IL RITORNO DEI PEOPLE BTP
Negli ultimi tempi, causa l’inflazione e la guerra in Russia, tutto sale: luce, gas, mutui, generi alimentari di prima necessità. I rendimenti dei titoli in genere, dunque, lasciano il tasso pari a zero e diventano molto appetibili da parte degli investitori che hanno liquidità sul conto. Ecco, allora, che diventa interessante il rendimento dei people BTp.
Cosa sono
L’acronimo del BTp sta per Buoni del Tesoro poliennali e sono titoli di stato italiani emessi con scadenza che superano l’anno. Diversamente parleremmo di Bot. Si tratta di bond governativi con cedola fissa o variabile, a seconda dei casi, come vedremo. Il Tesoro li emette all’asta a un prezzo che si determina dall’incontro con la domanda, ovvero delle richieste degli investitori istituzionali per proprio conto o per conto dei clienti retail. Le emissioni possono avvenire alla pari, sopra la pari o sotto la pari. Nel primo caso, si intende che i BTp sono offerti a un prezzo pari a quello di rimborso alla scadenza, ovvero al 100%. Un BTp emesso sopra la pari, invece, viene offerto e acquistato dall’investitore a un prezzo superiore a quello a cui sarà rimborsato alla scadenza e ciò determinerà un rendimento effettivo inferiore alla cedola su base annua. I BTp emessi sotto la pari, invece, vengono acquistati all’asta a un prezzo più basso del 100% rimborsato alla scadenza, per cui il rendimento dell’investimento è superiore alla cedola annua staccata. Questa può essere fissa come dicevamo, o variabile. Per cedola fissa si intende che già all’atto dell’emissione, l’investitore conosce il tasso offerto su base annua dal titolo fino alla scadenza. Esso non deve rimanere necessariamente lo stesso per l’intera durata del finanziamento. Per esempio, i BTp step-up sono quei bond, che offrono all’investitore una cedola prefissata, ma crescente lungo l’arco di durata del titolo. La cedola si considera ugualmente fissa, in questo caso, perché il suo valore percentuale, in relazione al valore nominale del bond, è noto sin dall’inizio. Lo stesso dicasi per i BTp step down, la cui cedola si riduce, fermo restando che chi acquista il bond sa dall’inizio quando e in che misura varierà. La cedola si considera variabile, invece, quando aumenta o diminuisce sulla base di un indice al quale essa è agganciata. Inoltre, i BTp a cedola variabile sono quelli indicizzati all’inflazione. Essi offrono una cedola minima garantita, alla quale si somma l’inflazione di riferimento del periodo. I rendimenti dei BTp prevedono una tassazione del 12,50%, una percentuale inferiore alla metà del 26% dovuto sulle altre rendite finanziarie (ad esempio Bond bancari). Ciò significa che, a parità di rendimento e di scadenza residua, i BTp sono più convenienti degli altri bond, tralasciando anche il fatto che si tratti di titoli praticamente a rischio zero ed esenti da successione.
La tassazione dei rendimenti non è l’unico costo che l’investitore dovrà sostenere. Per acquistare un BTp è necessario aprire un deposito titoli, sul quale dovranno transitare tutte le operazioni afferenti alla compravendita di strumenti finanziari. Questo comporta il pagamento di un’imposta di bollo del 2×1000.
Come investire in BTp
Se siete risparmiatori, ci sono due ragioni principali per acquistare BTp. La prima è il rendimento a scadenza, che si ottiene detenendo il titolo per tutta la sua durata, incassando e possibilmente reinvestendo le cedole e l’eventuale differenza positiva tra valore di rimborso a scadenza e prezzo d’acquisto. La seconda è la ricerca della plusvalenza, che deriva dalla vendita del titolo prima della sua scadenza a un prezzo superiore a quello di acquisto. I BTp a lunga durata rendono di più, essendo anche più rischiosi per natura.
I rischi dei BTp
Il rischio dell’investimento in BTp è legato alla volatilità del prezzo prima della scadenza, volatilità che naturalmente aumenta se l’orizzonte temporale è molto lungo. Infatti, un BTp a 10 anni comporta un rischio superiore rispetto a uno di tre anni.
Facciamo un esempio. Lo spread sta risalendo, chi ha comprato in asta un decennale all’inizio dell’anno e lo ha pagato 100, oggi se lo ritrova sotto la pari a circa 90, quindi se lo dovesse vendere prima della scadenza, l’investitore perderebbe circa il 10% del capitale. In questo caso, consiglio di mantenere il titolo fino alla scadenza. Non tralascio di ricordare, comunque, che investire in BTp significa pur sempre l’acquisto di debito pubblico italiano, che come ben sappiamo risulta essere il più alto tra i Paesi occidentali.
Conclusione
Il suggerimento è di entrare su questi titoli in modo graduale e possibilmente investendo con diverse scadenze non lunghe, così da avere un flusso cedolare trimestrale, anziché semestrale. E soprattutto avere rischi più contenuti con la volatilità. Inoltre, è preferibile acquistare sul mercato piuttosto che in asta, perché oggi ci sono dei prezzi molto interessanti, per cui è arrivato il momento di togliere liquidità sui conti. L’inflazione al 7%, infatti, sta erodendo il capitale.
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