LA SANTA PASQUA a ORSOGNA

ABRUZZO DEL GUSTO
By Gloria Danesi
Pubblicato il 3 Aprile 2015

Tutti i piatti della tradizione contadina sono all’insegna della semplicità e nello stesso tempo della raffinatezza. Per non parlare dell’eccezionale vino locale che esalta in modo superbo il cibo  Or…sogna: giubilo per gli occhi e la gola. Lungo il tratturo che collega L’Aquila a Foggia, in provincia di Chieti s’incontra Orsogna, una terra dove un tempo hanno imperversato orsi e briganti e che ha visto scatenarsi violenti terremoti e bombardamenti. Tante sofferenze e lutti hanno subito i suoi abitanti, ma con dignità e forza incrollabile hanno ricostruito, abbellito la cittadina, tenute vive le tradizioni antiche e create di nuove. Una realtà sociale molto attiva con un fitto calendario di eventi. Su tutti si staglia per pathos e risonanza la Festa dei Talami. Nata in periodo medievale, coniuga la devozione religiosa cristiana con gli antichi riti pagani volti all’ottenimento di abbondanti raccolti. In onore della Madonna del Rifugio (detta anche Nera) si svolge il lunedì di Pasqua (ma si ripete a Ferragosto) una processione con  palchi montati sui carri, un tempo trainati da mansueti buoi e oggi da rombanti trattori, dove attori di tutte le età interpretano – immobili in pose plastiche – scene ispirate al vecchio e nuovo testamento. Il primo Talamo fu realizzato proprio nella chiesa dedicata alla Vergine dal volto scuro. I fedeli misero in scena il quadro ritenuto miracoloso, che sovrastava l’altare maggiore, dove la Madre di Dio copriva con il suo manto azzurro quattro persone oranti. La notte tra il lunedì e il martedì in Albis i devoti si riunivano per assistere al “miracolo”: il volto della Madonna da scuro diveniva chiaro o gli occhi si mettevano in movimento. Nel momento in cui le gerarchie ecclesiastiche non consentirono più lo svolgimento dei “drammi liturgici” nei luoghi di culto, a ragione dell’uso a volte di linguaggi poco consoni, il palco trasportato a spalla iniziò a percorrere le vie del paese. Questo significativo cambiamento comportò che ogni quartiere desse vita al suo palco scatenando la competizione per realizzare quello più bello. Il particolare in comune, dei sette quadri biblici di questa secolare sfilata, è la presenza in alto di una bambina, incorniciata da una raggiera, che impersona la Vergine del Rifugio.

Gli orsognesi sono creativi a tutto tondo senza soluzione di continuità tra sacro e profano, capaci di rinfrancare lo spirito e il corpo. Quest’ultimo viene attenzionato attraverso i piatti della tradizione contadina all’insegna di quanto ha affermato Steve Jobs: “La semplicità è il massimo della raffinatezza”. Per non parlare dell’eccezionale vino locale che esalta in modo superbo il cibo. Ad esempio una squisita pizz’ e ffuje, focaccia di farina di mais e verdure varie di stagione. Altro piatto tipico è l’ajatella: aglio soffritto passato al sugo, con pomodoro fresco e peperoncino e pane mbusse (bagnato) o pizza di granoturco. Nel menù, dove non mancano le pallotte cace e ove, colpiscono le ciammaiche al sugo, lumache al cif e ciaf fatto con guanciale di maiale. Tra i fritti: li ciaunnelle, ciambelle fritte senza buco; li pizzelle di pasta ngotte, con un impasto non molto duro composto da farina e acqua bollente si formano delle sottili schiacciate che vengono fritte in olio di oliva o anche in lardo o strutto. Tra i dolci: la pupa di Pasqua, vera leccornia realizzata con pasta di mandorle cotta al forno; una variante prevede l’inserimento tra gli ingredienti del mosto cotto. Il nome deriva dalla forma di bambola che viene dato all’impasto, una variante è la forma di cavallo. Dopo la cottura si ricopre di glassa al cioccolato e si decora con confetti colorati.

Una tradizione, quella dei Talami, risalente alla metà del 1200 e a tal ragione inserita nel 2011 nel Patrimonio d’Italia per la tradizione. Nella chiesa di san Nicola di Bari sono conservate due antiche croci da processione del famoso artista e orafo Nicola da Guardiagrele, e questo la dice lunga rispetto all’antica tradizione orafa locale che ha come fiore all’occhiello le sciacquaie, grossi orecchini in oro lavorato e il petto d’oro, ampio intreccio di catenine e lamine con al centro una bussola.

Orsogna, circondata da uliveti e vigneti, è una delle 500 città del vino italiane. La Torre Di Bene, un edificio ricostruito nel XIX secolo sui resti di una torre medievale, che già ospita un museo dell’arte e della musica, è preposto ad ospitare la Biblioteca nazionale delle città del vino. Perfetto intreccio di fede, natura e cultura.

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