LA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO

By Carlo Ghidelli
Pubblicato il 11 Gennaio 2018

Il nostro cammino alla conoscenza degli insegnamenti del concilio Vaticano II, quest’anno riguarderà la costituzione pastorale Gaudium  et Spes, che tratta  dei rapporti tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Sarebbe più esatto dire che essa  tratta della Chiesa nel mondo contemporaneo, come del resto recita il titolo della costituzione.

Siamo dinanzi a un documento molto lungo e articolato, che noi potremo rivisitare solo nelle sue linee generali. Ma, fin dall’inizio, è utile ricordare che questo è stato un documento molto discusso e contestato. La sua presenza tra i documenti conciliari perciò deve essere considerata come una grazia speciale di Dio alla sua Chiesa.

valore pastorale del documento

La nostra prima attenzione deve andare alla nota ufficiale, annessa al proemio, nella quale si chiarisce il senso dell’aggettivo “pastorale” accanto al sostantivo “costituzione”. Vi si legge: “Viene detta pastorale appunto perché sulla base di principi dottrinali intende esporre l’atteggiamento della Chiesa in rapporto al mondo e agli uomini d’oggi”. Non c’è dunque alcun valido motivo per declassare questo documento rispetto ad altri, come purtroppo è stato fatto da alcuni.

Non è inutile ricordare che il testo ufficiale di questo documento non è stato scritto in latino, come tutti gli altri, ma nella lingua francese. In questo modo forse i padri conciliari hanno voluto offrire un segno di grande apertura; non per misconoscere il valore del latino per la Chiesa, ma per aprire le porte ad ogni lingua e cultura.

 CON CHI È SOLIDALE LA CHIESA?

Non con pochi o con molti, ma con tutti. Ecco come inizia la costituzione: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.

Ciò che i padri conciliari affermano qui, ovviamente vale anche per tutti gli altri documenti del concilio Vaticano II. Ma qui essi hanno voluto dire esplicitamente quella che è stata la loro prima e costante attenzione. Facendo propria l’intenzione di Giovanni XXIII, essi hanno dichiarato apertamente di voler condividere tutto ciò che, nelle gioie e nelle tristezze, si trova nel mondo: il mondo che è il destinatario della missione affidata da Gesù ai suoi discepoli.

Essi esprimono anche una scelta preferenziale per i poveri: pure questa è stata una delle indicazioni date al concilio da papa Giovanni e fortemente sostenuta da un buon numero di vescovi. A dire il vero, non sembra che essa abbia ricevuto grande accoglienza nel concilio; essa comunque rimane come un seme posto da Dio nei solchi della Chiesa perché maturasse a suo tempo. E ora papa Francesco sta rilanciando non solo il tema della povertà della Chiesa e nella Chiesa, ma anche la pratica della povertà.

Riferimento trinitario

“La loro (dei discepoli di Cristo) comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre e hanno ricevuto il messaggio di salvezza da proporre a tutti”. I padri conciliari manifestano la loro intenzione di radicare ogni azione pastorale nelle profondità del mistero della Trinità. Se vogliamo esplicitare l’insegnamento dei Padri conciliari, possiamo dire che, riuniti nel Cristo, guidati dallo Spirito Santo, i cristiani di ogni tempo e di ogni popolo sono in cammino verso il regno del Padre: la loro testimonianza al mondo, nel quale si trovano a vivere, affonda le sue radici nel mistero della Trinità, che è la fonte e la sorgente sempre viva di ogni grazia e benedizione.

Richiamo forte e provvidenziale anche per noi, oggi, che forse rischiamo di dedicarci anima e corpo alle attività pastorali, senza preoccuparci di coltivare quella spiritualità conciliare che non può prescindere dal mistero trinitario. Ma che senso e quale valore avrebbe l’azione pastorale senza questa fondazione teologica? Tutto il popolo, di Dio, ma soprattutto coloro che in diverse maniere si trovano a collaborare con la parrocchia o con la diocesi, sono perciò sollecitati a vivere questo aspetto della spiritualità conciliare.

A chi si rivolge questa costituzione?

Non abbiamo bisogno di cercare a lungo, perché i padri conciliari lo affermano subito a chiare lettere: “Essa (la Chiesa) ha presente il mondo degli uomini ossia l’intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il mondo che è teatro della storia del genere umano e reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie ”.

Merita di essere letta con estrema attenzione questa pagina della costituzione perché in essa i padri conciliari esprimono chiaramente l’approccio che intendono stabilire con il mondo: un approccio concreto e realistico, lontano da ogni forma di idealità o astrattezza.

Poi, offrendoci quasi una confessio fidei, aggiungono: “Il mondo che i cristiani credono creato e conservato nell’esistenza dall’amore del Creatore, mondo certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma da Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del maligno, liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento”. Qui ci è dato di cogliere il valore squisitamente religioso dell’approccio del concilio al mondo. Anche e soprattutto in  questo i padri conciliari si presentano non tanto come teologi ma come maestri di vita.

 

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