IL PANE FRUTTO DELLA TERRA E DEL LAVORO

By giuseppe de virgilio
Pubblicato il 4 Ottobre 2022

La condivisione del pane è segno di fraternità e di solidarietà. Non è possibile il cammino nel deserto senza il nutrimento del pane che dona energia e vigore

Un importante segno di rivelazione attestato nel quarto Vangelo è rappresentato dal pane. Oltre ai sinottici, l’evangelista Giovanni riporta il racconto della moltiplicazione dei pani nel quarto Vangelo (Gv 6,1-15) a cui segue il segno miracoloso di Gesù che cammina sulle acque (6,16-21) e il discorso sul pane di vita nella sinagoga di Cafarnao (6,22-71). Il racconto è collocato nel cuore del “libro dei segni” (cf. Gv 1-12) e rivela la messianicità di Gesù di Nazaret e la finalità salvifica della sua missione. Il segno del pane riassume in sé vari significati. Il pane è frutto della terra, del lavoro umano ed è alimento fondamentale per la vita. La farina che si ricava dai chicchi raccolti indica l’unità che deve caratterizzare la comunità e la famiglia. La condivisione del pane è segno di fraternità e di solidarietà. Non è possibile il cammino nel deserto senza il nutrimento del pane (cf. 1Re 17,2-6) che dona energia e vigore. Il racconto ci permette di cogliere la profondità del segno del pane di vita.

La prova nel deserto

A seguire Gesù e i suoi discepoli vi è una grande folla che aveva visto i segni compiuti sugli infermi (Gv 6,1-2.5). Il richiamo alla condizione del popolo di Israele che vive l’esodo dall’Egitto collega il dono della “manna dal cielo” (Es 16,1-36) con il segno che Gesù sta per compiere. L’immagine che fa da sfondo alla moltiplicazione dei pani è il deserto, luogo di solitudine, di radicalità e di prova. Il deserto ricorda la condizione di bisogno della gente e allo stesso tempo spinge Gesù e i suoi discepoli alla domanda sulle necessità del popolo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” (Gv 6,5). Nella desolazione di un luogo senza vita, il Signore mette alla prova i suoi discepoli e li invita a riflettere su come pensano di venire incontro alle necessità delle folle. Filippo risponde a Gesù: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo” (Gv 6,7). Ciò che è umanamente impossibile, Dio lo rende possibile con la sua provvidenza misericordiosa.

Cinque pani d’orzo

La generosità di un ragazzo che offre il proprio pane trasforma il deserto delle folle in un luogo di condivisione, rendendo il suo dono un “segno profetico”. Andrea, fratello di Simon Pietro, disse a Gesù: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?” (Gv 6,8-9). L’evangelista Giovanni è l’unico a evidenziare la generosità di un giovane, che richiama la straordinaria disponibilità di tanti altri ragazzi a servire chi ha bisogno. Pur sapendo che la sua offerta non è risolutiva della situazione, il pane d’orzo di quel ragazzo (cf. 2Re 4,42-44) diventa il gesto di amore che fa unità, offerta di amore gradita a Dio per la vita della comunità. Siamo vicini alla Pasqua e Gesù fa sedere la folla a gruppi e tale gesto richiama la tradizione antica dell’esodo, che prevedeva il rito della cena pasquale condiviso in gruppi familiari (Es 12,3-4). Il segno del pane unisce un popolo che sa condividere il cammino: Gesù moltiplica il frutto della generosità del giovane “per le folle”. Egli “prese i pani e dopo aver reso grazie li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece per i pesci” (6,11). Dall’indigenza all’abbondanza, dalla solitudine alla comunione: il segno della moltiplicazione dei pani diventa simbolo di un nuovo esodo, che schiude il cuore alla speranza.

Nulla vada perduto

Tutti hanno mangiato il pane e il pesce, condividendo la gioia della fraternità. È importante notare come Gesù chiede ai suoi discepoli di “raccogliere i pezzi avanzati perché nulla vada perduto” (Gv 6,12). Il dono del pane di vita genera l’unità tra Dio e il suo popolo. Questa unità non dovrà mai essere minacciata da contese e divisioni. Nel gesto del raccogliere i pezzi avanzati, i discepoli devono prendere coscienza della responsabilità di non “perdere nessuno” (cf. Gv 17,12), imparando a servire con gratuità e passione l’intera comunità e soprattutto gli ultimi. Il valore teologico e spirituale dell’unità ha come sorgente la comunione con il corpo e il sangue di Cristo, il quale “non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10,45).

Il dono della vita

Il segno dell’Eucaristia, significato nel racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci, si collega con la preghiera solitaria di Gesù ritirato sul monte (Gv 6,15). Il valore della preghiera di Cristo indica l’importanza del discernimento spirituale che ha come centro il progetto del Padre. Dio non abbandona il suo popolo e non lascia i credenti in balia del mare agitato. Dalla solitudine della montagna Gesù scende sulle acque del lago per rivelare la sua signoria cosmica (6,19-20). Il pane condiviso deve dare la forza ai discepoli per saper affrontare le avversità della vita e della missione. Con la presenza di Gesù nella barca i discepoli raggiungono subito la riva (6,21). Segue il lungo discorso tenuto nella sinagoga di Cafarnao, che illumina il valore teologico e spirituale del segno del pane. Il miracolo compiuto nel deserto implica per tutti i presenti un processo di fede, un’apertura al mistero di Gesù Cristo “pane di vita” (Gv 6,48). Le parole, le guarigioni, i segni di speranza devono condurre il cuore dei credenti ad accogliere il dono della vita e a declinarla nel servizio verso il prossimo.

Credere per vedere

Nell’economia del racconto giovanneo il confronto dialettico con il gruppo antagonista dei “Giudei” (Gv 6,41-42.52) serve a illuminare l’eccellenza del mistero eucaristico. Una fede basata sui segni è insufficiente, anche per i discepoli di Gesù (6,66-69). Essi sono invitati a fidarsi della sua Parola di salvezza. Incontrare Dio significa partecipare al suo dono di amore, espresso nell’affermazione: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (6,51). A quanti si aprono con docilità al dono del “pane”, il Signore offre la comunione di amore che fa della Chiesa “un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32).

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