LA STERZATA DI FRANCESCO

le scelte del concistoro
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 27 Febbraio 2015

Papa Bergoglio sceglie le periferie della storia, annacqua i propositi di carriera burocratica di chi ha scambiato il servizio evangelico con il potere temporale. E, soprattutto, non contempla la consuetudine di elevare al soglio cardinalizio città tradizionalmente cardinalizie, come Torino e Venezia, rimaste ancora senza zucchetto rosso Il concistoro del 14 febbraio è appena passato, ma vale la pena soffermarsi di nuovo su chi sono i nuovi cardinali scelti da papa Bergoglio. Sono 15 (quelli aventi diritto di voto al prossimo conclave), provenienti da 14 nazioni di ogni continente, e manifestano l’inscindibile legame fra la chiesa di Roma e le chiese particolari presenti nel mondo. Alcuni sono sconosciuti ai più, frutto della scelta non autoreferenziale di Francesco che vede di buon occhio eminenze “pescate” nei sud lontani e disperati del mondo, piuttosto che nelle canoniche dorate e sicure delle curie europee.

Eccoli, dunque: Dominique Mamberti, arcivescovo titolare di Sagona, prefetto del supremo tribunale della Segnatura apostolica, unico curiale premiato; Manuel José Macário do Nascimento Clemente, patriarca di Lisbona (Portogallo), Berhaneyesus De-merew Souraphiel, CM, arcivescovo di Addis Abeba (Etiopia); John Atcherley Dew, arcivescovo di Wellington (Nuova Zelanda); Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo; Pierre Nguyên Văn Nhon, arcivescovo di Hà Nôi (Viêt Nam); Alberto Suárez Inda, arcivescovo di Morelia (Messico); Charles Maung Bo, SDB, arcivescovo di Yangon (Myanmar); Francis Xavier Krieng-sak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok (Thailandia); Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento; Daniel Fernando Sturla Berhouet, SDB, arcivescovo di Montevideo (Uruguay); Ricardo Blázquez Pérez, Arcive-scovo di Valladolid (Spagna); José Luis Lacunza Maestrojuán, OAR, vescovo di David (Panamá); Arlindo Gomes Furtado, vescovo di Santiago de Cabo Verde (Arcipelago di Capo Verde); Soane Patita Paini Mafi, vescovo di Tonga (Isole di Tonga).

Ai 15 con diritto di voto si sono aggiunti altri 5 cardinali che si sono distinti per la loro carità pastorale nel servizio alla santa sede e alla chiesa. E che hanno, ovviamente, passato la fatidica soglia degli 80 anni, termine temporale per poter partecipare al conclave. Sono: José de Jesús Pimiento Rodríguez, arcivescovo emerito di Manizales; Luigi De Magistris, arcivescovo titolare di Nova, pro-penitenziere maggiore emerito; Karl-Josef Rauber, arcivescovo titolare di Giubalziana, nunzio apostolico; Luis Héctor Villalba, arcivescovo emerito di Tucumán; Júlio Duarte Langa, vescovo emerito di Xai-Xai.

In seguito a queste nomine i cardinali elettori saliranno così a 125, cinque in più dei 120 regolamentari. Ma a giorni compiranno 80 anni i cardinali Antonio Naguib e Justin F. Rigali, in settembre i cardinali Velasio De Paolis e Santos Abril y Castelló e nel febbraio del 2016 il cardinale Roger M. Mahony, riportando nel giro di un anno il numero degli elettori entro il limite stabilito.

La maggior parte delle nuove nomine, dicevamo, sono nel sud del mondo. Due in Africa: Etiopia e Capo Verde. Tre in Asia: Vietnam, Myanmar e Thailandia. Tre nell’America latina: Messico, Uruguay e Panama. Due in Oceania: Nuova Zelanda e Isole Tonga. Tre di questi paesi avranno un cardinale per la prima volta nella storia: Capo Verde, Myanmar e Tonga. Il vescovo di Tonga, 53 anni, sarà anche il più giovane del sacro collegio, seguito da quello di Montevideo, 55 anni.

Ma, al di là dei numeri, che comunque servono in questi casi a capire meglio la geopolitica di papa Francesco, quello che appare chiaro anche a chi non è dentro le cose vaticane, è che la “carriera” non è più prefigurabile (così come lo è sempre stato) nelle curie o negli uffici ecclesiali. Francesco sceglie le periferie della storia, annacqua i propositi di carriera burocratica di chi ha scambiato il servizio evangelico con il potere temporale, premia chi accoglie (come il caso dell’arcivescovo di Agrigento con i migranti di Lampedusa), si china su chi ha condotto una vita esemplare e profetica (come il caso dell’arcivescovo di Ancona, Menichelli, l’ultimo “martiniano”…). E, soprattutto, non contempla la consuetudine di elevare al soglio cardinalizio città (o diocesi) tradizionalmente cardinalizie, come Torino e Venezia, rimaste ancora senza zucchetto rosso.

Mentre sposta il baricentro della chiesa universale verso le periferie del mondo, nel senso della rotta tracciata in modo chiaro attraverso l’esortazione apostolica Evangelii gaudium.

Nella lettera inviata ai nuovi porporati, il pontefice non lesina indicazioni evangeliche: “proprio in ordine a esercitare questa dimensione di servizio, il cardinalato è una vocazione”. Non un premio o un onore, dunque. “Molti si rallegreranno – continua Francesco – per la nuova vocazione, al punto che faranno festa. Atteggiamento proprio del cristiano e che va accettato con umiltà”. Tuttavia, scrive Francesco rivolgendosi ai porporati, si faccia in modo che “in questi festeggiamenti, non si insinui lo spirito di mondanità che stordisce più della grappa a digiuno, disorienta e separa dalla croce di Cristo”.

Un concistoro importante, dunque. An-che perché ha cominciato a fissare i paletti di quello che dovrebbe essere l’architrave della riforma della curia voluta da papa Francesco. Improbabile scelte definitive per l’anno in corso, ma la strada è segnata. Anche papa Francesco ha messo il turbo.

Comments are closed.