IL DOVERE MISSIONARIO DEL POPOLO DI DIO

cinquant'anni di concilio
By Carlo Ghidelli
Pubblicato il 3 Ottobre 2016

Tutti i fedeli, come membra di Cristo vivente, a cui sono stati incorporati e assimilati mediante il battesimo, la confermazione e l’eucaristia, hanno l’obbligo di cooperare alla espansione e alla dilatazione del suo corpo, per portarlo il più presto possibile alla pienezza (n.36).

Qui viene richiamato il pensiero dell’apostolo Paolo, il quale nella sua lettera ai cristiani di Efeso interpreta la sua azione missionaria come una collaborazione a edificare il corpo di Cri-sto, cioè la chiesa (vedi anche Col 1,18).

  1. Responsabili di fronte al mondo

Tutti i figli della chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono  coltivare in  se stessi uno spirito veramente cattolico, devono spendere le loro forze nell’opera della evangelizzazione.

Con queste parole i padri conciliari affermano in modo inequivocabile una cosa: l’essere cattolici non significa solo appartenere a una delle confessioni cristiane oggi esistenti, ma significa essere universalmente aperti a tutti. Bando perciò a ogni forma di campanilismo e ricordiamo che l’essere cattolico non significa avere un distintivo di riconoscimento, quanto piuttosto educarsi a quello spirito che ci mette in sintonia con ogni uomo di buona volontà.

Dobbiamo soppesare questa espressione che a me pare molto significativa: viva coscienza della propria responsabilità. Penso di poter dire che siamo ancora molto lontani dall’aver acquisito, a livello di base, questa coscienza. Non ci rimane altro che rimboccarci le maniche per mettere in atto iniziative atte a formare i fedeli laici alla vera cattolicità.

  1. Il primo e principale dovere

 Ma tutti sappiano che il primo e principale dovere, in ordine alla diffusione della fede, è quello di vivere una vita profondamente cristiana. Siamo sollecitati a stabilire una gerarchia dei valori o, se si preferisce, un ordine dentro i nostri impegni e doveri.

Forse ci saremmo aspettati che i padri conciliari ci spronassero ad aiutare le missioni anche materialmente; essi invece ci ricordano che il primo e principale dovere in ordine alla diffusione della fede consiste nella pratica di una vita cristiana fortemente ispirata al vangelo. Come potremmo parlare di Gesù ad altri se non ne avessimo sperimentato la dolcezza e la misericordia? Come possiamo indicare ad altri la via della salvezza se non la percorriamo noi per primi?

Non possiamo dimenticare che santa Teresina di Lisieux è stata proclamata patrona delle missioni, lei che visse la sua vita rinchiusa in un monastero e non mise mai piede in terra di missione. Con la sua vita di preghiera e di sacrifici ella ha certamente vissuto da autentica missionaria. Sotto questo profilo ha anticipato l’insegnamento dei padri conciliari.

  1. Il grido di tanti popoli: Aiutaci!

 I padri conciliari qui fanno esplicito riferimento al racconto di Atti degli apostoli 16,9 dove si legge che nottetempo un macedone appare a Paolo, che sta pensando verso dove dirigere la sua missione, e gli dice: “Passa da noi in Macedonia e aiutaci”.

Una volta percepito questo grido, tutti e singoli i fedeli conoscano adeguatamente la condizione attuale della chiesa nel mondo di modo che sentendo come cosa propria l’attività missionaria, aprano il cuore di fronte alle necessità tanto vaste e profonde degli uomini, e possano venir loro in aiuto.

Si tratta dunque in primo luogo di entrare in sintonia con l’ansia missionaria della chiesa: si tratta concretamente di sentire compassione per tutti coloro che nelle varie parti del mondo soffrono diversi mali, soprattutto soffrono perché non conoscono ancora Gesù.

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