LA PICCOLA IMPRESA PARLA SEMPRE PIÙ CINESE

in continuo mutamento la realtà produttiva
By Piergiorgio Severini
Pubblicato il 7 Febbraio 2016

 

Piacere, Chen…Piacere, Zhang… La conoscenza non è avvenuta in Cina, loro paese d’origine, ma nelle Marche, terra che un nutrito gruppo di cittadini di quel grande paese ha scelto come residenza lavorativa e dove Chen e  Zhang sono i nomi prevalenti fra i nuovi self-made man che hanno avviato un’attività imprenditoriale nella regione tra gennaio e settembre 2015. Se l’italianissimo Rossi resta il cognome più diffuso, subito dopo vengono i cinesi Chen e Zhang nell’elenco stilato dall’ufficio studi della camera di commercio di Monza e Brianza sui dati del registro delle imprese che le associazioni artigiane delle Marche hanno rivisitato col formulare una statistica a livello territoriale. In particolare sono stati 31 i signor Rossi che nei primi nove mesi dello scorso anno hanno deciso di avviare un’attività lavorativa in regione, mentre i Chen sono stati 16 e gli Zhang 15. In cifre sette imprenditori su dieci provengono dal paese asiatico e solo tre italiani. Oltre ai Rossi ci sono, al quarto e quinto posto, 13 Mancini e 12 Ferretti. Poi solo Hu e Lin (12), Li e Ye (11), Yang e Wang (10), fino ad arrivare agli otto imprenditori indiani chiamati Singh e collocati al diciannovesimo posto. Tutto questo – avvertono i segretari regionali di Confartigianato, Giorgio Cippitelli,  e di Cna Marche, Otello Gregorini – non è solo una curiosità statistica perché dietro i numeri c’è una realtà produttiva che sta cambiando, con gli imprenditori stranieri che occupano sempre più spazio e che stanno, tra l’altro, diventando i nuovi datori di lavoro per i giovani in cerca di occupazione.

“C’è una nuova realtà con cui fare i conti – sottolineano, infatti, Cippitelli e Gregorini – in quanto occorre valorizzare questo patrimonio, assicurando alle nuove aziende un contesto territoriale favorevole in termini di burocrazia, di servizi e di infrastrutture efficienti, garantendo al tempo stesso il rispetto delle regole da parte di tutti in materia di lavoro, anticontraffazione, fiscalità. Attività abusive e lavoro nero si sono già verificate soprattutto nei settori della moda e del commercio”. Nel 2016 l’occupazione resterà ancora al centro dell’interesse generale dopo anni in cui si è parlato solo di tagli.

Gran parte del reddito dei marchigiani (36,9%) se ne va per le spese legate alla casa: affitti, mutui e bollette; a queste spese va aggiunto un 2,5% per le manutenzioni straordinarie e un altro 4,1% per mobili e casalinghi. Per mangiare la spesa mensile si attesta al 18,2% del budget; l’1,7% se ne va per alcool e tabacchi, mentre per l’abbigliamento e le calzature  si arriva al 4,6%. Alla salute – evidenzia ancora la Cna – i marchigiani dedicano il 4,1% della somma disponibile, mentre risparmiano sui trasporti (11% rispetto al 15,1% nazionale); in crescita la spesa per comunicazioni (da 1,9 a 2,5%), stabile quella per il tempo libero (4,5%) e in calo quella per l’istruzione (da 1,3 a 0,6%). Infine, il 4,2%  viene speso per pranzi o cene fuori casa e in servizi ricettivi e per altri beni e servizi si spende l’ultimo 8,4% del budget.

In questo contesto come vedono il futuro le imprese marchigiane? “Per ora – dice Graziano Di Battista, presidente dell’Union-camere regionale – prevale la cautela in quanto solo 12 aziende su 100 ritengono che la produzione aumenterà. Di conseguenza non ci si sbilancia ancora sull’andamento dell’occupazione perché – stando alla nostra indagine – l’80% delle imprese ritiene di mantenere gli attuali dipendenti e solo 7 su 100 prevedono di assumere nuovo personale. Per tornare, quindi, ad assumere nei settori tradizionali del manifatturiero – aggiunge Di Battista – occorre creare le condizioni per una ripresa stabile e duratura del mercato interno, riducendo il costo del lavoro e le tasse su famiglie e imprese”. Da sottolineare una vera e propria fuga dall’impresa tra i titolari d’azienda oltre i 35 anni: in un semestre ne sono state aperte 3.762 ma quelle che hanno chiuso i battenti sono state 4.943. All’appello finale mancano 1.181 aziende guidate da over 35.

Un cambiamento epocale, infine, si registra in agricoltura dove le imprese guidate da donne rappresentano oggi un terzo del totale delle aziende operanti grazie anche a scelte innovative come l’agrisociale per il reinserimento lavorativo di soggetti deboli, iniziativa favorita da una legge nazionale che ha riconosciuto e valorizzato l’agricoltura sociale. “Si è così dato vita anche nelle Marche – evidenzia Francesca Gironi, delegato regionale di Coldiretti Donna Impresa – a un modello di welfare che vede le campagne protagoniste con progetti imprenditoriali dedicati esplicitamente ai soggetti più vulnerabili che devono fare i conti con la cronica carenza di servizi alla persona”.

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