La CEI studia la Fase 2

Mentre si avvicina la data del 4 maggio e la cosiddetta Fase 2, quella della convivenza col virus Covid-19, il governo e la comunità scientifica studiano come tornare alla “nuova normalità” in sicurezza. Anche la CEI, che inizialmente ha aderito al lockdown anticontagio senza obiezioni, starebbe pensando al superamento di questa situazione.

Negli ultimi due mesi, infatti, l’impossibilità a celebrare il rito delle esequie ha condannato tante persone a vivere da soli il proprio dolore e l’impossibilità di celebrare battesimi e matrimoni ha contratto la gioia del popolo di Dio, ha rischiato di compromettere la dimensione familiare e comunitaria della Chiesa così cara a papa Francesco.

Nell’omelia di questa mattina, il papa ha detto: «Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il Pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa. Può diventare una familiarità gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio».

«È vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo» – ha aggiunto – «ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci».

Insomma, anche papa Francesco sembra chiamare alla Fase 2. La CEI, da parte sua, starebbe studiando proposte da sottoporre all’esecutivo per tornare a celebrare insieme al popolo di Dio. Tra le ipotesi quella di imporre l’uso di sistemi di protezione individuale (le famose mascherine) e quello di impiegare volontari per vigilare sul mantenimento delle distanze di sicurezza.

Perché come ha detto il portavoce della CEI, don Ivan Maffeis: «Dobbiamo tornare ad abitare la chiesa. Il Paese ne ha un profondo bisogno».