IN PRINCIPIO

IL RACCONTO DELLA PRIMA "CREAZIONE"
By antonio carriero
Pubblicato il 8 Aprile 2022

“In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gen 1,1). È l’incipit della Bibbia. Ma funziona benissimo anche come titolo di ciò che viene raccontato subito dopo in dettaglio. “In principio” traduce l’ebraico “re shit”, cioè il capo, la testa, “la prima e la parte migliore” di una cosa. Oggi equivarrebbe alla prima puntata di una serie televisiva che si sussegue per diverse puntate o stagioni. Al di là delle similitudini, il testo sacro lo utilizza per indicare il momento preciso in cui una cosa che non c’era incomincia ad esistere. Come la creazione, appunto, che ha avuto un inizio. Prima di essa esisteva solo il suo creatore, Dio.

Sulla falsariga dell’esegesi dei rabbini, i giudeo cristiani, partendo da alcuni testi biblici (cf. Pro 8,22; Gv 1,3; Col 1,15-18; Eb 1,2-3) hanno intravisto in quel “in principio” Cristo stesso, definito anche l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine (cf. Ap 22, 13).

Il verbo più gettonato

Trattandosi di dar vita a qualcosa che non è mai esistito, l’autore sacro non poteva che pensare al verbo “creare” (“barà” in ebraico). Ritorna 48 volte nell’Antico Testamento e ogni volta è riferito ovviamente a Dio! Diversamente dai suoi… “colleghi” celebrati nelle antiche cosmogonie, il Creatore non compie alcuno sforzo titanico per domare le forze e il caos. Con la massima naturalezza e in modo sorprendente chiama alla vita gli esseri viventi e le cose che formeranno la Terra e l’universo.

Il termine con cui viene designato comunemente questo Dio della creazione e di Israele è Ĕlōhīm, il plurale di El, usato nelle lingue semitiche per indicare la massima eccellenza, virtù, forza, potenza, autorità. Diversamente da quanto verrebbe subito da pensare non siamo nel campo del politeismo. Le lingue semitiche usavano il plurale per indicare una divinità singola (è il cosiddetto “plurale di astrazione”).

Il mondo degli inizi (Gen 1,2)

“In principio Dio creò il cielo e la terra”. La prima opera “firmata” dal Creatore sono “il cielo e la terra”: cioè tutto ciò che è in alto e tutto ciò che è in basso, l’universo, la totalità del mondo. È ciò che sant’Agostino e san Tommaso hanno indicato come la “creazione prima” della materia primordiale, cui farebbe seguito la “creazione seconda”, cioè quella del cosmo. Un’interpre-tazione questa, abbandonata dagli studiosi moderni.

Lo scrittore sacro, consapevole della incapacità dei semiti di ammettere il nulla, si sofferma sul gesto di Dio che “mette ordine” nel mondo “caotico e informe”. Un caos da ordinare che, per il semita, equivale al nulla, a confronto del cosmo ordinato, simbolo della vita composto da tre elementi: le tenebre che avvolgono tutto, l’oceano che comprende l’abisso (“tehôm”) e le acque (“mayim”), la terra che è vuota e informe.

L’acqua di cui parla l’autore sacro risale facilmente alla terra dei due fiumi, il Tigri e l’Eufrate, che periodicamente straripavano e allagavano le campagne distruggendo ogni cosa. Da qui la connotazione negativa di rovina e devastazione.

Su queste acque primordiali, ben distinto, aleggia lo spirito di Dio come un’aquila al di sopra del nido che insegna ai suoi piccoli a spiccare il volo.

Questo spirito o soffio (rūăḥ femminile in ebraico) di Dio conferisce vita e forza, illumina e spinge al bene. Il mondo, a sua volta, viene chiamato all’esistenza mediante la sua parola creatrice. Soffio e parola che il salmista abbina quando afferma: “Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera” (Sal 33,6).

L’attività creatrice di Dio (Gen 1,3-31)

La piena attività creatrice di Dio inizia al v.3. Si prolunga per sei giorni attraverso “parole” e “azioni” che danno vita a otto opere (4+4). Nella prima serie vengono formati gli ambienti (i primi 3 giorni), nella seconda essi vengono popolati e riempiti (gli ultimi tre giorni).

Primo giorno: la luce (Gen 1,3-5)

“Dio disse: Sia la luce! E la luce fu”. Il primo giorno si apre con l’intervento di Dio sulle tenebre sconfitte dall’immissione della luce che antecede la creazione del sole. Come mai? Alcuni studiosi spiegano questa luce non come una realtà fisica, ma come un’entità puramente metafisica, contrapposta alle tenebre caotiche; altri ritengono che la luce dipenda sì dal sole, ma qui ne viene anticipata la creazione semplicemente per motivi di composizione artistica ed anche per un intento di demitizzazione degli astri.

La creazione della luce avviene mediante la parola: “Dio disse”. Una parola che non è un semplice suono, ma realizzazione di ciò che indica (le parole che benedicono o maledicono “attaccano”!). Da subito la luce acquista un valore simbolico buono, mentre le tenebre rivestono una connotazione negativa. Si alternano quotidianamente in un duello che li vede entrambi vincitori e perdenti con il sorgere del sole e con il suo tramonto.

“Dio disse” viene ripetuto 10 volte: è il decalogo creativo che mette ordine e costruisce armonia nel mondo fisico, così come il decalogo morale metterà ordine nell’esistenza umana.

Altro numero altamente simbolico è il 7: indica perfezione e compiutezza. Viene usato ogni volta che ciò che viene chiamato all’esistenza agli occhi di Dio risulta come “cosa buona”. Come buono è tutto il creato.

Il nome dato agli esseri creati indica la signoria di Dio ed insieme determina l’essenza, il destino, il fine, in definitiva la loro “vocazione”. Sono infatti chiamati, ossia posti in essere.

Secondo giorno:

il firmamento (Gen 1,6-8)

“Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque”.

Sulla terra caotica compare il cielo, una calotta, una volta solida e trasparente chiamata “firmamento”. Separa le acque superiori, che dànno luogo alle piogge, dalle acque inferiori. Anch’esso è una semplice creatura di Dio, non una super divinità decantata nelle mitologie dei popoli vicini a Israele.

In questo caso, oltre che con la parola, la creazione avviene per mezzo dell’azione, tradotta nel “Dio fece”. Questa combinazione di parola + azione la troveremo sempre nel corso di tutta la narrazione biblica, fino a Gesù.

Terzo giorno: terra e acqua e vegetazione (Gen 1,9-13)

“Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto”. Le acque che scorrono sulla Terra vengono convogliate in spazi appositi dando origine agli oceani e al mare. Emerge così la terra asciutta (vv. 9-10) con la sua vegetazione (vv. 11-13). In questo modo anche il mare, fortemente divinizzato nel mondo semitico riacquista il suo status di semplice creatura.

Per la quarta opera della creazione l’autore sceglie accuratamente i vocaboli che esprimono vitalità: “verdeggiare”, “verde”, “frutto”, “secondo la propria specie”, “terra”, “seminare”, “semente”.

“La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie”.

Dio, questa volta, si mette quasi da parte: lascia l’iniziativa alla terra che, come una “madre”, produce germogli, erba verde. E grazie a questa “cooperazione” tutto viene organizzato e avviato “secondo la propria specie”. Il Dio che emerge da questa descrizione è il Dio che lascia spazio, fa’ sì che le cose siano ciò che esse sono. Egli non si sostituisce a loro. Questo tema sarà ripreso molte volte dall’insegnamento rabbinico.

Il racconto della creazione nella Sacra Scrittura proseguirà nel prossimo numero di maggio della rivista

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