LA MONTAGNA PERDUTA

L’autunno del nostro scontento. Al di là delle parafrasi letterarie, per gli abruzzesi c’è qualcosa di cui essere soddisfatti dell’estate 2017? Ha lasciato qualcosa di positivo la bella stagione appena conclusa? Per quanto vogliate sforzarvi di ricordare non c’è nulla da fare. È stata una delle più disastrose di cui si conserva memoria. Obiezione: diciamo le stesse cose tutti gli anni, da almeno un decennio a questa parte, se non di più. Anche questo è diventato uno sterile rituale di fine stagione, come i saldi? No, questa volta le ragioni fattuali sono inconfutabili, come lo sono state, del resto, negli anni passati.

Sotto il segno del fuoco. Quanti ettari di bosco sono andati distrutti? Sicuramente numeri a tre cifre. Tanti, troppi. Fuoco e fiamme ovunque: dalla costa adriatica fino alle riserve naturali; dalle montagne del Gran Sasso ai parchi nazionali. Devastazioni di faggete, pinete e vegetazione di ogni tipo. Molto spesso è stata la mano criminale ad appiccare il fuoco, altre volte l’incoscienza di stolti turisti della domenica con la smania del barbecue a ogni costo e di contadini legati alla credenza (falsa) che il fuoco riduca la flora infestante trasformando la paglia bruciata in elementi fertilizzante. Una regione colta nella più totale impreparazione sulla prevenzione. Un’emergenza ambientale affidata alle sole proprietà salvifiche dei vigili del fuoco e delle forze di soccorso (polizia, carabinier forestali, volontari) Non si finirà mai di tesserne le qualità e lo spirito di sacrificio. Ma può bastare questo rituale vuoto dei peana? Non occorre forse un sistema di prevenzione che faccia ricorso ai presidi in quota, al coinvolgimento delle associazioni di montagna, degli ambientalisti, degli scouts, delle scuole? Costerebbe notevolmente meno dell’enorme prezzo – in termini economici, ambientali e sociali – pagato dalla devastazione prodotta dagli incendi della scorsa estate.

Fuga dalla montagna. L’Abruzzo perde abitanti più di quanto avvenga nella media italiana. Cresce solo la popolazione dell’area metropolitana Chieti-Pescara. Il 27% dell’intera popolazione della regione concentrata sul 4% del territorio. Perché i giovani dovrebbero restare in montagna? L’unica risorsa delle zone interne è quella ambientale fino a oggi fonte di lacci e laccioli per i tradizionali settori dell’economia (edilizia, industria, agricoltura, allevamento). Si potrebbe largamente compensare con politiche espansive nei settori del turismo e dei servizi, ma così non è da decenni. Non esiste una strategia d’ intervento sulla montagna in grado di orientare risorse e investimenti nei settori più affini alla tutela ambientale e alla conservazione delle biodiversità. E i giovani fuggono perché non trovano lavoro.

Tragedia e farsa. Tanta acqua per un lago ma agricoltura a secco. L’Abruzzo terra ricca di acque, una volta anche incontaminate. Eppure la scorsa estate la siccità l’ha fatta da padrona tanto che si è parlato di importante riduzione della produzione agricola. Perché durante la stagione estiva la regione soffre di siccità? La piana del Fucino, quella che fornisce la maggiore produzione agricola della regione, ha dovuto scontare razionamenti e turnazioni per l’irrigazione delle colture. E puntualmente risuona il ritornello del ritorno al passato, anzi al futuro: riallagare parzialmente il Fucino. Il prosciugamento del lago nella seconda metà dell’ottocento, a cura del principe Alessandro Torlonia, determinò un cambiamento di portata storica per l’economia di questo comprensorio. E si sa – qualcuno lo ha anche teorizzato – i grandi avvenimenti della storia si presentano due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. Per fortuna la farsa è solo un’ipotesi assai poco verosimile. Perché non pensare, invece, più realisticamente, a una serie di invasi montani capaci di conservare l’acqua invernale fino all’estate? Non ci resta che sperare…nel masterplan.

L'ECO di San Gabriele
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