Potremmo chiamarlo il metodo Remuzzi. Parliamo del noto e stimato professor Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, che insieme al suo team di ricercatori ha realizzato uno studio, dai risultati sorprendenti, sul potenziale degli antinfiammatori nella cura domiciliare dei pazienti di Covid-19. Un algoritmo di terapia domiciliare per prevenire l’ospedalizzazione dei pazienti affetti da Coronavirus. Soprattutto nei momenti in cui l’attenzione è principalmente sul contenimento dell’epidemia e sul dare sollievo agli ospedali che affrontano con le richieste senza precedenti fatte alla loro forza lavoro per la cura dei pazienti. Parliamo del lavoro retrospettivo, anticipato sul sito MedRxiv, in attesa di essere pubblicato ufficialmente su una rivista scientifica.
“In questo momento – ci dice il direttore Giuseppe Remuzzi – è fondamentale fornire raccomandazioni ai medici di base, specialmente quelli che esercitano in ambienti con scarse risorse, sul trattamento dei pazienti nella fase iniziale del Covid-19 con sintomi iniziali lievi a casa. Queste misure possono applicarsi a condizioni che vanno oltre la fisiopatologia approfondita della malattia”.
Ma come si è arrivati a questa scoperta? “A dare il là – svela il direttore dell’Istituto di Ricerche Farmaco-logiche Mario Negri – è stata l’intuizione del primario di Malattie Infettive del nostro ospedale, il professore Fredy Suter, e da un gruppo di medici che hanno lavorato con lui e con noi. Fin dall’inizio avevano l’idea che la malattia di Covid-19 si potesse curare a casa nelle fasi molto precoci, fin dai primi sintomi, senza aspettare il tampone, semplicemente come si cura qualunque infezione delle alte vie respiratorie e cioè con degli antinfiammatori.
Ovviamente non si tratta di una cura fai da te…
Assolutamente no. Occorre che il medico visiti il paziente o comunque lo segua. La terapia, infatti, si modifica nel corso dei giorni in base all’evoluzione della malattia.
In cosa consiste lo studio?
Diciamo intanto che trattandosi di uno studio retrospettivo vanno considerati anche eventuali limiti. In pratica abbiamo valutato i pazienti che erano stati trattati con antinfiammatori ai primi sintomi, che avevamo selezionato per essere identici a un altro gruppo che abbiamo trattato con sistema tradizionale, cioè con vigile attesa e tachipirina.
Cosa prevede la cura?
L’utilizzo di medicinali antinfiammatori, in particolare il Celecoxib, che non è steroideo. In tutta la letteratura internazionale si evidenzia la capacità di inibire una serie di mediatori dell’infiammazione. In altre parole eravamo certi della sua efficacia per evitare l’iperinfiammazione da una parte e la conseguente attivazione del sistema immunologico. E poi Nimesulide, che ha le stesse proprietà. Come già detto sottolineo nuovamente che i farmaci in questione devono essere assunti dietro controllo medico. In alternativa utilizziamo l’aspirina e questo per i primi 6/8 giorni. Questa somministrazione avviene in fase precoce, alla comparsa dei primi sintomi. Successivamente, dopo 8/10 giorni, si fanno alcuni esami in laboratorio. Se si evidenziano segni di eccessiva infiammazione si somministra il cortisone, mai prima però di 8 giorni, e poi eventualmente eparina nel caso ci siano segni di attivazione della coagulazione.
Quali risultati avete ottenuto?
Estremamente positivi. Si è avuta una riduzione del 90% dei giorni di ospedalizzazione e dei costi. Due sole ospedalizzazioni su 90 pazienti trattati. Naturalmente ogni medico è giusto che parta da quello che ritiene opportuno rispetto al paziente che ha davanti. Il nostro sarà uno dei tanti studi a cui può riferirsi. Questa terapia, però, ha bisogno di un intervento precoce.
Quindi nessuna “vigile attesa”…
Esattamente. In generale non sono d’accordo perché il virus si moltiplica moltissimo nei primi 6 giorni dall’inizio dei sintomi. Poi la moltiplicazione diminuisce e subentrano altre cose.
Che dire, invece dei “famosi” anticorpi monoclonali?
Anch’essi funzionano se vengono somministrati entro 10 giorni dall’inizio della malattia, altrimenti non servono.