LA CHIESA SI RIMETTE IN GIOCO

continua la rivoluzione di oltretevere
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 31 Ottobre 2013

ATTRAVERSO PAPA FRANCESCO GUARDA DENTRO SE STESSA, ANTICIPA I TEMPI FUTURI DEL SACRO E DELLO SPIRITO E FA PIAZZA PULITA DI UN TEMPORALISMO CHE HA SFIANCATO, NEGLI ULTIMI ANNI, LA PROFEZIA EVANGELICA E L’ANNUNCIO DELLA BUONA NOTIZIA  Per sapere cosa pensino i papi ormai tocca leggere la Repubblica. Nell’ultimo mese abbiamo assistito a una sorta di ex-cathedra quotidiana dalle pagine dei giornali, prima con la lettera di Francesco al giornalista Eugenio Scalfari, seguito dalla missiva di Benedetto XVI al matematico Piergiorgio Odifreddi, poi con il resoconto dell’incontro personale tra lo stesso Francesco e il noto giornalista. Ma in mezzo, c’è stata anche l’intervista del papa attuale al direttore de La Civiltà Cattolica, una trentina di pagine dai più vista come una vera e propria enciclica.

Francesco ci sta abituando a leggere i segni dei tempi con un linguaggio semplice che va diretto al cuore del popolo dei fedeli e di chi non crede. Parole come misericordia, povertà, sobrietà, dignità, speranza, dialogo tra credenti e non credenti riprendono in fretta le strade dell’esodo biblico della tenda e della testimonianza senza mediazioni curiali o teologiche. Per dirla con Karl Rahner, teologo gesuita amato da Francesco, la fede “ama la terra” e il cristianesimo contemporaneo, con la parola e il sorriso di Francesco, riprende il gusto di misurarsi con i drammi e le domande del mondo di oggi. In una parola: il coraggio di darsi in pasto all’umanità.

Francesco non può piacere a tutti. In queste ultime due settimane nelle quali la prima pagina dei quotidiani era dedicata all’attuale papa, il credente Vittorio Messori sul Corriere della Sera e “l’ateo devoto” Giuliano Ferrara su Il Foglio hanno espresso, anche con punte non velate di polemica dura, il loro disappunto per una fede che potrebbe svendersi al mondo cattivo e ingiusto. Sul web le critiche ci sono, eccome. Alcuni presbiteri, vescovi e curiali, anche se non lo dicono apertamente, accolgono a viso tirato le novità missionarie del papa. Ma Francesco va oltre. Affascina credenti e non credenti per questa capacità di posare il messaggio di Gesù sul volto di questo mondo. E cambia le pedine in campo, sostituendo molti collaboratori della curia vaticana.

Qualcuno parla di nuova pastorale. Forse di una nuova teologia. In realtà è una scommessa sulla buona notizia di un evangelio che salva il mondo.

Francesco ci sta portando per mano e non ci lascia più. Tenendoci in balia di una irrequietezza dell’animo che sconfina oggi nella sorpresa e nell’attesa di un evento epocale che tanti si auguravano. La chiesa, attraverso Francesco, si rimette in gioco, guarda dentro se stessa, anticipa i tempi futuri del sacro e dello Spirito e fa piazza pulita di un temporalismo che ha sfiancato, negli ultimi anni, la profezia evangelica e l’annuncio della buona notizia.

Abbiamo avuto un altro papa molto abile nei confronti dei mass media: Giovanni Paolo II. Ma i modi erano diversi. Con Giovanni Paolo II c’è la costruzione dell’evento, che in quel giorno, in quell’ora, in quel luogo, si fa portavoce della buona notizia. I suoi viaggi pastorali in giro per il mondo sono stati il simbolo di una parola che si serviva dell’evento stesso per essere rappresentata. Con Francesco è diverso. La parola, annunciata a Santa Marta o sulle pagine dei giornali, è l’ordinario dell’evangelio che sovverte lo straordinario.

Sembra di essere ritornati ai tempi del concilio Vaticano II, quando la chiesa scommise sulla sua capacità di incontrare gli uomini nelle ansie e nei cambiamenti di questo mondo. Lo stesso Francesco, nell’ultimo incontro con Scalfari, ne fa cenno in modo inequivocabile. Ma, è bene prenderne atto, è il concilio stesso a essere superato in un abbraccio di umanità e razionalità disarmanti. È una vera rivoluzione in atto quella che sta succedendo oltretevere.

Con le ultime incursioni sulla stampa, Francesco disarciona i sabotatori del tempio, svuota di senso gli appetiti personali che spesso si annidano nelle curie e nei templi sacri, riduce a “beata” insignificanza qualsiasi organizzazione costruita per la lode al Signore, lascia a bocca aperta gli agnostici e i non credenti, prende di petto la parola e le restituisce, come un fiume in piena, l’abbraccio con il mondo intero.

Più di ogni commissione sulla riforma della curia e dello Ior, che pure avranno i loro effetti a medio termine, Francesco parla al cuore degli uomini senza fronzoli e con una schiettezza che cambierà la teologia contemporanea molto rapidamente. Quell’immagine della “chiesa che è un ospedale dopo un campo di battaglia”, ma anche quel “Signore, insegnaci a lottare per il lavoro”, sono le più forti parole mai sentite fino a ora da un romano pontefice e mette la chiesa, definitivamente, a fianco del cammino degli uomini. Una rivoluzione. L’etica contemporanea e il cristianesimo ne saranno pervasi.

Tutti dovranno fare i conti con questo Francesco. Tutti. I suoi detrattori, i potenti della terra, i mercanti del tempio. E anche chi continua a chiedersi se Dio esiste. Francesco non è la risposta definitiva, ma un “nome” che apre strade di nuova umanità.

Comments are closed.