LA RISPOSTA? UN DOLCE SORRISO
Parlando degli anni giovanili, padre Francesco Saverio Del Principe, ormai vicino alla tomba, ricorda con emozione e orgoglio il tempo trascorso insieme a Gabriele. “Rimasi con lui, afferma, tutto il tempo dello studio, ossia per circa cinque anni… Nessun difetto o imperfezione volontaria ho potuto notare in lui, quantunque io sia stato quello dei suoi compagni che più intimamente e confidenzialmente lo abbia trattato”.
Francesco Saverio, nato a Pescasseroli (L’Aquila) il 6 aprile 1832, entra tra i passionisti a Morrovalle il 29 aprile 1854 e vi inizia il noviziato. Ma dopo pochi mesi è costretto a tornare in famiglia a causa di una grave malattia. A Morrovalle lascia il cuore; porta con sé, custodendolo gelosamente, il desiderio di tornarvi appena guarito. Intanto continua gli studi e in paese offre l’esempio di un giovane pio, sempre presente alla messa quotidiana e alle funzioni religiose. Guarito, nell’ottobre del 1856 torna a Morrovalle dove da poco è arrivato Gabriele; con lui compie il noviziato e con lui emette la professione religiosa il 22 settembre 1857. Vivranno insieme fino al 1861 quando Francesco Saverio, da Isola del Gran Sasso viene trasferito a Pievetorina e poi a Recanati.
Ordinato sacerdote nel 1861, dopo due anni torna a Isola dove il ricordo di Gabriele, morto appena da un anno, è ancora vivissimo. Dal 1866 vive in esilio a Manduria (Taranto) e dintorni con l’intera comunità espulsa da Isola in seguito alla soppressione delle corporazioni religiose decretata dal governo italiano. Dopo l’ordinazione sacerdotale, si dedica alla predicazione con zelo apostolico e con rara competenza. Ha un memoria straordinaria, una sorprendente facilità di parola; i fedeli lo ascoltano rapiti, affascinati dalla sua travolgente oratoria. Suscita apprezzamento e stima per sé e per la congregazione. Principalmente per merito suo, come coronamento della sua attività apostolica sorge il convento di Manduria che accoglie finalmente i passionisti esuli, dopo circa quindici anni di penosa precarietà. Lui è il primo superiore della casa religiosa.
Francesco Saverio ha anche eminenti doti di governo; illuminato, deciso, paterno, custode geloso delle sane tradizioni, aperto al nuovo. Nel 1882 viene eletto superiore provinciale, nel 1884 consultore generale e nel 1890 superiore generale. Alle congratulazioni dei capitolari lui ripete confuso e con le lacrime agli occhi: “Povera congregazione con un simile superiore, povera congregazione!”. Il suo saggio servizio riscuote la stima e la fiducia di tutti, ma dura poco; per motivi di salute, Francesco Saverio presenta ripetutamente le sue dimissioni. Il papa le accoglie nel settembre del 1892; vuole tuttavia che conservi il titolo di generale e tutte le prerogative legate alla sua persona. Il successore, scrivendo ai religiosi, chiederà di pregare per lui “per le grandi obbligazioni di gratitudine verso un sì eminente superiore che ha instancabilmente faticato per la congregazione e ha consumato per essa le forze e la salute”. Francesco Saverio, libero ormai da impegni, vive la sua dolorosa malattia con pace e toccante serenità, totalmente abbandonato alla volontà di Dio. Muore nel convento dei Santi Giovanni e Paolo in Roma il 26 dicembre 1893.
Francesco Saverio, come detto, è vissuto vicino a Gabriele e nelle testimonianze rilasciate trenta anni dopo la morte del giovane confratello, afferma di averlo “ritenuto sempre un santo e un angelo” e che “tutto il suo comportamento spirava innocenza e santità”. Aggiunge anche qualche particolare interessante. “Ricordo bene che prendendomi gusto assai spesso a provocarlo e a provare la sua eroica virtù contrariandolo, il suo contegno a mio riguardo era un dolce sorriso… Fin da quando vivevo con Gabriele, previdi che il Signore avrebbe operato cose grandi in lui e vi si sarebbe glorificato anche con manifestare opere soprannaturali”.
Attingendo proprio a questi ricordi e a questa interiore certezza, Francesco Saverio da superiore generale nel 1891, quando Gabriele ancora dormiva nel sepolcro, sorprende tutti decidendo di aprire i processi canonici per la sua beatificazione e ordina al postulatore padre Germano Ruoppolo di dargli la precedenza sugli altri candidati. Quel momento segna il risveglio di Gabriele che, come un tempo, avrà risposto dal cielo con dolce sorriso a quel confratello che in vita lo provocava con gusto per provare la sua virtù.