IL SEGNO DI UNA DERIVA CULTURALE

By Stefano Pallotta
Pubblicato il 29 Gennaio 2021

Ispirazioni ultraconservatrici e integraliste contro un pontefice che interpreta il Vangelo come il libro degli ultimi, degli emarginati e dei diseredati. A tal punto da identificarlo come vicino a dottrine politiche e sociali di stampo comunista. No, niente di tutto questo. Le dichiarazioni – che definire sconclusionate oltre che sgrammaticate sarebbe concedere fin troppa indulgenza – di un assessore del Comune di Avezzano (superfluo citarne anche il nome) sul papa, spregiativamente additato come “uomo piccolo piccolo”, non varrebbe nemmeno la pena di prendere in considerazione, se non fosse che si tratta di un personaggio che ricopre un importante incarico istituzionale. Non si tratta di uno qualunque. Non si tratta di un’affermazione in una chiacchierata tra amici. E nemmeno una “Voce dal sen fuggita”. Il post dell’assessore comunale è qualcosa che svela un’altra questione su cui vale la pena soffermarsi per capire dove stiamo andando. Verso quale deriva culturale ci siamo avviati. E la questione è questa: può un personaggio ricoprire una carica istituzionale se si lascia andare ad affermazioni insulse e offensive nei confronti di un capo di Stato, che nello stesso tempo è il vertice della cristianità universale?

Non sappiamo la “vocazione” politica dell’assessore in questione (anche se non è difficile immaginarlo), e nemmeno ci interessa più di tanto. Del resto che importanza ha il pensiero (troppo nobilitante definirlo tale) politico quando le parole pronunciate scaturiscono da un odio viscerale riconducibile all’analisi psicologica, piuttosto che alla razionalità politica?

Potremmo liquidare la vicenda con le parole di Umberto Eco sui social. Sarebbe troppo facile. L’alzata di spalle in casi come questo rischia di diventare inconsapevole complicità con il clima di superficialità imperante nel mondo della comunicazione social. Occorrerebbero, invece, decisioni drastice. Posto che chi è chiamato a rappresentare le istituzioni debba dotarsi (se non le ha) di conoscenza e di continenza, quando si travalicano certi limiti non possiamo non tenere conto del resto della citazione poco prima richiamata (“Voce dal sen fuggita…”) perché il passo successivo è questo: “Poi richiamar non vale”. Non vale cancellare il post dal profilo Facebook e nemmeno maldestramente modificarlo. Ma soprattutto non dovrebbero valere le scuse strumentali al solo scopo di salvare la poltrona. Perché se questo accade (come, in effetti, è avvenuto) la complicità verso la deriva dell’odio e del degrado culturale coinvolge livelli ancora più in alto della scala politico-istituzionale. E questo è inammissibile, perché ne va del livello “culturale” della rappresentanza e, conseguentemente, della stessa vita civile.

In altre parti del mondo sarebbe bastato molto meno per mettere alla porta l’autore di questo misfatto che di religioso ha il resto di niente, ma che ha tutto l’aspetto di un crimine contro la libertà di parola.

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