LA POLITICA SI DIMOSTRI VICINA AI CITTADINI…

Dopo il taglio del numero anche quello dello stipendio?
By Antonio Andreucci
Pubblicato il 28 Ottobre 2020

I nostri parlamentari hanno uno stipendio fra i 13 e i 15 mila euro netti al mese. Ci sono, poi, i consiglieri regionali i cui stipendi sono leggermente più bassi, ma sempre abbastanza elevati. E il raffronto con gli altri paesi è impietoso…

Sul posto di lavoro dal martedì al giovedì mattina, poi “libera tutti”. Stipendio, fra i 13 e i 15 mila euro netti al mese. Niente male, ma non è per tutti. In Italia possono permetterselo solo 945 persone che hanno come sede lavorativa gli scranni della Camera dei deputati (600) e del Senato della Repubblica (315). Dalla prossima legislatura il numero degli “eletti” a questo lavoro ben remunerato dovrebbe scendere a 600 parlamentari (400 deputati e 200 senatori). Dovrebbe, perché è vero che il referendum costituzionale ha confermato il loro taglio, ma da qui alla fine della legislatura quei fantastici parlamentari (nel senso che hanno molta fantasia) potrebbero escogitare cose impensabili per i comuni mortali pur di non ridurre il numero delle poltrone. Stipendio niente male, eppure, a precisa domanda sulla sua retribuzione, una senatrice rispose piccata all’intervistatore televisivo: “Prendo poco più di 5 mila euro al mese”. Formalmente disse il vero, nella realtà omise una decina di migliaia di euro. Già, perché oltre allo stipendio base, per senatori e deputati sono previsti diarie, gettoni di presenza, aumenti per cariche (presidenti, vice, segretari di commissione, questori, eccetera) e tremila e passa euro per i cosiddetti “portaborse”, oltre a treni, aerei, spese telefoniche, rimborsi vari non rendicontabili. Un bel malloppo sul quale non interviene il fisco. Infatti, la senatrice di cui sopra, si guardò bene dall’esibire la busta paga e la documentazione dei rimborsi. Tutto (tranne nomi e importi) verificabile sui siti dei due rami del Parlamento. Di fatto, un “eletto dal popolo” prende almeno quattro volte più di un elettore (lo stipendio medio italiano è stato di 29.300 euro lordi nel 2019). Il bello è che c’è chi sostiene che dal venerdì al lunedì lavora sul territorio, incontra gli elettori, eccetera, eccetera. Ma non ci sono più le preferenze, il voto va solo ai partiti, quindi: chi incontrano? Comunque, il “lavoro sul territorio” (se e quando lo svolgono) è simile a quello che compiono i loro colleghi di altre nazioni i quali hanno stipendi inferiori, anche di molto.

L’indennità di un deputato italiano è di 10.435 euro lordi (5.300 al netto delle ritenute fiscali e previdenziali). Il rimborso spese per il soggiorno è di 3.503,11 (ai quali si detraggono 206 euro per ogni giorno di assenza in caso di votazioni elettroniche). Per i trasferimenti in aeroporto c’è un rimborso: da 1.107 a 1.331 euro al mese a seconda della distanza dallo scalo (viaggiano gratis in autostrada, treno, nave e aereo sul territorio italiano). In più, 3.690 euro per il rapporto eletto-elettore, utilizzabile per lo stipendio dei collaboratori (capitolo del quale parleremo dopo…), 258 euro per le telefonate, 2.500 di spese informatiche (per l’intera legislatura). C’è poi la liquidazione, cioè l’assegno di fine mandato: 46.814 euro per una legislatura, 140.443 per tre. Per chi ancora lo prende, c’è il vitalizio: 2.486 euro al mese per un mandato, 4.973 euro per due e 7.460 euro per tre. È stato abolito da qualche anno, ma i beneficiari hanno fatto ricorso sulla retrodatazione del provvedimento e rischiano di vincerlo! Stessa situazione, qualche centinaio di euro in più, per chi è senatore, il quale ogni mese riceve 11.555 euro (lordi) di indennità, 3.500 di diaria, 1.650 euro per i trasporti e 4.180 euro per le spese di rappresentanza. Da notare che i rimborsi per la rappresentanza (3.600 o 4.180) vanno rendicontati solo per il 50 per cento e dovrebbero servire anche per i collaboratori, spesso giovani o senz’altro lavoro decente, che scappano da un posto all’altro per soddisfare le richieste del parlamentare, ma che non hanno uno stipendio regolare (tranne in qualche rarissimo caso). Spesso “servono” più parlamentari. I pochi che hanno un contratto regolare guadagnano circa 1.200 euro al mese, mentre per tutti gli altri la media va dai 500 agli 800 euro. Il bello è che, nonostante le proteste, non riuscirono a farsi regolarizzare neppure quando alle presidenze di Camera e Senato vi erano notissimi ex sindacalisti.

Il raffronto con quattro paesi simili al nostro è impietoso. In Gran Bretagna i 650 membri della Camera dei Comuni hanno un’indennità mensile lorda di 6.350 euro, il netto varia; come diaria si può richiedere un rimborso massimo mensile di 1.922 euro. Sono rimborsati taxi (solo dopo le 23) e metropolitana e i viaggi per lavoro, ma in classe economica. Altri 1.232 euro vengono erogati come rimborso per l’ufficio nel collegio e 1.004 euro per spese varie. I collaboratori li paga un’agenzia per conto del Parlamento. A fine mandato si può chiedere un rimborso di 47 mila euro e un vitalizio (dopo i 65 anni) da 530 a 794 euro lordi al mese. In Germania i 620 parlamentari percepiscono un lordo di 7.668 euro, senza ritenute previdenziali; 3.984 euro di contributo mensile per l’esercizio del mandato. Treni gratis e viaggi aerei nazionali nell’esercizio delle funzioni rimborsati con i giustificativi di spesa. I collaboratori sono pagati dal Parlamento; non è previsto un assegno di fine mandato, ma un’indennità provvisoria per 18 mesi. Vitalizio a 67 anni, 961 euro lordi per 5 anni di mandato, 1.917 per dieci. In Francia i 577 deputati dell’Assemblea nazionale hanno un’indennità lorda di 7.100 euro; libera circolazione ferroviaria, ma solo 40 viaggi aerei pagati fra il collegio e Parigi, e 6 fuori collegio. Per le spese di mandato sono previsti 6.400 euro al mese e 9.138 euro per la retribuzione di non più di cinque collaboratori, pagati dal deputato o direttamente dall’Assemblea. Nessun assegno di fine mandato, solo un sussidio di reinserimento, se si è disoccupati, per un massimo di tre anni. Il vitalizio è di 1.200 euro per uno, 2.400 per due. Infine, i 350 deputati del Congresso spagnolo hanno un’indennità mensile lorda di 2.813 euro. L’indennità di residenza è di 1.832 euro per gli eletti fuori Madrid e di 870 euro per gli eletti nella capitale. I rimborsi spese per i viaggi sono di 150 euro al giorno per l’estero e 120 euro per gli spostamenti interni.

Come si vede, i rappresentanti del popolo italiano sono i meglio retribuiti, come emerge pure da un rapporto Ocse/Eurostat di alcuni anni fa nel quale al primo posto figuravano proprio loro, con 144 mila euro. A seguire: Austria (106.583), Norvegia (87.964). Olanda (86.125), Germania (84.108), Irlanda (82.065), Belgio (72.017), Svezia (69.017), Grecia, (68.575), Lussemburgo (66.432), Francia (62.779), Finlandia (59.640), Slovenia (50.500), Cipro (48.960), Portogallo (41.387), Spagna (35.051), Slovacchia (25.920) e Malta (15.768). Oltre l’Europa, paesi simili al nostro erogano questi stipendi ai loro parlamentari: Australia 117.805 euro, Stati Uniti 114.660, Canada 100.166, Giappone 130 mila.

Ci sono, poi, i consiglieri regionali i cui stipendi sono leggermente più bassi di quelli dei parlamentari, ma sempre abbastanza elevati, specie in alcune regioni a statuto speciale. Ai 10-13 mila euro lordi della base per consiglieri e presidenti di Giunta, vanno aggiunte le varie indennità (presidente, vice o segretari di commissione, capogruppo), la diaria e il rimborso delle spese connesse allo svolgimento degli incarichi, che possono raggiungere anche i 4.000 euro al mese. Anche loro indulgono al lamento, anche se non tutti. Una quindicina di anni fa il presidente di una piccola regione rivolgendosi con una lettera pubblica ai suoi colleghi piagnucoloni, dopo aver elencato il loro lavoro, concludeva: “Per fare questo ci danno 13 mila euro netti al mese. Se vi sembrano pochi…”. Nessuno ebbe il coraggio di replicare.

In fin dei conti, però, gli “eletti dal popolo” qualche motivo di rammarico possono averlo se si considera lo stipendio più basso dei dipendenti parlamentari: il primo livello retributivo, quello di operatore tecnico (centralinista, elettricista, commesso, barbiere) prevede uno stipendio d’ingresso di 30.351,39 euro lordi, che passano a 50.000 dopo 10 anni, e diventano 89.000 dopo 20, 121.000 dopo 30, 127.000 dopo 35 e 136.000 dopo 40 anni. Non parliamo degli altri livelli nei quali queste somme raddoppiano, triplicano, quadruplicano. In tutto sono millecinquecento e molti di loro vengono guardati con invidia anche da qualche parlamentare timoroso di essere “trombato”.

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