la degenerazione DEI PARTITI

Mentre scrivo è ancora in evoluzione la vicenda di ladrerie, imbrogli e tangenti con forti componenti politico-amministrative-delinquenziali; e altrettanto forti risvolti sul versante della cosiddetta “cooperazione sociale” (gestione campi rom, immigrati e mense per i poveri) che ha tinto ovunque di vergogna l’immagine di Roma. E poco conta che il quadro comprenda molte figure che da decenni caratterizzano i copioni delle commedie all’italiana, e di Verdone in particolare. La cosa infatti, se possibile, rende ancora più pericolosa la vicenda romana rispetto ad altre che, nel corso del 2014, hanno investito Milano (per gli appalti dell’Expo) e Venezia (appalti del Mose). Se infatti a Milano e Venezia  le vicende tangentizie hanno coinvolto  componenti della borghesia dai colletti bianchi (imprenditori, finanzieri, alti funzionari pubblici, politici di rango, in rapporto, magari, con le potenti mafie tradizionali), il fatto che a Roma la vicenda abbia coinvolto molti residui di galera, col supporto di una manovalanza politico-malavitosa da suburra, ne rende ancora più gravi gli aspetti essenziali. Anche perché nella sostanza ha finito per toccare (anche se, certamente, in forme e intensità diverse da caso a caso) figure di rilievo di ciò che resta dei grandi partiti tradizionali, che per il fatto di operare nella capitale d’Italia (basta ricordare Veltroni e Alemanno) hanno acquisito prestigio nazionale nelle istituzioni.

Nel sottolineare questi fatti non credo, però, di aver sbagliato nell’aver scritto per il numero di ottobre una nota titolata Sì ai partiti, nonostante tutto. Per paradossale che possa apparire la cosa, infatti, il fattore decisivo del dilagare del malaffare con marcati risvolti politici, che coinvolge le istituzioni e la pubblica amministrazione a ogni livello, finanzieri e imprenditori di pochi scrupoli, non è la presenza e il peso dei partiti, ma l’assenza di partiti che siano (come lo erano negli anni della ricostruzione e dell’eccezionale sviluppo civile, economico e sociale  del paese) efficienti cerniere tra la società e le istituzioni. Partiti dotati di strutture democratiche per la elezione (a tutti i livelli) dei loro organi di indirizzo, di rappresentanza, di governo; tali inoltre da consentire una attiva partecipazione oltre che dei militanti, anche dei simpatizzanti e degli elettori ai momenti alti del proprio impegno politico e istituzionale. Partiti dunque capaci di aggregare cittadini con idee comuni sulla natura e sui fini dell’uomo, della società e della storia. E nello stesso tempo capaci di rinnovare costantemente la propria classe dirigente, di scegliere democraticamente gli indirizzi programmatici, i candidati alle elezioni e ad altri incarichi di rilievo, e a svolgere una intelligente opera di indirizzo e di controllo dell’attività degli eletti e dei designati, al fine di realizzare il massimo di bene comune per il paese.

Oggi, invece, i partiti sono dominati da leaders (qualche volta con risvolti caratteriali autoritari) che si impongono per l’assenza o per la carenza di organismi interni realmente democratici di rappresentanza, di governo, di elaborazione culturale e programmatica, di indirizzo e di controllo delle rappresentanze del partito nelle istituzioni e nella società. Tali, infatti, non sono in Fi, nel Pd e nella Lega, per fare qualche esempio, i pletorici (oltre mille membri) consigli nazionali e le direzioni (un centinaio di membri), che (con cinque minuti di intervento per ciascun membro) i segretari “sentono” e chiamano al voto (perlopiù raramente) per decidere, in poche ore la linea del partito su questioni vitali per il paese. Come non lo sono le mitiche pratiche di “democrazia diretta” grilline, dominate – nel migliore dei casi – da forme esasperate di individualismo telematico, con la tendenza ad annegare nelle sensazioni, nelle convinzioni ma anche nelle fisime individuali, le grandi questioni sociali e istituzionali premendo un pulsante. E nel peggiore, dominate dai trucchi di “signori” dell’informatica, capaci di sfruttare a proprio vantaggio la voglia di “partecipazione attiva” alle grandi decisioni di migliaia di ingenui indignati da fenomeni che devastano il paese. Nella prossima nota, tratteremo di possibili vie d’uscita dalla pericolosa situazione creata dalla degenerazione dei partiti.