L’auspicio è che porti tanti frutti sia per la chiesa locale che per la comunità laica. Il 21 giugno, poi, in occasione dell’ostensione della Sindone, il papa sarà a Torino mentre dal 22 al 27 settembre volerà a PhiladelPHia per l’ottavo Incontro mondiale delle famiglie
Una colomba con il ramoscello d’ulivo, simbolo della pace, e con la croce. Si presenta così il logo della visita pastorale di papa Francesco a Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina, il 6 giugno. Una parte della croce disegnata nel simbolo rappresenta un triangolo stilizzato che simboleggia i confini della Bosnia, i colori della luce, della bandiera bosniaca e quello della presenza dei croati in Bosnia, bianco, blu, giallo e rosso.
“Mir vama”, la pace sia con voi, è il motto del viaggio, e non poteva essere altrimenti per una terra che è stata martoriata da una guerra fratricida che ne ha compromesso i già fragili equilibri geopolitici e religiosi.
“Pace a voi – ha affermato il cardinale arcivescovo di Sarajevo, Vinko Puljic – è l’espressione usata da Gesù per salutare i discepoli nella sua apparizione dopo la risurrezione. Quelli che viviamo sono tempi incerti sul futuro e per questo tutti gli abitanti di questo paese, in modo particolare noi cattolici, abbiamo bisogno di un simile incoraggiamento”.
E di incoraggiamento ne ha davvero bisogno questo paese e la comunità religiosa. San Giovanni Paolo II fece una visita pastorale a Sarajevo il 12 e il 13 aprile 1997. “In questa regione – disse il papa polacco rivolgendosi ai leader politici – da secoli si sono incontrati, e non di rado scontrati, l’oriente e l’occidente. Da molto tempo viene qui sperimentata la possibilità della convivenza tra culture diverse che hanno, ciascuna a suo modo, arricchito di valori la regione. In Bosnia ed Erzegovina convivono i popoli degli slavi del sud, uniti nella stirpe, eppur divisi dalla storia. In questa città capitale, ad esempio, s’innalzano verso il cielo la cattedrale cattolica, la cattedrale ortodossa, la moschea musulmana e la sinagoga ebraica”. Sarajevo, la piccola Gerusalemme ritrovata, patria delle fedi e di una integrazione etnico-sociale che ha resistito nei secoli e che, anzi, ha alimentato il fascino di un est d’Europa che abbraccia e tiene insieme, volge ora al mondo il suo volto migliore.
Sarajevo città di pace e tolleranza, Sarajevo porto di terra e oasi di cielo dove i minareti non fanno ombra alle cupole. Una possibilità di convivenza civile e religiosa che, facendo perno sui fasti del passato, non ha paura oggi di abbracciare un futuro di pace e giustizia sociale. “Le tensioni – continuava Giovanni Paolo II – che possono crearsi fra gli individui e le etnie come eredità del passato e come conseguenza della vicinanza e della diversità, avrebbero dovuto trovare nei valori della religione motivi di moderazione e di freno, anzi di intesa in vista di una costruttiva cooperazione”.
Si cerca la pace, la si invoca. Papa Francesco atterra a Sarajevo per questo. Il nunzio apostolico nel paese, monsignor Luigi Pezzuto, rilasciando un’intervista a Radio vaticana, ha detto: “Siccome questa visita si attendeva già da tempo, siamo sicuri che farà molto bene e non solo ai cattolici. Sarajevo è un po’ un crocevia non solo culturale, ma anche sul piano religioso: differenti confessioni cristiane, differenti religioni. Il massimo leader musulmano locale mi diceva: Dica al papa che venga: farà il bene di tutti gli abitanti della Bosnia ed Erzegovina, anche se la visita praticamente sarà solo a Sarajevo per ragioni di tempo. A tutti i livelli questa visita è molto attesa. Posso dirlo già fin d’ora. Ma il viaggio è importante soprattutto per la pace. Il processo di pace è in atto, ma non è mai completo. E poi c’è anche la questione del dialogo religioso, interreligioso e poi il dialogo ecumenico”.
Così Sarajevo attende papa Bergoglio, dopo una guerra che è terminata meno di 20 anni fa. L’auspicio è che la visita porti tanti frutti sia per la chiesa locale che per la comunità laica. Il processo di pace è già iniziato, ha bisogno ora di una spinta ulteriore, quella che può dare solo papa Francesco. Una visita breve, di un solo giorno. Dopo l’incontro con le autorità, la santa messa nello stadio Koševo. E subito dopo il pranzo con i vescovi della Bosnia ed Erzegovina nella Nunziatura apostolica; nel pomeriggio spazio all’incontro con sacerdoti, religiose, religiosi e seminaristi in cattedrale, per poi proseguire con l’incontro ecumenico e interreligioso nel centro internazionale studentesco francescano.
La visita a Sarajevo del 6 giugno è l’undicesimo viaggio di papa Francesco, in due anni di pontificato, il terzo quest’anno, dopo lo Sri Lanka e le Filippine nel gennaio scorso e Napoli.
E nei prossimi mesi? Il papa andrà a Torino il 21 giugno, in occasione dell’ostensione della Sindone e negli Stati Uniti per l’ottavo Incontro mondiale delle famiglie, in programma a Philadelphia dal 22 al 27 settembre.
Insomma, papa Francesco non si ferma più. Insegue la pace.