Più che il peccato nella sua oggettività i saggi d’Israele si sono impegnati a riflettere sulla situazione del peccatore, cogliendo alcuni aspetti di una condizione spirituale certamente delicata, anche se largamente diffusa. Una condizione nella quale ci riconosciamo un po’ tutti, senza mai disperare della nostra salvezza.
Sarà opportuno riflettere coinvolgendo se stessi: la parola di Dio infatti ci è rivolta qui e ora non solo per illuminare la nostra mente per capire e approfondire, ma anche e soprattutto per scuotere la nostra volontà e per indurci a cambiare vita.
PRIGIONIERO DI SE STESSO
“L’empio è preda delle sue iniquità / è tenuto stretto dalle funi del suo peccato” (Pro 5,22). Il peccato porta in sé la sua pena: è convinzione comune, comprovata dall’esperienza, anche se talvolta dobbiamo constatare che gli empi prosperano e i giusti invece soffrono. Il nostro proverbio lo afferma in modo ancor più chiaro: con un approccio personalistico esso sposta l’obiettivo dal peccato al peccatore. Non è sempre facile cogliere fino in fondo la gravità del peccato, di ogni peccato: grave non solo per la trasgressione di un articolo della legge, quanto piuttosto a motivo del fatto che esso implica sempre un rifiuto a Dio personalmente.
L’immagine delle funi, quelle che si utilizzavano per immobilizzare uno schiavo o un malfattore così da impedirgli ogni possibilità di movimento e di fuga, induce a pensare che qui l’iniquità viene come personificata: fa pensare a qualcuno che ha il potere di catturare e di tenere schiavo il peccatore. Qualcuno che è sempre pronto a tornare, appena gli si offre l’opportunità (vedi Mt 12,43ss). È bene leggere anche ciò che segue: “Egli morirà per mancanza d’istruzione / si perderà per la sua grande stoltezza” (5,23). È come dire che il peccato ci mette in una situazione di ignoranza che non ci consente più di ascoltare la parola di Dio e ci rende stolti dinanzi a lui.
MASSIMA SINCERITÀ
“Chi nasconde le proprie colpe non avrà successo / chi le confessa e le abbandona troverà misericordia” (Pro 28,13). Sono due gli aspetti considerati dal proverbio: il primo riguarda il rapporto con il prossimo, l’altro invece riguarda il rapporto con Dio. Quanto al primo aspetto, occorre rifarsi alla situazione di una persona la quale, volendo apparire più brava o più buona o più intelligente di quello che è, tende a nascondere le proprie colpe e i propri difetti. Costui o costei difficilmente avrà successo perché, men che se l’aspetti, altri potrebbero rivelarli e spiattellarli in pubblico e così andrebbe compromesso ogni successo. È molto meglio essere sinceri con se stessi e con gli altri, così da non avere amare sorprese nel futuro.
Quanto al secondo aspetto, dato che in molte cose pecchiamo un po’ tutti (vedi Gc 3,2), ecco ciò che suggerisce il nostro proverbio: occorre anzitutto riconoscere che siamo tendenzialmente portati a peccare ma, nello stesso tempo, siamo desiderosi di ottenere salvezza da Dio. Chi si riconosce peccatore dinanzi a Dio e sconfessa, cioè abbandona, il suo peccato comincia a camminare sulla via della salvezza, e da Dio otterrà misericordia.
VALORE DELLA CONVERSIONE
“Non rimproverare un uomo che si converte dal peccato / ricordati che tutti abbiamo delle colpe” (Sir 8,6). Chi si converte dal peccato, mettendo in atto una conversione seria e definitiva, merita tutta la nostra ammirazione: in lui ha operato la grazia liberante di Dio ed egli si è lasciato invadere dalla divina misericordia: per questo non merita alcun rimprovero. In che senso? Forse perché con il nostro rimprovero vorremmo quasi mettere in dubbio la sincerità di quella conversione; o forse anche nel senso che vorremmo nascondere la nostra negligenza nel deciderci a cambiare vita.
La seconda parte del proverbio ribadisce una verità lapalissiana, evidente come la luce del sole. La bibbia, segnatamente i salmi, la ripetono assai spesso, a partire dalle parole di Davide: “Ecco, nella colpa sono nato / nel peccato mi ha concepito mia madre” (50,7). Il salmo 19,13 ci invita a chiedere perdono persino dei peccati di inavvertenza: “Le inavvertenze chi le discerne? Assolvimi dai peccarti nascosti”.