“Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Cari lettori sono queste le ultime parole di Gesù rivolte ai discepoli riuniti in Galilea prima di salire al cielo, a ricordarci che la Pasqua non inaugura il tempo della sua assenza ma segna un nuovo inizio, quello della Chiesa, dove il Risorto è presente col suo Spirito per animare, consolare, santificare, fortificare e salvare quanti lo riconoscono Signore. Salendo al Padre, Gesù non assicura un’esistenza facile, senza problemi e fatiche e nemmeno avulsa da sofferenze e limiti, ma una vita significativa, illuminata dalla luce del Vangelo che dà senso e salvezza a quanti lo accolgono.
Cari amici di san Gabriele prendiamo coscienza della bellezza della Chiesa non perché formata da persone perfette e senza peccato – lo sappiamo bene – ma perché in essa vive il Signore Risorto che vuole donare a tutti pienezza di vita. Scrisse il noto teologo Congar: “Il Risorto inaugura una nuova presenza di Dio tra gli uomini, fatta di carne, esteso nello spazio e nel tempo: è Cristo che farà di tutti gli uomini uniti nella Chiesa un luogo della sua presenza nel mondo”.
Siamo la comunità del Risorto dove l’amore reciproco e l’unità dovrebbero essere “legge” fino a farci diventare da avversari e nemici, vicini e fratelli. San Paolo VI in una memorabile e coraggiosa omelia del 1965 alla parrocchia di Santa Maria Consolatrice a Roma disse: “Sono uniti i fedeli nell’amore, nella carità di Cristo? Di certo questa è una parrocchia vitale; qui c’è la vera Chiesa; giacché è rigoglioso, allora il fenomeno divino – umano che perpetua la presenza di Cristo fra noi. Sono i fedeli insieme unicamente perché iscritti nel libro dell’anagrafe e sul registro dei battesimi? Sono aggregati solo perché si trovano la domenica, ad ascoltare la Messa, senza conoscersi, facendo magari di gomito gli uni gli altri? Se così è, la Chiesa non risulta in quel caso compaginata; il cemento che di tutti deve formare la organica unità, non è ancora operante. Ricordate la parola solenne di Cristo. Vi riconosceranno veramente per miei discepoli, autentici seguaci e fedeli, se vi amerete gli uni gli altri; se ci sarà questo calore di affetti, di sentimenti, se vibrerà la simpatia voluta più che vissuta, creata da noi, più che spontanea, con quella larghezza di cuore e quella capacità di generare il Cristo in mezzo a noi, derivanti, appunto, dal sentirci uniti in lui e per lui”.
Siamo la comunità del Risorto nella quale c’è la consapevolezza che ancor più che le opere filantropiche, che qualche volta potrebbero gonfiarci d’orgoglio, è l’unità dei credenti in Cristo che fa tremare le porte dell’inferno. Coloro che hanno accolto l’invito alla conversione e che “non sono più schiavi del peccato” (cfr. Rom 6,16-17), per il reciproco amore, diventano costruttori di pace e di concordia e non mettono le proprie energie a servizio di colui che ama dividere e che gode dell’inimicizia degli uomini.
Quando il Risorto vive in mezzo a noi, i doni dello Spirito sono assicurati, come pure la strada per superare i conflitti, come ricorda Origene, padre della Chiesa del II secolo: “Gesù in mezzo alle persone unite nel suo nome è disposto ad illuminare i cuori di coloro che vogliono comprendere la sua dottrina. Se poi non riusciamo a risolvere e spiegare qualche problema, avviciniamoci a Gesù con tutta la concordia dei sentimenti circa la nostra richiesta, poiché egli è presente dove due o tre sono riuniti nel suo nome e, mentre è presente con la sua potenza e potere, è disposto ad illuminare i cuori per penetrare con l’anima le questioni”.
Il Signore ci doni di sperimentare la soavità della sua presenza e di testimoniare nella concordia la potenza del suo amore. Allora sarà veramente Pasqua!