LE NUOVE LINEE GUIDA SUL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO CONTENGONO, IN REALTÀ, POCHI DIKTAT E MOLTE NOVITÀ. A COMINCIARE DA PERCORSI PIÙ LUNGHI, ARTICOLATI PER LA PREPARAZIONE AL “SÌ”, LA CATECHESI CHE SI PROLUNGA ANCHE DOPO LE NOZZE E UNA MAGGIORE ATTENZIONE ALLE COPPIE IN CRISI
Imedia, soprattutto quelli laici, si sono concentrati sul “divieto” di rapporti sessuali prima del matrimonio. Altri hanno messo l’accento sulla separazione come “male minore” quando non c’è più nulla da fare e ogni altro tentativo è stato esperito. Ma il Documento varato il 15 giugno scorso dal Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita sul sacramento del matrimonio contiene, in realtà, pochi diktat e molte novità a cominciare da percorsi più lunghi, articolati e suddivisi in vari step per la preparazione al matrimonio, la catechesi che si prolunga anche dopo le nozze e una maggiore attenzione alle coppie in crisi. L’obiettivo è quello di evitare che una persona per sposarsi in Chiesa impieghi poche settimane e poi vada incontro a un “fallimento”, come scrive papa Francesco nella prefazione, introducendo un vero e proprio “catecumenato” e ricordando che per diventare sacerdoti sono necessari invece anni e anni di formazione in seminario. “Con una preparazione troppo superficiale – nota il pontefice – le coppie vanno incontro al rischio reale di celebrare un matrimonio nullo o con basi così deboli da ‘sfaldarsi’ in poco tempo e non saper resistere nemmeno alle prime inevitabili crisi. Questi fallimenti portano con sé grandi sofferenze e lasciano ferite profonde nelle persone. Esse restano disilluse, amareggiate e, nei casi più dolorosi, finiscono persino per non credere più nella vocazione all’amore, inscritta da Dio stesso nel cuore dell’essere umano”.
Il documento s’intitola Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale – orientamenti pastorali per le Chiese particolari ed è suddiviso in due grandi capitoli, ripartiti in 94 numeri. È preceduto da una breve presentazione circa il “catecumenato matrimoniale” e s’inserisce nell’anno speciale dedicato ad Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica post-sinodale del 2016 firmata dal pontefice.
La castità come “preziosa virtù”
La Chiesa cattolica conferma il valore prezioso della castità come via di preparazione al matrimonio: “Non deve mai mancare il coraggio alla Chiesa di proporre la preziosa virtù della castità, per quanto ciò sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune – si legge nel Documento – vale la pena di aiutare i giovani sposi a saper trovare il tempo per approfondire la loro amicizia e per accogliere la grazia di Dio. Certamente la castità prematrimoniale favorisce questo percorso. E anche nel caso in cui ci si trovasse a parlare a coppie conviventi, non è mai inutile parlare della virtù della castità”. Astinenza che può essere praticata in alcuni momenti anche nello stesso matrimonio. Per i ragazzi e i giovani, al di là della preparazione del matrimonio, si parla poi di educazione sessuale da ricevere nello stesso contesto di catechesi nelle parrocchie. Quanto invece alle coppie che già convivono, la Chiesa apre le porte al sacramento ma pensando a percorsi di catechesi ad hoc. “L’esperienza pastorale in gran parte del mondo mostra ormai la presenza costante e diffusa di ‘domande nuove’ di preparazione al matrimonio sacramentale da parte di coppie che già convivono, hanno celebrato un matrimonio civile e hanno figli. Tali domande – sottolinea il Dicastero per i Laici – non possono più essere eluse dalla Chiesa, né appiattite all’interno di percorsi tracciati per coloro che provengono da un cammino minimale di fede; piuttosto richiedono forme di accompagnamento personalizzate”.
Il dopo-matrimonio dovrebbe prevedere un accompagnamento da parte della Chiesa sia perché permangono questioni importanti come “la regolazione delle nascite” o “l’educazione dei figli”, ma anche per aiutare la coppia a non entrare in crisi anche se, in alcuni casi, sono “inevitabili”, ammette il Vaticano e in quel caso l’accompagnamento dovrà essere garantito anche a coloro che vivono la fine del loro matrimonio.
La teologa morale Gaia De Vecchi, che insegna presso l’Istituto Leone XIII di Milano ed è membro del Consiglio di presidenza dell’Atism (Associazione italiana per lo studio della morale), suggerisce una chiave di lettura diversa: “Il Documento suggerisce tre processi che sono impegni, strade aperte, non diktat, perché presentano tratti di novità in una tradizione. Il primo è la necessità di ripensare la teologia del matrimonio, la pastorale ad esso legata, i cammini delle coppie. Per secoli c’è stato un notevole scarto tra comprensione, elaborazione, vissuto dei due sacramenti di ‘scelta di vita’. Il sacerdozio, ed eventualmente anche la vita consacrata, era il sacramento, per così dire, di ‘serie A’ e il matrimonio era quello di ‘serie B’. Questo documento ci invita a ridurre lo scarto. E, di conseguenza, ci invita a ripensare in modo più complesso il tema della vocazione e il tema della Chiesa come ‘popolo di Dio’, non soltanto come Chiesa gerarchica”.
Papa Francesco rimarca con grande chiarezza questo compito di preparazione, formazione e discernimento al quale sono chiamati i pastori: “È dunque un dovere di giustizia per la Chiesa madre – scrive – dedicare tempo ed energie alla preparazione di coloro che il Signore chiama a una missione così grande come quella famigliare. Perciò, per dare concretezza a questa urgente necessità, ho raccomandato di attuare un vero catecumenato dei futuri nubendi, che includa tutte le tappe del cammino sacramentale: i tempi della preparazione al matrimonio, della sua celebrazione e degli anni immediatamente successivi. È quello che si propone di fare il Documento che qui presento e di cui sono grato. Esso si articola secondo le tre fasi: la preparazione al matrimonio (remota, prossima e immediata); la celebrazione delle nozze; l’accompagnamento dei primi anni di vita coniugale”.
Le coppie in crisi e il ruolo dei laici
La Chiesa, da un lato, è chiamata ad accompagnare le coppie di sposi che vivono momenti di crisi per aiutarle a ricomporre la rottura in corso, “ma nonostante tutto il sostegno che la Chiesa può offrire alle coppie in crisi, ci sono, tuttavia, situazioni in cui la separazione è inevitabile – si legge nel Documento, – a volte può diventare persino moralmente necessaria, quando appunto si tratta di sottrarre il coniuge più debole, o i figli piccoli, alle ferite più gravi causate dalla prepotenza e dalla violenza, dall’avvilimento e dallo sfruttamento, dall’estraneità e dall’indifferenza”.
Tuttavia la separazione, secondo il Vaticano, deve essere considerata “come estremo rimedio, dopo che ogni altro ragionevole tentativo si sia dimostrato vano. In questi casi, un particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente anche i separati, i divorziati, gli abbandonati. Va accolta e valorizzata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono, oppure sono stati costretti dai maltrattamenti del coniuge a rompere la convivenza”.
Il Papa sottolinea che la Chiesa deve essere vicina alle coppie che hanno sperimentato il fallimento del loro matrimonio: “La Chiesa, infatti, vuole essere vicina a queste coppie e percorrere anche con loro la via caritatis, così che non si sentano abbandonate e possano trovare nelle comunità luoghi accessibili e fraterni di accoglienza, di aiuto al discernimento e di partecipazione”, scrive Bergoglio.
Una presa d’atto che ha fatto più “scalpore” nel mondo laico che non tra gli addetti ai lavori: “La separazione della coppia come ‘ultimo stadio’, quando non c’è più nulla da fare, rientra in una ‘pedagogia del realismo’, dove viene presa in considerazione la fatica del dolore di una separazione. Se uno è separato, non è dimenticato da Dio”, nota De Vecchi.
La novità suggerita dal documento è che sia la formazione prima del matrimonio che l’accompagnamento delle coppie in crisi non è demandato solo al “prete” ma anche ai laici: “Anche i separati – spiega De Vecchi – potranno fare parte di queste équipe per offrire la loro testimonianza ed esperienza vocazionale in maniera sempre costruttiva, contribuendo così a mostrare il volto di una Chiesa accogliente, pienamente calata nella realtà, e che si mette al fianco di tutti. Anche questo passaggio indica come il documento non si ponga in maniera giudicante o condannante ma in un’apertura al dialogo”.
Per papa Francesco il Documento è un dono e un compito. “Un dono, perché mette a disposizione di tutti un materiale abbondante e stimolante, frutto di riflessione e di esperienze pastorali già messe in atto in varie diocesi del mondo. Ed è anche un compito, perché non si tratta di ‘formule magiche’ che funzionino automaticamente. È un vestito che va cucito su misura – nota Bergoglio – per le persone che lo indosseranno. Si tratta, infatti, di orientamenti che chiedono di essere recepiti, adattati e messi in pratica nelle concrete situazioni sociali, culturali ed ecclesiali nelle quali ogni Chiesa particolare si trova a vivere”.