NELLA BIBBIA QUANDO SI PARLA DEL TIMOR DI DIO NON SI INTENDE AFFATTO PAURA DI LUI, MA BEN ALTRI VALORI CHE NON È DIFFICILE INDIVIDUARE PER IL BENE DELLA NOSTRA VITA
Èquasi inutile precisare che, nella bibbia, quando si parla del timor di Dio non si intende affatto paura di lui, forse motivata dalla coscienza del nostro essere peccatori in attesa del giudizio di Dio. Il timore di Dio sottende ben altri valori, che non è difficile individuare per il bene della nostra vita. In modo speciale nei libri sapienziali, il timor di Dio viene messo a fuoco in diversi modi e con svariate sottolineature, sempre comunque per tenere desto in noi quel retto sentimento religioso che si traduce in preghiera fiduciale, per poi manifestarsi in gesti di adorazione verso Dio e di carità verso il prossimo.
UNO STRIDENTE CONTRASTO “Il timore del Signore è principio della scienza / gli stolti disprezzano la sapienza e l’istruzione” (Pro 1,7).
L’espressione il timore del Signore corrisponde a ciò che comunemente viene detto religione o pietà verso Dio. Dicendo che “il timore del Signore è principio e coronamento della scienza” l’autore intende affermare che con esso si può sviluppare una relazione interpersonale con il Dio della creazione e dell’alleanza, in modo tale che timore e amore, sottomissione e confidenza, coincidono.
Timore e amore: il vero amore infatti richiede quel sommo rispetto al quale non è estraneo il timore di offendere l’amato. D’altro canto il timore del Signore non sarebbe degno di Dio se non comportasse anche un sentimento amoroso che rende calda e palpitante la religione. Chi possiede il timore del Signore e lo vive come dono di Dio avverte di camminare sulla via che porta alla sapienza, che è il sommo della scienza, con tutte le virtù che le sono affini. Chi invece non lo possiede finisce col disprezzare la sapienza e si avventura sulle vie dell’ateismo pratico.
È SCUOLA DI SAPIENZA “Il timore di Dio è scuola di sapienza, prima della gloria c’è l’umiltà” (Pro 15,33). Sono molti i proverbi che illustrano le qualità del timor di Dio. Eccone alcuni: “Il timore del Signore è fonte di vita / per sfuggire ai lacci della morte (14,27); Il timore del Signore conduce alla vita / e chi ne è pieno dorme tranquillo (19,23); Il timore del Signore prolunga i giorni / ma gli anni dei malvagi sono accorciati” (10,27).
In questo proverbio il timor di Dio viene caratterizzato come scuola di sapienza. Viene subito alla mente l’invito con il quale il Siracide pone termine alla raccolta dei suoi detti: “Avvicinatevi a me, voi che siete senza istruzione / prendete dimora nella mia scuola” (letteralmente “nella casa dell’ammaestramento”). Questa casa-scuola non è altro che il luogo nel quale Dio si fa nostro maestro e guida.
Il timor di Dio è scuola di sapienza perché non ti consente di chiuderti su te stesso allontanandoti da colui che solo ti può liberare dai lacci della morte. Soprattutto perché il timor di Dio ti educa a un sano realismo, oltre che a una opportuna modestia, liberandoti da ogni forma di arroganza. Il timor di Dio ti insegna addirittura ad accettare di vivere nell’umiltà, e forse anche di accettare l’umiliazione, sempre aperto alla possibilità di avere gloria. Non solo perché, come dice il proverbio, prima della gloria c’è l’umiltà, ma anche perché senza umiltà non c’è vera gloria (vedi Salmo 119(118), 67.71).
L’AMORE PERFETTO SCACCIA IL TIMORE L’apostolo Giovanni, nella sua prima lettera, ci offre questa meravigliosa testimonianza, che ci aiuta a comprendere il vero senso del timor di Dio: “Nell’amore non c’è timore / al contrario l’amore perfetto scaccia il timore / perché il timore suppone un castigo / e chi teme non è perfetto nell’amore” (4,18). Ovviamente qui timore sta per paura, quel sentimento che rattrappisce il cuore dell’uomo e lo chiude ad ogni autentica esperienza d’amore.
Il pensiero dell’evangelista era partito dall’affermazione che “Dio è amore” (4,8), anzi dalla constatazione che “chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”. Ne deriva che per conoscere davvero Dio occorre amarlo. “Chi non ama non fa esperienza e chi non fa esperienza non conosce”. Lo dicevano con piena ragione alcuni teologi del medioevo.
Comprendiamo ora come l’evangelista possa affermare che “l’amore perfetto scaccia il timore”, cioè quella paura di Dio che ci induce più a temere il castigo di Dio che non a invocare e desiderare il suo perdono misericordioso.
L’APOSTOLO PAOLO AL DISCEPOLO TIMOTEO Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognarti, dunque, della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me che sono in carcere per lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo.
2Timoteo 1,6-8
UNA RIFLESSIONE DI SANT’AGOSTINO Ci fu un tale che, avendo visto, non credette e volle palpare per arrivare in questo modo alla fede. Disse costui: Io non crederò se non metto le mie mani nel segno dei chiodi e non toccherò le sue cicatrici (Gv 20,25). Il Signore permise che le mani degli uomini lo palpassero per un poco, lui che sempre si offre allo sguardo degli angeli. Il discepolo dunque palpò ed esclamò “Signore mio e Dio mio” (Gv 20,28). Egli toccò l’uomo e riconobbe Dio. Il Signore, allora, per consolare noi che non possiamo stringerlo con le mani, essendo egli già in cielo, ma possiamo raggiungerlo con la fede, gli disse: Tu hai creduto perché hai veduto; beati quelli che non vedono e credono (Gv 20,29). In questo passo siamo noi stessi ritratti e designati.