“Noi riteniamo – afferma padre Camillo Ripamonti, presidente del centro Astalli dei gesuiti – che il salvataggio in mare sia il primo punto qualificante di una risposta che rimetta in primo piano dignità di ogni essere umano”.
I conflitti che stanno sconquassando gran parte dell’Africa subsahariana e il Medio Oriente hanno ricadute drammatiche sulle popolazioni colpite che subiscono violenze e soprusi di ogni genere. Ed è per questo che per la prima dalla seconda guerra mondiale le persone costrette a lasciare la propria casa e a fuggire hanno superato i 50 milioni. Tantissimi cercano l’Europa, e altrettanti utilizzano l’Italia come corridoio per i paesi del nord: nel 2014, le domande di protezione presentate nel nostro paese sono state 64.886, con un aumento del 143% rispetto all’anno precedente. I numeri, i dati e i drammi dei rifugiati sono contenuti nel rapporto annuale 2015 del centro Astalli, il servizio per i rifugiati dei gesuiti. Nel 2014 il centro ha avuto 34mila utenti, di cui 21mila soltanto a Roma, 446 volontari e 49 operatori nelle otto città dove opera.
“Di fronte a oltre 50 milioni di persone che fuggono dalla propria casa, dalla propria terra, di fronte a migliaia di uomini e donne che bussano alle porte dell’Europa e a centinaia di innocenti che perdono la vita tentando di arrivare nel nostro continente, non possiamo più stare a guardare inermi o rimandare a domani decisioni ormai improrogabili”, ha detto padre Camillo Ripamonti, presidente del centro Astalli.
Nel 2014, quindi, molti migranti forzati non si sono fermati in Italia. Si tratta dei migranti in transito, che hanno ricevuto assistenza negli ambulatori dei gesuiti ma che poi hanno proseguito soprattutto verso i paesi del nord Europa. Lo scorso anno sono stati 91.550 i pasti distribuiti alla mensa, con una media giornaliera tra i 300 e i 350. L’alto numero di migranti arrivati ha dovuto per forza di cose far attivare procedure straordinarie: i posti allo Sprar (servizio centrale per la protezione di richiedenti asilo e rifugiati) sono aumentati fino a 22mila, nel corso del 2015 si conta di arrivare a 40mila per poi toccare quota 60mila in un futuro prossimo.
E se per un singolo la fuga dal proprio paese è un’odissea a volte con risvolti drammatici, lo è ancora di più per i nuclei familiari. La permanenza nei centri resta lunga, anche un anno, ma una volta usciti è difficile avere una situazione stabile poiché, oltre alla fragilità psicofisica, c’è anche la solitudine di non avere una rete di parenti e amici a sostegno. Perché le traversate alle quali sono sottoposti per lasciare – spesso di corsa, senza poter prendere effetti personali o quanto basta – la propria casa sfocia sempre in situazioni di estrema vulnerabilità, aggravata dalle violenze alle quali spesso sono sottoposti. Torture (189 persone si sono sottoposte a visita per il rilascio del certificato medico legale da presentare alla commissione territoriale), violenza intenzionale o abusi sessuali: complessivamente, sono state 556 le persone accompagnate al servizio medico e allo sportello legale del centro.
“Il dato incontrovertibile resta comunque che queste persone arrivano al mare e che il nostro Mar Mediterraneo può continuare a essere un luogo di morte oppure diventare il mare di passaggio – ha detto ancora padre Ripamonti – Nei dieci punti che i ministri degli stati membri dell’Unione hanno redatto vediamo il tentativo di mettere mano alla situazione. Un’iniziativa encomiabile, certo, che se fosse stata intrapresa prima avrebbe certamente risparmiato centinaia di vite. Eppure il mandato di Frontex è del tutto inappropriato rispetto alla situazione attuale: l’Europa deve difendere i rifugiati, non difendersi da loro. Noi riteniamo che sia piuttosto il salvataggio in mare, un’operazione Mare Nostrum europea, il primo punto qualificante di una risposta che rimetta al centro la persona con la sua dignità”.
L’arrivo dei migranti, unito al bombardamento allarmante dei media, ma anche la preoccupazione per la crisi economica porta con sé un aumento dei pregiudizi verso gli stranieri in generale e i musulmani in particolare. Per questo il centro Astalli, accanto ai progetti di assistenza diretta, porta avanti campagne di comunicazione e sensibilizzazione, coinvolgendo in primis le scuole. Nel 2014 circa 24mila studenti sono stati coinvolti nei progetti didattici sul diritto d’asilo e sul dialogo interreligioso in 13 città.
A maggio 2014, oltre cento iscritti hanno partecipato al corso di formazione La protezione impossibile – L’accesso al diritto d’asilo in Europa. C’è poi la campagna Chi chiede asilo lo chiede a te, portata avanti dal centro Astalli e alla quale hanno aderito diverse personalità del mondo della cultura: nel 2014 nelle otto città in cui il centro opera, ci sono stati 446 volontari che hanno reso possibile quanto riportato nell’annuario con la loro prestazione gratuita. Non solo. Per rispondere in modo concreto all’appello di papa Francesco (“I conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio l’accoglienza nei conventi vuoti”, aveva detto il pontefice in occasione della visita al centro Astalli nel 2013), 15 ordini religiosi di Roma nel corso del 2014 si sono rivolti al centro Astalli per pensare insieme un progetto di accoglienza per i rifugiati: e quindi circa 20 tra uomini, donne e nuclei familiari sono stati accolti nelle comunità di ospitalità delle case religiose.