IL DRAMMA DEI BAMBINI

Commosse il mondo l’immagine di Aylan, il piccolo curdo senza vita sulla battigia di un’isola greca, annegato agli inizi dello scorso settembre con il fratellino e la madre in fuga dalla guerra e dalla violenza. Ma da allora a oggi sono quasi cento gli innocenti che, sulle sponde del Mediterraneo, hanno subìto la stessa sorte, suscitando una meno enfatica emozione, come se si facesse l’abitudine al tragico spettacolo. La falciatura dei bambini come conseguenza della follia dei conflitti è un dramma nel dramma, e si aggiunge alle molteplici cause di sofferenze dei “minori”.

Sono quasi un terzo della popolazione mondiale, due miliardi e duecento milioni, costituiscono la speranza dell’umanità, ma questa pare interessarsene poco se si deve dar retta ai documenti delle organizzazioni umanitarie. A non voler rammentare i 44 milioni di aborti l’anno (anch’essi sacrificati all’umano egoismo), ogni giorno muoiono 1400 bambini in età infantile: sei milioni e mezzo di vittime all’ anno per malattie che potrebbero essere curate. Inoltre uno su sei (duecento milioni di malnutriti) soffre di “deficit di sviluppo”, cioè cresce male e, a livello mondiale, il rapporto sale a uno su tre nei paesi poveri. Papa Francesco, nel Natale del 2014, aveva ricordato “quei bambini sfollati a motivo delle guerre e delle persecuzioni, abusati e sfruttati sotto i nostri occhi e il nostro silenzio complice; e i bambini massacrati sotto i bombardamenti”.

Nei giorni in cui abbiamo ricordato la Natività, la festa per eccellenza delle famiglie e dei piccoli in particolare (la chiesa, all’Epifania, celebra la Giornata della santa infanzia e quella missionaria dei ragazzi), avremo giustamente indirizzato le preghiere, e accanto a esse gesti concreti, a favore delle innocenti vittime dei disastri che l’uomo è capace di scatenare. Ricordando per esempio i ragazzini soli sbarcati in Italia, oltre 14mila nel 2014, 10mila nel 2015, e di 3700 di loro si sono perse le tracce: probabilmente nelle grinfie di criminali che li avviano alla mendicità, alla prostituzione, allo spaccio di droga, alla delinquenza, nel migliore dei casi al lavoro nero sottopagato.

E ancora: i 150 milioni di bambini e adolescenti nel mondo costretti a lavorare per salari di fame, i venti milioni accertati (ma sono certamente molte di più) di ragazze minorenni avviate alla prostituzione, i 57 milioni senza istruzione, i 230 milioni di “invisibili”, non dichiarati all’anagrafe (è un fenomeno che non  risparmia l’Italia) e perciò senza identità, condannati all’ analfabetismo e privi di ogni tutela. A essi va aggiunto il caso dei 250mila bambini-soldato – un fenomeno diffuso specialmente in Africa -, in genere rapiti alle famiglie e indirizzati alla violenza e all’omicidio, assieme ai duemila “ragazzi di strada”, per lo più poveri e di pelle nera, che la polizia brasiliana ha assassinato, nell’indifferenza delle autorità, per “ripulire” le città in vista delle Olimpiadi  previste per quest’anno in Brasile. Si calcola che, in tutto il mondo, dall’inizio del secolo siano stati uccisi 250 mila minorenni.

Le prospettive non sembrano rosee, specialmente nel Medio Oriente devastato dai conflitti e in cui si stanno perdendo molte certezze, per esempio quelle relative ai 700mila bambini siriani che non vanno più a scuola, tra migrazioni forzate, distruzioni di aule (8500) e fuga degli insegnanti (52mila). Si dovrà aggiungere la devastazione ambientale di vaste aree che concorre alla disgregazione sociale e familiare e innalza i tassi di criminalità. Non ci si può cullare su illusioni liriche: se non si recupera il rispetto dell’infanzia, il mondo va incontro a un oscuro avvenire.

L'ECO di San Gabriele
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