LA MADONNA TRA I CESPUGLI

By redazione Eco
Pubblicato il 20 Marzo 2018

Il santuario, situato nell’area dei Castelli Romani, oltre a essere famoso per la miracolosa Immagine che vi si venera vanta anche elementi architettonici di indubbio valore artistico

Tutti i santuari hanno una loro storia, sia sotto il profilo socio-religioso che artistico e paesaggistico. Non per nulla vengono considerati poli di attrazione per pellegrini, visitatori e turisti. Questa volta visitiamo un santuario che si trova nell’area dei Castelli Romani, lungo Via Appia Nuova. Si chiama Madonna di Galloro, dall’omonima località del comune di Ariccia.

Galloro è un borgo di circa 1100 abitanti che deve la sua notorietà proprio al santuario. Un documento d’epoca, recita: “A meno di mezzo miglio da Ariccia… havvi un colle, che levandosi di fondo alla valle va con giusta proporzione digradando in forma di semicircolo, finché, giunto sopra il livello della detta Terra di Ariccia, spiana e finisce. Or quivi nel bel mezzo dello spianato, a destra della strada maestra, che da Roma mena a Napoli, ergesi il bellissimo tempio in cui si venera la prodigiosa Immagine di Maria santissima detta dal luogo, in cui ella è, di Galloro”.

Dalla descrizione è facile intuire come il suddetto santuario sia stato nel passato, e lo è ancora, uno dei luoghi più importanti e frequentati del Lazio. Ma ci vanno anche da altre regioni. Se teniamo presente le folle di turisti che quotidianamente salgono ai Castelli Romani, come si fa a non pensare che molti di loro, per curiosità o devozione, non visitino anche la Madonna di Galloro?

Il santuario, oltre a essere famoso per la miracolosa immagine che vi si venera, vanta anche elementi architettonici di indubbio valore artistico. La prima chiesa venne eretta tra il 15 agosto 1624 e il 15 maggio 1633 su disegno di un architetto cappuccino, fra Mi-chele da Bergamo. In seguito, nel 1662, per far fronte al crescente flusso di pellegrini, l’edificio viene sottoposto ad una ristrutturazione di notevole rilievo. Alessandro VII affida i lavori al celebre architetto Lorenzo Bernini. Questi, come primo intervento amplia la chiesa aggiungendo due cappelle. Quindi passa a rifare la facciata, riveste la cupola di piombo e costruisce il tempietto in cui viene collocata l’immagine della Madonna. Il tempietto è formato da quattro colonne che sostengono una trabeazione armoniosa sormontata dalle statue della Mansuetudine e dell’Innocenza e da due candelabri che danno slancio alla struttura spingendo lo sguardo verso il cielo. Gli esperti lo considerano un autentico capolavoro.

Chi entra in chiesa rimane colpito dall’armonia degli elementi architettonici. La navata è lunga 39 metri e larga 9. Ai lati si susseguono sei cappelle, tutte di buona fattura. Le due cappelle della crociera sono dedicate al santissimo Crocifisso e alla natività del Signore. Alla base dello splendido tempietto l’attenzione viene rapita dall’altare maggiore, un autentico gioiello di marmi preziosi.

A questo punto, raccontiamo in breve la storia che sta all’origine del santuario. Emanuele Lucidi, nel suo libro Istoria del Santuario della Beatissima Vergine di Galloro edito a Roma nel 1796, scrive: “Possiede l’Ariccia nel suo territorio l’inestimabile tesoro della miracolosa immagine di Santa Maria di Galloro, operatrice d’innumerabili prodigi”. Lo “scopritore” della preziosa icona è stato un bambino di origine toscana. Ma seguiamo l’avvincente narrazione dello storiografo Boero: “Un cotal Sante Bevilacqua, nativo della terra di Fivizzano in Toscana, fanciullo di poca età, abitava in Ariccia in casa d’un suo zio legnaiuolo, che lo si aveva preso ad allevare ne’ costumi e nella pietà cristiana. Or questi nel mese di marzo dell’anno 1621… si die’ a girare giù per la valle di Galloro in cerca di certe erbe selvatiche, che i paesani chiamano luppoli. Errò a lungo di macchia in macchia senza che gli venisse fatto di ritrovare cosa alcuna. Fermato però seco medesimo di non tornarsi a casa con le mani vuote, s’internò animoso più addentro alla selva, e cammin facendo e guardando fissamente in qua e in là, gli venne veduto un cespuglio di rovi e arbusti selvatici fitti e serrati insieme. Immaginando il buon giovinetto che là troverebbe quanto cercava usò come il meglio poté di mani e di piedi a farsi largo e a sbarattarsi la via; finché, giunto sul luogo e scostati così un poco i rami, ficcò gli occhi per entro al cespo, e vide o paregli di vedere quasi un barlume, un non so che di colorito sopra un sasso. Vago di sapere che fosse, si fe’ più oltre e, sterpati attorno attorno que’ virgulti che poté, gli si parò innanzi l’immagine della santissima Vergine”. In quello stesso luogo i devoti ben presto eressero una cappella.

Il dipinto rimase nel sito originario fino al 1633, anno in cui fu completata la prima chiesa. Il trasferimento avvenne il giorno dopo la Pentecoste del 1633. Lo storiografo Giuseppe Boero ci lascia questa dettagliata cronaca: “Il giorno seguente, 16 maggio 1633, l’immagine della Madonna di Galloro venne solennemente traslata dal luogo della sua collocazione originaria, nel fosso tra la Monticella piccola e la Monticella grande, alla nuova chiesa appena consacrata. Alle ore tredici partì la processione, a cui prese parte il clero di Ariccia con la confraternita e il capitolo, undici confraternite provenienti da tutta la sede suburbicaria di Albano e dalla sede suburbicaria di Frascati, e i religiosi vallombrosani: “Ridevan le strade d’ogni varietà di fiori, risonava l’aria di voci e strumenti, e i campi e le valli formicolavan di popolo… Ma il meglio a vedersi era la terra dell’Ariccia messa in apparecchio di festa. Le vie tramezzate a luogo a luogo da archi trionfali, le porte delle case addobbate a festoni e fregi, e giù pendenti dalle finestre arazzi, tappeti, zendadi finissimi a partite di vari colori, avendo ognuno fatto a chi può più mettere in veduta quanto di prezioso e di bello aveva”.

Ed ecco la descrizione della sacra icona: “L’immagine è dipinta su un masso di peperino (tipica roccia magmatica dei Colli Albani, ndr) su cui è stato steso un sottile strato di calce. La Madonna è seduta, vestita di una tunica verde e di un mantello rosso: nella mano sinistra tiene tre rose per il gambo, mentre con la destra sorregge il Bambino che è vestito d’oro e a sua volta con una mano benedice e con l’altra sorregge un globo dorato che simboleggia il mondo”. Secondo un critico d’arte del settecento, padre Guglielmo Della Valle, conventuale, il dipinto risalirebbe intorno al X secolo.

Ai piedi della Madonna di Galloro hanno sostato in preghiera non soltanto semplici pellegrini, ma anche molti papi: Alessandro VII, Urbano VIII. Benedetto XIV, Pio VII, Gregorio XVI, Pio IX. Leone XIII, Giovanni XXIII.

Comments are closed.