminile, materna, che ordina, genera la vita e la fa sviluppare. Con la sua totale obbedienza al Padre, Gesù ha ricevuto la totalità dello Spirito Santo e lo effonde sui discepoli nella Pentecoste, poi, via via, su tutti. Lo Spirito porta avanti e fa sviluppare la nuova creazione.
Siamo abituati a pensare la storia del Risorto come un viaggio trionfale che fa seguito alle sofferenze delle umiliazioni e delle torture. Pensiamo che la risurrezione si sia manifestata bene col trionfo della Chiesa costantiniana che, dopo tre secoli di persecuzioni, eleva la croce nella reggia di Costantinopoli, nella basilica di Santa Sofia. Non è così. La risurrezione è umile come la vita prepasquale. Con lo Spirito, Gesù dà ai discepoli la forza di caricarsi ogni giorno della croce e seguirlo. Il Gesù risorto non è il potente Cristo della fede universale che verrebbe a sostituire il povero ebreo Gesù di Nazareth. È proprio lo stesso Gesù di Nazareth che, risorto, dà inizio a una nuova storia, addirittura a una nuova creazione. Anche qui, sia ben chiaro che non sono io che invento questa espressione nuova creazione. Essa si trova nella Bibbia, Antico e Nuovo Testamento.
Poco dopo, continuando la sua storia, il Risorto chiamerà anche un nemico, Saulo di Tarso, un persecutore del suo Corpo vivo che è la Chiesa. Ma non lo chiamerà per umiliarlo, bensì perché sa che l’onesto ascolto della Torah aveva reso il cuore di Saulo capace di accogliere l’annuncio della nuova irruzione del Dio vivente di Israele nella creazione: è un vaso di elezione. Di-venterà il più fervente annunciatore, colui che porterà in sé anche tutta la tortura derivante dal dover unire insieme ebrei e gentili in un solo corpo abbattendo il muro di separazione.
Che dire di questa meditazione? Che siamo ancora sfuggiti alla Passio-ne per emigrare nella risurrezione? Per fortuna, però, le precedenti meditazioni dettate da Gabriele Cingolani avevano già bene evidenziato che “non è possibile separare il Crocifisso dal Risorto”, come risulterà ancora più chiaro dal libro che ne è stato tratto (quarta pagina di copertina). Il mistero pasquale è un mistero unico, che abbraccia anche il battesimo, l’Eucaristia e tutti gli altri sacramenti.