indovina chi viene a cena?

Si chiama così il progetto della Rete nazionale di cultura popolare che riunisce intorno a una tavola imbandita i cittadini del mondo. È l’occasione per condividere un momento di vita reale e stabilire un rapporto umano al di là delle presunte diversità culturali

Le frontiere? Esistono eccome. Nei miei viaggi ne ho incontrate molte e stanno tutte nella mente degli uomini. Questa sembra essere la migliore definizione del progetto Indovina chi viene a cena?, promosso dalla Rete nazionale di cultura popolare, che riunisce attorno a una tavola imbandita cittadini del mondo sconosciuti tra di loro. Lanciato a settembre del 2011 in occasione della VI edizione del festival internazionale dell’Oralità popolare con una cena condivisa in piazza Carlo Alberto a Torino, il progetto iniziò con oltre cento persone riunite intorno a un tavolo per assaggiare i piatti preparati dalle famiglie delle comunità straniere residenti a Torino. Alla base, la voglia di condividere storie, racconti, viaggi, persone: dal Marocco e alla Cina, dalla Romania e all’Argentina, dall’Albania e all’Etiopia. A ottobre e novembre, una volta al mese, le cene sono state organizzate nelle case di chi aveva deciso di aprire agli ospiti di qualsiasi nazionalità: cucina tradizionale dei paesi di origine e l’occasione di condividere un momento di vita reale, aprire un confronto e stabilire un rapporto umano al di là delle presunte diversità culturali.

Il 13 dicembre, in occasione della giornata nazionale della Rete italiana di cultura popolare, tutti i partecipanti si sono riuniti per un’unica cena alla Locanda nel Parco, un ristorante che fa parte de La Casa nel Parco, la struttura realizzata dal Comune di Torino e gestita dalla fondazione della comunità di Mirafiori. In quell’occasione, tutti insieme hanno fatto un bilancio (positivo) dell’esperienza e questo è stato lo stimolo per programmare una nuova serie di appuntamenti per il 2012. Nonostante le differenze culturali, culinarie, etniche tutti erano d’accordo sull’importanza di un appuntamento che va oltre il piatto condiviso e che diventa occasione di confronto, di crescita, di conoscenza, per abbattere le barriere che ci dividono. In tutti è rimasto un ricordo indelebile, dalla cerimonia etiope della preparazione del caffè alle diverse tecniche di cottura dei piatti cinesi, dai racconti delle esperienze di vita e di lavoro ai motivi che spingono qualcuno a lasciare la propria casa.

Dopo più di un anno il progetto è emigrato in altre città italiane, dove famiglie migranti hanno deciso di mettere a disposizione la loro casa e la loro cultura culinaria, aprendo le porte a persone sconosciute ma accomunate dalla curiosità di incontrare un altro che fa parte di noi da molto tempo. Le famiglie che hanno dato la propria disponibilità provengono da Argentina, Romania, Albania, Etiopia, Cina, Marocco, Perù, Camerun, Senegal, Pakistan, Algeria, Brasile, Sri Lanka, Bangla-desh, Eritrea, Nigeria e da altri luoghi e desiderano far conoscere la propria cultura e le proprie tradizioni a tutti coloro che sono disponibili all’incontro con persone giunte in Italia e che ora fanno parte del nostro tessuto sociale.

Come Sandra Ramirez, peruviana, da 22 anni in Italia, oggi abita a Zagarolo – vicino Roma – con il marito e i due figli. “Finora – racconta – ho ospitato due cene, una a novembre e una a dicembre.  L’ambiente che si crea è molto bello, di fraternità, di famiglia. Chi viene ha la curiosità di assaggiare i nostri piatti ma anche di ascoltare le nostre storie, così come noi lo siamo delle loro”. Sandra quando è arrivata in Italia ha vissuto un po’ a Roma poi, piano piano, si è spostata nella periferia fino a scegliere la provincia. “A Zagarolo si sta bene, è un paese tranquillo. Rifare una cena con altri ospiti? Sicuramente sì, ma voglio convincere le altre famiglie a fare la stessa cosa”. A Zagarolo vivono poche famiglie peruviane, gli stranieri sono per lo più romeni. Ma Sandra li conosce, così come conosce altri peruviani a Roma. “Loro sono diffidenti, hanno paura di mostrare la loro casa e il loro cibo. Anche io ho sentito una grande responsabilità, non sono una grande cuoca – dice ridendo – e dovevo comunque rappresentare il mio paese. In pochi minuti, però, nasce un’amicizia. La sensazione è che non c’è mai imbarazzo, anche se si mangia con persone mai viste”. Massimo Zio ha partecipato alla prima cena a febbraio, oggi è insieme con altri, coordinatore per la città di Roma del progetto. “La bella sensazione di conoscersi da sempre mi ha colpito fin dalla prima cena alla quale ho partecipato a Torino”, racconta. Il 2012 si è concluso il 13 dicembre con l’ultima cena ma per la fine di gennaio è prevista la prima del 2013. “L’idea di fondo è che queste cene diventino il pretesto per rivedersi, come è successo a casa di Sandra (Ramirez, ndr): ci siamo dati appuntamento alla prossima estate per godere del suo bel giardino. Con Indovina chi viene a cena? recuperiamo una parte della nostra storia di popolo emigrante, e abbiamo l’occasione per conoscere persone nuove visto che ormai tutti noi abbiamo vicino qualcuno che arriva da lontano: per questo vogliamo che diventino uno stimolo, un esempio da seguire anche al di fuori del progetto”.

Il calendario di Indovina chi viene a cena? abbraccia tutto l’anno: le famiglie dei nuovi cittadini aprono la porta della loro casa a questi ospiti fino a quel momento sconosciuti per condividere la cucina, le tradizioni e la cultura del loro paese. Chi desidera partecipare esprime la sua adesione e prenota, il giorno precedente la cena scopre quale sarà la famiglia ospitante e il paese di origine, a sorpresa perché non è possibile scegliere il paese o la cucina preferita, ci si lascia guidare e per una sera si incontrano persone che ancora non si conoscono.

Le porte dei nuovi amici, quindi, si apriranno su cibo, profumi, suoni, ricordi, immagini di terre lontane e tradizioni familiari e sociali. Può capitare di ascoltare il racconto del viaggio per giungere qui, di guardare le foto del matrimonio o le immagini delle famiglie lontane ma ci si può anche ritrovare a parlare dei bambini che vanno a scuola quasi insieme o della squadra del cuore, del proprio lavoro o dei progetti per il futuro. Un futuro che da quella sera può contare su nuovi amici.