IL TEMPO DELLA VERITÀ (E DELLA RESPONSABILITÀ…)

38 anni dalla strage di Ustica
By Gino Consorti
Pubblicato il 2 Settembre 2018

Un fascio di luce accecante su uno dei più grandi misteri italiani: due ex marinai della portaerei Saratoga hanno rivelato che quella sera due caccia americani rientrarono senza armamenti dopo una missione contro i Mig libici… Persero la vita tutte le 81persone a bordo del Dc9 dell’Itavia

Il repubblicano Ronald Reagan è il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America mentre a Lubiana muore il maresciallo Tito, dando così il là alla frantumazione della Repubblica Federativa di Jugoslava. Per gli amanti della musica, invece, il famoso gruppo musicale britannico Led Zeppelin, principale pioniere dell’hard rock, decide di separarsi. Ma come spesso accade, però, a farla da padrone è la cronaca nera che, ahinoi, ci sottopone un triste elenco di lutti e violenze. Come, ad esempio, la terribile scossa di terremoto che sconvolge l’Irpinia provocando 3 mila morti e quasi 300 mila sfollati. E ancora la bomba fatta esplodere nella sala d’attesa della stazione di Bologna causando 85 morti, l’uccisione a Palermo per mano della mafia del presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale capo dello stato e l’agguato mortale, questa volta a firma delle Brigate Rosse, di Vittorio Bachelet, vice presidente del Consiglio superiore della magistratura.

Siamo nel 1980, trentotto anni fa! Quanta acqua è passata sotto i ponti… Veramente tanta, non ancora sufficiente, però, a lavare la coscienza di quanti hanno avuto un ruolo in quello che può essere definito il mistero dei misteri del nostro paese tricolore. Siamo sempre nel 1980, precisamente alle 20.45 del 27 giugno e parliamo della cosiddetta strage di Ustica. I fatti. Un Dc9 della compagnia aerea Itavia, partito da Bologna con destinazione Palermo, scompare dai radar nel tratto di mare compreso tra le isole di Ponza e Ustica. Immediatamente scatta l’allarme e purtroppo, alle prime luci dell’alba del giorno successivo, affiorano in mare i primi detriti e i primi cadaveri… Nessun sopravissuto: tutte morte le 81 persone a bordo, di cui 4 membri dell’equipaggio e 13 bambini.

Per ricostruire ed esporre i vari passaggi giudiziari e investigativi, le tante indagini, i depistaggi, le sentenze, alcune delle quali contraddittorie e attualmente a carico di ignoti, ci vorrebbero pagine e pagine che noi non abbiamo… Basta pensare, infatti, che al solo processo di primo grado si arrivò con 2 milioni di pagine di istruttoria, 4 mila testimoni, 115 perizie, circa 80 rogatorie internazionali, 300 udienze processuali per un costo di circa 300 miliardi “vecchie lire”… Andando allora al cuore della vicenda, sicuramente dolorosa per il nostro paese ma infinitamente di più per i familiari delle vittime che attendono giustizia, al di là dell’iniziale ipotesi del cedimento strutturale dell’aereo che, di fatto, successivamente mise in ginocchio la compagnia aerea Itavia, le cronache giudiziarie sino a oggi hanno piantato dei solidi paletti di cemento. Tre diverse sentenze della Cassazione civile, infatti, hanno stabilito che il DC9 fu abbattuto da un missile e condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a pagare un risarcimento ai familiari delle vittime e agli eredi di Aldo Davanzali, patron dell’Itavia, per non avere garantito la sicurezza del nostro spazio aereo e certificando di fatto che la strage fu la conseguenza di un episodio di guerra in tempo di pace. Sì, quella sera nei cieli del Mediterraneo ci fu un atto di guerra in un tempo di pace… L’ipotesi su cui da tempo lavorano i magistrati della Procura di Roma – per fortuna il reato di strage non prevede la prescrizione…- è quella dell’intrusione di uno o due caccia, probabilmente libici, che usarono il DC9 per coprirsi dall’individuazione dei radar della Difesa aerea, ma furono intercettati da altri aerei militari non identificati. Quindi nel corso dello scontro il Dc9 venne colpito e un Mig (un aereo da caccia di produzione russa) fu inseguito fin sulla Sila dove precipitò, per essere poi “ufficialmente” ritrovato il 18 luglio successivo. Inizialmente si parlò di caccia francesi, come confermò l’allora presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, attribuendo la responsabilità a un missile destinato a un velivolo libico. Oggi, però, i maggiori indiziati sembrano essere gli americani. Al momento di chiudere questo articolo, infatti, i magistrati romani che indagano sulla vicenda sono pronti a partire alla volta del paese a stelle e strisce dove interrogheranno l’ex marinaio Brian Sandlin della portaerei Saratoga. Il militare, in servizio sul ponte, in un’intervista rilasciata a La7 lo scorso dicembre aveva dichiarato di aver visto quella sera due caccia della squadriglia Fighting 103 decollare dalla portaerei, partita dal porto di Napoli, e rientrare al termine di una missione di combattimento contro due Mig libici, senza più l’armamento sotto le ali… E alla testimonianza di Sandlin si è aggiunta quella di un altro ex componente dell’equipaggio della Saratoga. La dichiarazione è stata raccolta dal giornalista Andrea Purgatori e mandata in onda sempre su La7 nel corso della puntata dedicata al 38esimo anniversario.

Insomma il cerchio, finalmente, si starebbe stringendo. Tutti noi, dunque, condividendo le recenti parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che auspica un cammino di verità che favorisca anche la collaborazione di istituzioni di paesi alleati e amici, con i quali condividiamo i valori più profondi di umanità e di civiltà, aspettiamo che qualcuno, finalmente, ci dica chi ha premuto il pulsante quella sera del 27 giugno 1980. Basta segreti, basta depistaggi, basta menzogne: è giunto il momento di assumersi la responsabilità e spiegare il perché di quella strage ai familiari delle 81 vittime. E alla storia del nostro paese.

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