SECONDO UN RAPPORTO SUI DATI ISTAT, BANCA D’ITALIA E PROMETEIA, LO SCORSO ANNO L’INVIO DI DENARO DALL’ESTERO DA PARTE DEI MIGRANTI ALLE LORO FAMIGLIE HA SUBITO UN CALO DEL 20%, FACENDO REGISTRARE IL VALORE PIÙ BASSO DEGLI ULTIMI SEI ANNI, SIA PER QUANTO RIGUARDA L’AMMONTARE COMPLESSIVO CHE L’INCIDENZA PERCENTUALE SUL PIL Operai, muratori, badanti, cameriere: l’esercito degli immigrati lavoratori in Italia è notevole e molti di loro mandano i risparmi nei loro paesi di origine per permettere alle loro famiglie di mantenersi, ai figli di studiare e a genitori e fratelli in difficoltà di sopravvivere. Tecnicamente, stiamo parlando di rimessa, ovvero la parola con la quale si comprendono tutte le possibili forme d’invio di denaro dall’estero da parte dei migranti alle loro famiglie. Un circuito, questo, che però non è stato risparmiato dalla crisi economica e nel 2013 ha segnato una brusca battuta d’arresto.
Secondo il rapporto della fondazione Leone Moressa di Mestre sui dati Istat, Banca d’Italia e Prometeia, lo scorso anno le rimesse hanno subito un calo del 20%, facendo registrare il valore più basso degli ultimi sei anni, sia per quanto riguarda l’ammontare complessivo che l’incidenza percentuale sul Pil. Il volume delle rimesse nel 2013 ammonta a 5,5 miliardi di euro, rispetto al 2012 le rimesse hanno subito una contrazione del 19,5%, pari a 1,3 miliardi di euro in meno. Lo scorso anno, infatti, i dati raccontavano di un giro da 7,4 miliardi di euro con un +12,5% rispetto al 2010. Anche l’incidenza percentuale sul Pil è diminuita dallo 0,44% allo 0,35%. E, specificano i ricercatori della fondazione, “il calo di rimesse non vuol dire che gli immigrati lavorino meno, anzi, il dato degli occupati in valore assoluto è salito dell’0,9% rispetto al 2012”.
Se rispetto all’anno precedente, nel 2013 ogni straniero in media ha inviato in patria il 25,1% in meno di denaro (1.254 euro a testa inviati nel 2012, 1.618 nel 2011), rapportando i dati con quelli di sei anni fa, emerge un dato drammatico: la somma inviata in patria da ciascun cittadino straniero si è ridotta mediamente di 800 euro. Era dal 2010 che non si registrava un calo. Quattro anni fa, infatti, per la prima volta si è assistito a un calo delle rimesse del -5,4% con un ammontare complessivo di 6,3 miliardi di euro, corrispondente allo 0,41% del Pil: a livello pro-capite gli stranieri inviavano nei loro paesi di origine 1.508 euro annui.
Secondo i ricercatori della fondazione Leone Moressa “nel 2013 la crisi continua a incidere sulle rimesse verso l’estero degli immigrati in Italia. Rispetto all’anno precedente, le rimesse si sono ridotte di 1,3 miliardi di euro. In particolare, calano bruscamente le rimesse inviate in Cina (60%). Un segnale forte, che dimostra l’impatto della crisi sugli immigrati, specie nelle grandi città”.
Prato è la città italiana con il più alto valore di rimesse pro-capite, mentre il Lazio è la regione che nel 2013 ha subito il più forte calo (-47,7%), registrando un ammontare di 1,06 miliardi di euro. Al primo posto si colloca la Lombardia con 1,18 miliardi di euro, seppure registri anch’essa un calo del 18,8% rispetto al 2012. Fanno registrare cali significativi anche Sicilia (-21%) e Campania (-18,1%). Roma rimane la provincia con il maggior volume di rimesse (965 milioni di euro), seguita da Milano (675 milioni di euro) e Napoli (221 milioni di euro). Osservando i valori pro-capite, le prime province sono Prato (5.500 euro per ogni straniero residente) e Catania (4.300 euro pro-capite).
Il paese che perde più soldi dal calo delle rimesse è la Cina: 1,5 miliardi in meno nel 2013 (59%), quando da sola percepiva il 39% delle rimesse. Si pensi solo al fatto che, in base ai dati del rapporto Leone Moressa dello scorso anno, nel 2011 i cinesi in Italia riuscivano a mantenere circa 800mila connazionali in patria. Rimane comunque il primo paese di destinazione (con il 20% del totale), seguita da Romania (15,7%) e Bangladesh (6,3%). Altre comunità hanno ridotto gli invii di denaro in modo più contenuto rispetto a quella cinese, come i filippini (-7,3%) o i marocchini. Altre, invece, hanno incrementato: la comunità dello Sri Lanka del 62%, quella del Bangladesh del 51,7% e l’India del 22%. Si tratta di aumenti modesti ma che compensano il tonfo cinese.
Secondo i ricercatori della fondazione Leone Moressa, in termini macro economici, le rimesse costituiscono un importante fattore di sviluppo e di cooperazione internazionale, in quanto possono contribuire alla crescita delle economie più arretrate e hanno un impatto molto più immediato di altre iniziative, considerato il fatto che arrivano direttamente nelle mani delle famiglie che vivono in uno stato di bisogno. L’afflusso di denaro permette a queste famiglie di aumentare il loro potere di acquisto e lasciando a loro decidere le modalità di impiego di queste somme si ottiene una forma di intervento sicuramente più efficace dei tradizionali aiuti umanitari. Inoltre, su larga scala, l’afflusso delle rimesse rafforza la bilancia nazionale dei pagamenti e riduce la percentuale di debito da esportare. Secondo alcune stime della banca mondiale, le rimesse ammontano a più del doppio del totale degli aiuti pubblici allo sviluppo e sono seconde solo agli investimenti diretti all’estero.