Il risparmio gestito è l’attività di gestione professionale del risparmio da parte di uno o più operatori (Banca, Posta, Sim Sicav) che ricevono un mandato per amministrare una quota di accantonamenti personali da un risparmiatore.
In Italia il regime di tassazione prevede che la scelta di questa opzione (individuale o collettiva) comporti al risparmiatore:
– plusvalenze tassate al momento della loro effettiva maturazione;
– possibilità di compensare tra loro redditi di capitale e redditi diversi.
Nel 2015 il patrimonio del risparmio gestito in Italia, ovvero dei fondi comuni per intenderci, sfiora un nuovo record: 1.700 miliardi. L’industria del gestito ha compiuto nell’anno appena trascorso trentuno anni, con una raccolta fondi che raggiunge il massimo storico con circa 130 miliardi di euro. Un successo realizzato grazie alla congiuntura dei tassi molto bassi o meglio pari a zero, ma anche perché ha saputo riuscire a fare breccia nel cuore dei risparmiatori, intercettando le loro esigenze di risparmio.
Certo, attualmente il settore dei fondi si muove in uno scenario decisamente diverso rispetto all’avvento dei primi fondi, nel quale occorre tener conto di alcune considerazioni. L’investimento in tecnologia e nelle strategie diverse è oggi più che mai fondamentale data la molteplicità di strumenti finanziari disponibili e la stretta regolamentazione sul trading che si è andata affermando dopo la crisi del 2008.
I fondi comuni con la loro forza possono svolgere un ruolo vitale nel sostenere l’economia reale, proprio grazie allo sviluppo di nuovi strumenti. Per questo scopo sono nati i fondi flessibili, i primi a lanciarli è stata l’azienda di Azimut, che insieme a quelli obbligazionari, bilanciati e azionari completano l’offerta ai risparmiatori.
L’industria del gestito se vuole continuare a crescere deve dunque tener conto di alcuni fattori. Nella fattispecie, il mercato italiano ha un grandissimo potenziale ma anche un difetto perché a volte si concentra su pochi prodotti, a dispetto della sana diversificazione. Invece per quanto concerne l’innovazione dei prodotti, in Italia oggi siamo alla terza generazione dei fondi comuni. Si tratta, infatti, di strumenti che consentono di andare dal cliente non solo con la logica di rendimento ma con un percorso di investimento in grado di contenere la volatilità dei mercati durante il ciclo di investimento. La sfida che si apre è questa: il risparmio gestito è oggi chiamato a giocare un ruolo propositivo sia sul fronte più tradizionale di un’offerta ampia e diversificata e sia affrontando il tema del sostegno alle imprese e agli investimenti infrastrutturali in supplenza del credito bancario.
Concludo con un paio di considerazioni finali che fotografano il quadro sul risparmio gestito in Italia:
✓ I fondi comuni aperti sono la forma di risparmio gestito più gettonata tra i risparmiatori italiani, sia a causa della fame di rendimenti (che ha creato domanda da parte dei risparmiatori e ha spinto le reti a puntare su questi prodotti, su cui i collocatori percepiscono laute retrocessioni annue), sia perché è più facile accedervi (non occorre attendere il periodo di offerta);
✓ Per gli stessi motivi, i risparmiatori italiani prediligono i fondi di lungo termine (azionari, bilanciati, obbligazionari, flessibili ed hedge fund), che costituiscono il 96% del patrimonio gestito nel 2015;
✓ Tra i fondi aperti, fanno oggi la parte del leone i fondi flessibili, ossia quelli che non hanno vincoli nell’asset allocation azionaria, per cui il gestore può investire una quota discrezionale del portafoglio in azioni;
✓ Tra le gestioni patrimoniali, le più sottoscritte sono quelle mobiliari;
✓ Gli italiani affidano più volentieri i loro risparmi a gestori italiani (8 sulle 10 maggiori società per patrimonio gestito sono di nazionalità italiana).
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