Più della metà della popolazione di operatori sanitari oltreconfine arriva dai paesi dell’Est come romeni (11.204), polacchi (2.374), e albanesi (1.032), mentre fra le altre comunità più rappresentate troviamo gli indiani (1.399) e i peruviani (1.080)
Negli ospedali italiani ci sono 22.232 infermieri stranieri, il 5% del totale, e negli ultimi dieci anni sono aumentati del 10,4%. L’elaborazione dell’aumento del personale straniero nelle professioni sanitarie lo ha fatto la Uecoop (Unione europea delle cooperative) sui dati Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). La popolazione di operatori sanitari stranieri è composta per oltre la metà da immigrati dei paesi dell’Est come romeni (11.204), polacchi (2.374), e albanesi (1.032), mentre fra le altre comunità più rappresentate troviamo gli indiani (1.399) e i peruviani (1.080). I “migranti della corsia” giunti invece dai paesi dell’Africa – sottolinea Uecoop – sono 433, meno del 2% sul numero complessivo di addetti che arrivano dall’estero.
Dall’inizio dell’anno, poi, sono state più di 100 le richieste di personale medico arrivate all’Associazione medici di origine straniera in Italia e maggiormente sono arrivate dal nord (Piemonte, Lombardia, Veneto) dove sono richiesti ortopedici, pediatri, anestesisti, medici di famiglia, specialisti negli ospedali, medici sul territorio e nei centri di pronto soccorso, guardia medica e il 118. Tanti medici di origine straniera possono lavorare quando si tratta di chiamate dirette a tempo determinato in ospedali e a tempo indeterminato nelle cliniche private. Poi però non possono sostenere nessuna selezione, a causa della cittadinanza italiana obbligatoria, necessaria per poter sostenere concorsi presso le strutture pubbliche. È questo l’allarme che lancia Foad Aodi, fondatore dell’Amsi e delle Comunità del Mondo Arabo in Italia: “Urge risolvere e affrontare la questione dei concorsi per i professionisti della sanità di origine straniera, il numero chiuso nelle università, la programmazione del numero degli specialisti presso le scuole di specializzazione in base alle esigenze di oggi. Bisogna anche risolvere i problemi inerenti ai turnover e quelli relativi ai medici in pensione”.
Dall’altra parte, però, c’è una forte richiesta di medici italiani di fare esperienze professionali all’estero: “Registriamo anche un aumento del 30 percento delle richieste di professionisti della sanità italiani che chiedono di poter svolgere degli stage o di lavorare all’estero. I medici non conoscono frontiere – ha detto il vice presidente dell’Omceo (Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri) di Roma e provincia Pierluigi Bartoletti durante il convegno organizzato dall’Amsi (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia) – e l’Amsi ne è la prova provata, il lavoro dell’associazione è prezioso per mantenere integro il percorso dell’integrazione e conferma la validità del sistema formativo italiano, uno dei migliori al mondo”.
In Italia fra stranieri e italiani ci sono 443.838 infermieri, anche se il rapporto fra la popolazione degli assistenti sanitari e i medici è di 1,5 molto lontano dal 2,8 che è la media Ocse, è la metà di quanto schierano paesi come Germania e Francia con 3 infermieri per ogni dottore e addirittura un terzo di quanto invece avviene Finlandia, Giappone e Danimarca dove si sale a quasi 5 infermieri per ogni medico.
“Di fronte a un trend di invecchiamento che negli ultimi dieci anni ha portato a un aumento del 13% delle persone sopra i 65 anni la richiesta di assistenza non potrà che aumentare – sottolinea Uecoop – ed è quindi necessario garantire numeri e professionalità sempre maggiori sia nelle strutture sanitarie che in quelle residenziali per la terza età che nelle case dove ci sono malati o anziani curati a domicilio come già fanno quasi 9.700 cooperative sociali e di assistenza che impiegano oltre 328mila persone fra italiani e stranieri. La sfida del futuro è quella di potenziare l’assistenza pubblica e privata attraverso il meglio delle professionalità che si potranno mettere in campo a fronte di una spesa sanitaria delle famiglie che nell’ultimo anno è già salita dell’8% arrivando a 123 euro al mese, mentre – conclude Uecoop – ci sono 12,2 milioni di italiani che, secondo il Censis, rinunciano a curarsi per difficoltà economiche, oltre 7 milioni che si sono indebitati per farlo e 2,8 milioni che hanno venduto casa per pagarsi delle cure mediche”.