IL GIUBILEO COSTERÀ oltre cinque miliardi di euro

Dal prossimo 8 dicembre, solennità dell’Immacolata concezione, al 20 novembre del 2016, solennità di Cristo Re, si celebra il Giubileo, detto anche Anno Santo perché ha come obiettivo la santità di vita degli uomini. È stato indetto da papa Francesco con la Bolla Misericordiae vultus del 12 aprile scorso ed è dedicato alla misericordia. Un avvenimento spirituale di enorme importanza e un’occasione economica che in molti non si lasceranno sfuggire.

Diciamo subito che chi volesse avere certezza sul primo Giubileo si troverebbe di fronte diverse ipotesi: c’è chi lo fa risalire a Bonifacio VIII, con la Bolla Antiquorum habet fida relatio del 22 febbraio 1300 (anno che, all’epoca, era computato ancora 1299), chi a Sisto V, nel 1585; ma l’antesignano in assoluto – e su questo sembra non vi siano dubbi – fu Celestino V con la Bolla del Per-dono emanata in occasione della sua ascesa al soglio pontificio, nell’agosto del 1294, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio dell’Aquila.

Giubileo deriva dal latino Jubilaeum, a sua volta derivante da tre parole ebraiche: jobel (ariete), jobil (richiamo), jobal (remissione); un corno di ariete veniva suonato per annunciare l’inizio del periodo. La tradizione ebraica prevedeva che ogni 50 anni la terra riposasse per un anno in modo da renderla più forte e fertile per le coltivazioni successive; nell’occasione venivano anche restituite le terre confiscate e liberati gli schiavi. Nel Libro del Levitico (25,8-55; 27,16-25) si legge: “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione del paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un Giubileo, ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Non farete né semina né mietitura in quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate”.

Il Giubileo può essere “ordinario”, quando è legato a scadenze fisse (all’inizio erano cento anni, poi diventati 25 per consentire a ogni generazione di viverne almeno uno) e “straordinario”, indetto per particolari avvenimenti, come quello proclamato da papa Francesco. L’ultimo fu indetto nel 2000 da Giovanni Paolo II per celebrare il bimillenario dell’incarnazione di Gesù.

L’inizio delle celebrazioni avviene con l’apertura della porta murata della basilica di san Pietro; il papa picchia per tre volte con un martello d’argento cantando in latino “Aprite le porte della giustizia”; dopo di lui picchia la porta per due volte un cardinale e quindi la porta viene aperta. Il papa passa per primo tenendo nella destra una croce e nella sinistra una candela accesa. La stessa cerimonia viene compiuta il giorno dopo da cardinali nelle altre tre basiliche di Roma (San Giovanni in Latera-no, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le mura).

Per un anno vi saranno iniziative religiose improntate alla riflessione e alla preghiera. Un periodo che dovrà servire per “coltivare l’anima”. Ma quando il 13 marzo scorso papa Francesco annunciò questo Giubileo, non esultò solo chi ha a cuore le sorti dell’anima: salti di gioia furono compiuti – e continuano a farli – coloro che vedono in questo appuntamento una possibilità per fare soldi. Secondo alcune stime Roma sarà invasa da 25 milioni di persone (il 30 per cento dall’estero): fate un po’ di conti e vedete che fiume di miliardi strariperà sulla capitale (a fronte dei 5 miliardi di spese previste, secondo la Coldiretti). Prolificheranno i venditori ambulanti, aumenteranno i prezzi in molti punti di ristorazione e alberghi, alberghetti e via dicendo. Tutto a spese dei fedeli e a beneficio di chi forse non si recherà neppure una volta in chiesa, alla faccia della sobrietà che tanto invoca papa Bergoglio. Non osiamo pensare alla vivibilità della capitale: chissà quanti ingorghi, ritardi, disservizi. Ci sarà una calca abissale, e questo non rappresenta una novità per il Giubileo. Già ai tempi di Dante l’afflusso di pellegrini era tale da indurre il sommo poeta a parlarne nell’Inferno (XVIII, 28-33): “come i Roman per l’esercito molto / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ’l castello e vanno a Santo Pietro / da l’altra sponda vanno verso ’l monte”. Praticamente, c’era il doppio senso di circolazione pedestre sul ponte di fronte a Castel Sant’Angelo.

Ce la faranno Roma e l’Italia a non finire all’inferno? Più che le minacce dei terroristi – da prendere sempre sul serio – fanno paura, perché difficilmente contrastabili, i malcostumi che in queste circostanze si amplificano, come, ad esempio, le zuffe con tanto di scimitarra tra tassisti per accaparrarsi le corse più remunerative (e che prezzi faranno per le corse?), o i disservizi negli aeroporti, tanto per dirne qualcuna. Dovrebbe essere davvero un anno di meditazione ed educazione e, magari, anche di incremento occupazionale, come avvenne nel duemila, quando si registrò un +1% rispetto all’anno precedente. Male che vada, sotto il profilo… civile, potremo consolarci parzialmente con un film fresco fresco, che uscirà nelle sale proprio in quei giorni. Come si intitola? Chiamatemi Francesco, diretto da Daniele Luchetti con Rodrigo De la Serna e Sergio Hernandez prodotto insieme a Pietro Valsecchi. Parla, manco a dirlo, della vita del papa.