“Io ti conosco, io so chi sei, tu sei San Gabriele”
Mi chiamo Antonio Celsi, anni 79, abito a Fano (PU) ma sono di origini abruzzesi. Sono un nuovo abbonato della vostra rivista dal luglio 2021. La trovo interessante con articoli di varia attualità, rubriche interessanti e in una delle ultime pagine ci sono anche le testimonianze di fedeli che ringraziano san Gabriele per essere stati miracolati in qualche circostanza. Anche io ritengo di essere stato miracolato da san Gabriele in una circostanza molto grave che ho vissuto negli ultimi giorni del 2020.
Nella mattinata del 26 dicembre scorso ero seduto su un divano a leggere e mia moglie era vicino a me, in attesa dell’arrivo delle nostre figlie con le loro famiglie per il pranzo, quando all’improvviso ho sentito un fortissimo dolore al petto, dietro la schiena e sul braccio sinistro: segnale tipico dell’infarto. Sono stato portato subito al pronto soccorso di Fano, mentre il dottore mi visitava, nonostante il dolore e la paura ho avuto la lucidità di dire che tenevo sotto controllo l’aorta ascendente da 15 anni (aneurisma) per una piccola dilatazione.
Il dottore che mi stava controllando ha capito subito che non era infarto, ma rottura dell’aorta: in pochissimi minuti mi ha fatto fare una Tac e subito dopo mi ha spedito con l’ambulanza all’ospedale di Ancona e all’arrivo mi hanno portato direttamente in sala operatoria per un intervento chirurgico di emergenza, durato 7 ore. Le mie figlie che erano al pronto soccorso di Fano hanno chiesto al dottore se la mia situazione era grave: la risposta è stata che lui non credeva che io fossi arrivato vivo ad Ancona!
Dopo l’intervento sono stato messo in coma farmacologico e trasferito al reparto di terapia intensiva. Mi hanno risvegliato dopo 48 ore e lì sono rimasto per altri tre giorni, durante i quali spesso chiudevo gli occhi per riposare e non avevo nessuna cognizione del tempo perché nella enorme stanza non c’erano finestre.
In una delle volte che ho chiuso gli occhi ho visto una cornice fotografica tutta impolverata con al centro una fotografia di un bambino in ginocchio che mi guardava: non riuscendo a vedere bene ho soffiato per togliere la polvere e quando l’immagine è tornata limpida il bambino non c’era più. Ho riaperto gli occhi e mi sentivo turbato per quella strana visione.
Dopo un po’ di tempo richiudo gli occhi e rivedo la cornice con un bambino in ginocchio che mi guardava. L’immagine era nitida, dopo un po’ ho capito che non era una fotografia ma c’era un bambino che mi guardava, ci siamo guardati fissi a lungo e mi è venuto spontaneo parlargli, gli ho detto:
“Io ti conosco, io so chi sei, tu sei san Gabriele”, ho avuto l’impressione che mi avesse fatto un leggero sorriso. Dopo un po’ si è alzato ed è andato via.
Con tutto il rispetto e la devozione che ho per san Gabriele fin da bambino, in quei momenti non pensavo a lui, perché cominciavo a rendermi conto che avevo scampato la morte per miracolo.
Nei tre giorni che sono rimasto in terapia intensiva la visione di san Gabriele si è ripetuta 4/5 volte.
Successivamente sono stato trasferito in terapia semi-intensiva ma la visione di san Gabriele non l’ho più avuta. Ho riflettuto su questo e mi sono dato una spiegazione: finché ero in terapia intensiva “non ero stato dichiarato fuori pericolo” e san Gabriele è stato sempre al mio fianco a proteggermi, quando mi hanno trasferito, quindi “fuori pericolo”, lui ha ritenuto di doversi dedicare ad altre persone che ne avevano bisogno più di me.
Quando sono tornato a casa, il 5 gennaio 2021, ho raccontato l’episodio a mia moglie e mia figlia.
In quel momento mi sono ricordato che nel mio portafoglio conservo da anni in una tasca interna alcuni santini. Ho chiesto a mia moglie di prendere il portafoglio perché volevo rivedere quelle immagini, lei tira fuori i santini e… il primo santino era l’immagine di san Gabriele!
Il 27 giugno scorso sono riuscito a venire al santuario per ringraziare il santo, mi sono recato nella cripta e sono rimasto a pregare e piangere davanti al santo per ringraziarlo per la vita che mi aveva ridato all’affetto della mia famiglia.