IMMUNI. Un primo (parziale) bilancio

tanti download, ma poi...
By Lorenzo Mazzoccante
Pubblicato il 13 Ottobre 2020

Abbiamo già parlato della App Immuni presentandone le funzioni, le caratteristiche, la tutela della privacy e sollevando alcune questioni allora ancora aperte in un precedente articolo.

Ora, dopo circa 4 mesi da quando l’App italiana di contact tracing ha iniziato a lavorare a pieno regime, sembra giusto cercare di stilare un primo, anche se parziale, bilancio.

Per farlo, cerchiamo di accantonare per un istante le opinioni personali, le abilità  tecnologiche, le idee politiche e tutto quello che, in qualsiasi modo, potrebbe condizionare la nostra valutazione. Uno strumento di valutazione oggettiva su questo primo periodo, infatti, ci è offerto dai numeri. E per non sbagliare li preleviamo direttamente dalla dashboard del sito ufficiale di Immuni.

Ad oggi, 13 ottobre 2020, i numeri riportati sono:

  1. Downloads: 8.605.896;
  2. Notifiche inviate: 10.060;
  3. Utenti positivi: 567.

1. La diffusione di Immuni.

La prima considerazione da fare riguarda la diffusione di questa app di tracciamento. Se, infatti, inizialmente si riteneva che per risultare efficace, Immuni doveva essere scaricata dal 70% (successivamente si è detto il 60%) degli italiani, al momento attuale siamo ancora lontani da quella soglia. Il numero dei download (8,6 milioni), infatti, significa poco più del 14%.

In realtà, però, non c’è nulla che provi che 8,6 milioni di download corrispondano ad altrettanti utenti visto che è possibile che un utente abbia scaricato l’App su vari dispositivi, che l’abbia rimossa, o semplicemente che non la usi.

Il dott. Andrea Rossetti, professore di Filosofia del Diritto e di informatica giuridica dell’Università Bicocca di Milano, intervenendo nella trasmissione Melog di Gianluca Nicoletti su radio 24, ha sottolineato come questo dato sia veramente poco indicativo. Meglio, secondo il professor Rossetti, sarebbe indicare – come accade in Svizzera – “Quante persone in una giornata hanno utilizzato l’App, ovvero  quante persone nella giornata hanno scaricato dai server i dati per verificare un eventuale contagio”.

2.  L’efficacia di Immuni.

Su oltre 8 milioni di download, le notifiche inviate sono poco oltre 10mila. Significa che mediamente sono arrivate poco più di una notifica ogni mille download.

Più impietoso il confronto dei casi positivi segnalati: circa 6 ogni diecimila download.

E da una inchiesta delle Iene dello scorso 11 ottobre apprendiamo che “Le persone che hanno scoperto di essere positivi grazie al contact tracing di Immuni sono 13”.

I motivi sono quelli che si possono immaginare. Anzitutto la volontarietà della segnalazione: poiché non si è tenuti a comunicare all’App la condizione di positività, qualcuno potrebbe preferire non farlo. Poi, il fatto che alcuni medici probabilmente non conoscono esattamente come funziona l’applicazione o come generare i codici da provvedere al paziente di buona volontà che, trovatosi positivo, voglia dare input a Immuni.

3. Immuni e la privacy

Se già in precedenza avevamo manifestato il disappunto nello scoprire che, a dispetto di quanto dichiarato nella Informativa della Privacy di Immuni, questa richiede (per i sistemi Android) l’attivazione del GPS e quindi dello strumento preposto alla geolocalizzazione, non è questo l’unico problema.

Sempre il dott. Andrea Rossetti, fa presente che nel “Provvedimento di autorizzazione al trattamento dei dati personali  effettuato attraverso il sistema di allerta Covid-19 – App Immuni” del 1 giugno 2020, l’allora presidente Antonello Soro aveva evidenziato alcune questioni aperte a cui ci si sarebbe attesi una risposta mai arrivata e tra queste una particolarmente significativa riguarda la possibilità di risalire all’identità degli utenti che abbiano segnalato la propria positività al Covid-19:

Occorre, infatti, rappresentare che tali informazioni non possono essere considerate dati anonimi (queste sono, infatti, acquisite dal Sistema di allerta Covid-19 in forma individuale dai singoli dispositivi) e consentono, in diversi contesti, concrete possibilità di re-identificazione degli interessati, soprattutto se associate ad altre informazioni ovvero in caso di morbilità non elevata o di ambiti territoriali con bassa densità di popolazione”.

Questa però è solo una delle questioni rimasta in sospeso e che certo non è decaduta per il fatto che all’ufficio di presidenza del Garante della Privacy non sieda più Antonello Soro, ma Pasquale Stanzione.

In sintesi

L’App Immuni è certamente uno strumento utile alla prevenzione del diffondersi di nuovi focolai di Covid-19, tuttavia sono ancora troppo pochi gli utenti che la usano e il fatto che la segnalazione della positività sia su base volontaria rischia di rappresentare un vero e proprio tallone d’Achille per la sua reale efficacia.

Ma se l’App non incontra ancora il favore sperato, probabilmente non è solo per pigrizia: la questione privacy che ancora affligge l’applicazione di tracciamento italiana, infatti, costituisce un vulnus capace di giustificare chi non la installa.

L’insistenza e la frequenza con cui si pubblicizza l’App e si incoraggia il pubblico italiano a farne uso, quindi, ha sì ragione di essere, ma probabilmente sarebbe più efficace se assieme al numero dei download a crescere fosse l’App stessa, bisognosa di evidenti ritocchi per incontrare maggiore favore tra gli utenti finali.

Se a questo aggiungiamo la difficoltà di operare una segnalazione di positività, il gioco è fatto. Al riguardo vi segnalo il servizio della Iena Giulio Golia (andato in onda il 15 ottobre 2020) in cui viene mostrata quanta difficoltà ha incontrato il giornalista a segnalare la propria positività (video).

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