LA CROCE, IL FASCIO E LA SVASTICA

Angelo Paoluzi, brillante giornalista che ha passato gli ottant’anni, nonché collaboratore dell’Eco, non cela mai il suo amore verso i viaggi, ovviamente armato di block notes e penna, e verso un modo di raccontare la piccola e grande storia degli uomini che ha vissuto attraverso anni di carriera (fortunata) e amore per la chiesa. Una storia e una passione che oggi, con più tempo libero a disposizione, vuole leggere  e capire in altro modo, appassionandosi a un’altra storia. Quella che racconta il giornalista Paoluzi, infatti, attraverso La croce, il fascio e la svastica. La resistenza cristiana alle dittature (edizioni Estemporanee), è appunto una storia che poco si conosce, perché, almeno in Italia, una certa cultura di derivazione marxista ha di fatto nascosto molti fatti della resistenza, dal dopoguerra fino agli inizi degli anni duemila, mettendo il “silenziatore” alle scuole superiori, alle università, ai libri e a tutto il panorama culturale italiano. Per paura, forse, di un’attenuazione, comunque ingiustificata, del grande contributo che le masse popolari hanno dato alla resistenza italiana. Mentre settant’anni fa, nella fase finale più drammatica (1943-1945) della guerra dei trent’anni che dal 1914 ha sconvolto l’Europa, la chiesa e i cattolici svolsero un ruolo sul quale gli storici si stanno ancora interrogando.

La cronaca di Paoluzi, dunque, racconta testimonianze dei cristiani in Italia e Germania, aprendo squarci inediti sulla resistenza. Partigiani, certo.  Ma partigiani cattolici. Contadini, operai, parroci di campagna, massaie, alti gradi militari, politici di spicco, esponenti delle gerarchie ecclesiastiche, intellettuali. Da Enrico Mattei agli scout e le Penne nere, dalla Rosa Bianca a Dietrich Bonhoeffer. Tanti, tantissimi sono i nomi e i volti che diedero la vita per un’Italia libera e più giusta. Per finire con la preghiera di Teresio Olivelli: “Signore della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore”.                   Gianni Di Santo