LA SPIRITUALITÀ DEI LAICI

By redazione Eco
Pubblicato il 26 Aprile 2019

Ovviamente i padri conciliari si affrettano a mettere in risalto una verità fondamentale: ogni apostolato, nella Chiesa, deve mettere le sue radici nella vita spirituale. Da essa dipende non solo l’autenticità, ma anche l’efficacia dell’apostolato dei laici.

La spiritualità laicale costituisce pertanto il fondamento dell’apostolato dei laici. Si tratta solo di chiarire bene quali sono i contorni di questa spiritualità e di conoscere con esattezza il pensiero dei padri conciliari.

Chi rimane in me  porta molto frutto

“Siccome la fonte e l’origine di tutto l’apostolato della Chiesa è Cristo, mandato dal Padre, è evidente che la fecondità dell’apostolato dei laici dipende dalla loro unione vitale con Cristo”. Siamo dunque avvertiti che Cristo Signore non solo sta all’origine dell’apostolato, ma pure che l’unione con lui è condizione indispensabile perché l’apostolato produca i frutti desiderati.

A conforto della loro convinzione i padri conciliari riferiscono le parole di Gesù stesso: “Chi rimane in me e io in lui, questi produce molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Giovanni 15,5). Senza voler negare la realtà e il valore delle imprese umane, Gesù dichiara apertamente che esse finiscono nel nulla se quelli che le compiono non sono profondamente radicati e saldamente stabiliti nella comunione con lui.

In questo consiste e a questo si riduce la santità di vita propria dei fedeli laici. Essi non devono imitare i sacerdoti o i/le religiosi/e, ma sono chiamati, soprattutto dal concilio Vaticano II, a inventare vie nuove, ad adottare modi nuovi nei quali incarnare ciò che è specifico della loro condizione laicale.

Con prudenza e pazienza

“Su questa strada occorre che i laici progrediscano con animo pronto e lieto nella santità, cercando di superare le difficoltà con prudenza e pazienza”. Qui il discorso dei padri conciliari passa dal tono espositivo al tono esortativo: essi hanno a cuore che ogni apostolato venga svolto da persone che tendono alla santità della vita e questo esige prudenza e pazienza.

Anzitutto prudenza che, al dire di Tommaso d’Aquino, deve accompagnare ogni virtù perché essa non indica tanto ciò che si deve fare, quanto piuttosto il come, il quando e il perché una cosa deve essere fatta oppure deve essere tralasciata. Se consideriamo attentamente le cose, non facciamo fatica a cogliere la preziosità di questo insegnamento e a farne tesoro per la nostra vita spirituale.

In secondo luogo, l’apostolato richiede di essere svolto con pazienza, che è la regina delle virtù perché essa insegna a tutti, ma soprattutto ai laici, la capacità di saper attendere il tempo giusto e le modalità appropriate per intervenire in certi affari o di temporeggiare in altri.

Con lo spirito delle beatitudini

Dulcis in  fundo, direi, dai padri conciliari ai fedeli laici viene questa indicazione di marcia: “La carità di Dio, diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato, rende i laici capaci di esprimere realmente nella loro vita lo spirito delle beatitudini”. Questa indicazione non sarà mai sufficientemente sottolineata perché essa interessa le scelte concrete e lo stile di vita del laico apostolo.

Lo si evince anche da quello che si legge di seguito: “Seguendo Gesù povero non si abbattono per la mancanza dei beni temporali…; imitando Gesù umile non diventano vanagloriosi”. Ovviamente l’elenco potrebbe continuare fino a coprire tutte le otto beatitudini evangeliche, non esclusa quella dei perseguitati a causa della giustizia.

Tutto questo i padri conciliari lo caratterizzano come “metodo di vita spirituale” che vale per tutti, qualunque sia la scelta vocazionale fatta: dal matrimonio al celibato e alla vedovanza, dalla condizione di infermità o di attività professionale e sociale.

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