LA BUONA TAVOLA

un progetto per contrastare la povertà minorile
By Marta Rossi
Pubblicato il 5 Ottobre 2013

RECENTI STIME RIFERISCONO DI UN 7 PER CENTO DELLE FAMIGLIE CON MINORI CHE HANNO DIFFICOLTÀ A FARE UN PASTO ADEGUATO ALMENO OGNI DUE GIORNI. UN NUMERO ANCORA PIÙ ESTESO STA FACENDO I CONTI CON LA CRISI: UNA SU TRE È COSTRETTA A RISPARMIARE SULLA SPESA ALIMENTARE, TRE SU CINQUE A MODIFICARE IL MENÙ QUOTIDIANO E OLTRE IL 30 PER CENTO A COMPRARE PRODOTTI DI QUALITÀ PIÙ BASSA In un anno sono stati 14mila i minori raggiunti da attività di sensibilizzazione legate al progetto La buona tavola, promosso da Save the Children ed Enel Cuore onlus a Torino, Roma e Napoli dal 2011 con l’obiettivo di coordinare gli sforzi e definire un piano cittadino di contrasto alla povertà minorile, un fenomeno che si sta diffondendo sempre più in Italia. Recenti stime riferiscono di un 7 per cento delle famiglie con minori che hanno difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni. Un numero ancora più esteso sta facendo i conti con la crisi: una su tre è costretta a risparmiare sulla spesa alimentare, tre su cinque a modificare il menù quotidiano e oltre il 30 per cento a comprare prodotti di qualità più bassa.

“Il progetto nasce dall’analisi sul territorio e dalla situazione delle famiglie italiane di povertà – spiega Giancarlo Spagnoletto, responsabile de La buona tavola – e siamo partiti dalle zone periferiche”. A Torino la circoscrizione 5, con i quartieri delle Vallette e la Spina 3 che presentano tra l’altro la più alta percentuale di popolazione giovane e bassa scolarità con un aggravio della disoccupazione; a Roma il quartiere sudorientale di Torre Maura, caratterizzato dal più alto disagio socio-economico della capitale in particolare a livello familiare; a Napoli Pianura-Soccavo, uno dei quartieri con il più alto tasso di abbandono e dispersione scolastica, situazioni di degrado abitativo e di povertà estrema dei nuclei familiari, e Piazza San Domenico Maggiore, a cavallo tra la II e la III municipalità. “Le Vallette di Torino, per esempio, – prosegue Spagnoletto – sono una zona ad alto tasso di industrialità ma a causa della crisi molte famiglie si sono trovate senza lavoro. A Roma, nella zona di Tor Vergata è stato necessario maggiormente l’intervento dello spazio mamma, con un occhio di riguardo soprattutto alle mamme ‘teen’, cioè alle giovanissime, un fenomeno – quello della maternità giovanile – che sta prendendo piede. Oppure a Napoli, dove nel quartiere centrale di Forcella abbiamo dato sostegno a mamme italiane e a mamme straniere”.

Sono tre le attività che La buona tavola porta avanti: uno spazio mamma, una unità mobile e il coordinamento con le istituzioni locali. “Il titolo nascondeva la natura del progetto dietro all’educazione alimentare per non stigmatizzare le famiglie, visto che per lo più si tratta di nuclei che prima della crisi non avevano alcun problema economico. Ab-biamo saputo che molte famiglie si spostavano nella provincia per andare a prendere dei pacchi aiuto per non farsi riconoscere nei quartieri dove vivevano ed essere così individuati come nuclei in difficoltà”, racconta Spagnoletto. Perché l’obiettivo del progetto è il contrasto della povertà minorile, con particolare riferimento alla povertà alimentare, che è legata alla carenza di risorse economiche ma è anche associata a una serie più ampia di fattori, relativi alla organizzazione familiare, le capacità genitoriali, l’accesso all’istruzione e ai servizi sanitari di base, la qualità dell’ambiente e dei legami sociali.

In Italia, ad oggi, manca un piano organico di contrasto alla povertà minorile. Attraverso il progetto, si è voluto sperimentare per la prima volta una strategia di lungo periodo, articolata su più livelli di intervento che, a partire da tre città pilota nel quale è stato realizzato, potrà essere diffusa e replicata in altri contesti territoriali, come conferma il responsabile del progetto: “Il nostro obiettivo e proseguire l’analisi di altri territori per allargare la struttura”. Il progetto si avvale quindi di una unità mobile, un pulmino con un team di operatori (pediatri, nutrizionisti, psicologi, educatori, assistenti sociali) che raggiunge i quartieri più a rischio delle città, per sensibilizzare bambini e famiglie sul tema della sana alimentazione e per individuare e prendere in carico i bambini in condizione di grave povertà. Nello spazio mamme i neo-genitori trovano spazi d’incontro, attività e servizi informativi, laboratori, consulenze di orientamento e sostegno, con l’obiettivo di rinforzare le competenze genitoriali nella cura e nell’alimentazione dei propri figli e far emergere le competenze delle mamme, farle incontrare, accompagnarle alla ripresa di autonomia anche attraverso il sostegno temporaneo dei buoni pasto per l’alimentazione dei bambini: “I nostri pediatri a Roma tengono gratuitamente dei laboratori di buona cucina a basso costo per le mamme, oppure un avvocato riceve per avere delle consulenze legali”. Importante, poi, è il collegamento con le istituzioni del territorio: in tutte e tre le città dove è stato realizzato il progetto, La buona tavola ha promosso una azione di sistema a livello cittadino, con la formazione di un tavolo di coordinamento che coinvolge le istituzioni locali, le scuole, i pediatri delle Asl, le organizzazioni del terzo settore e altri significativi attori sociali ed economici. “Sono proprio i servizi sociali che ci segnalano i casi sui quali intervenire – spiega Spagnoletto – noi lo chiamiamo intervento integrato perché grazie al lavoro che i municipi fanno veniamo a conoscenza subito di dati che ci permettono di non apparire come coloro che controllano le vite delle persone ma semplicemente che offrono un auto”. Il progetto si appoggia poi su alcune organizzazioni partner: a Roma (dove per esempio sono 5722 i bambini contattati dall’unità mobile e 98 i minori finora coinvolti nello spazio mamme, 43 le prese in carico) Il Melograno e Mitades, a Torino Vides Main e a Napoli L’Orsa Maggiore e Pianoterra. All’interno del progetto è stata avviata in via sperimentale un’attività di valutazione di impatto che è stata affidata alla fondazione Emanuela Zancan onlus che ha il compito di valutare gli esiti degli interventi messi in atto dalle associazioni territoriali di supporto a Save the children: la prima fase di verifica coinvolge un gruppo di circa 20 bambini di diverse età e le loro famiglie, per poi incrementare l’analisi coinvolgendo altri ragazzi.

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