IL DOVERE MISSIONARIO DEI VESCOVI E DEI PRETI

By Carlo Ghidelli
Pubblicato il 1 Novembre 2016

Tutti i vescovi, in quanto membri del corpo episcopale che succede al collegio apostolico, sono stati consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo. Il comando di Cristo di predicare il vangelo ad ogni creatura riguarda anzitutto e immediatamente loro, con Pietro e sotto Pietro.

Modestamente, mi pare di poter dire che questa consapevolezza non agisce in modo forte e decisivo sulla coscienza dei singoli vescovi che, in genere, si dimostrano solleciti quasi solo della diocesi affidata alle loro cure pastorali e non mostrano fattivamente di pensare e di agire a favore di tutte le chiese sparse per il mondo.

 Comunione e cooperazione tra le chiese

Da qui deriva quella comunione e cooperazione delle chiese che oggi è così necessaria per continuare l’opera di evangelizzazione. Questo esplicito riferimento all’oggi necessita certamente di essere aggiornato; ma possiamo dire con sicurezza che la situazione non è cambiata in meglio. Vi sono ancora molte cose da pensare e da fare per poter dire di aver realizzato ciò che i padri conciliari ci hanno raccomandato.

Che cosa esattamente? Anzitutto una più esatta conoscenza del dettato conciliare: non solo quello relativo alla missione della chiesa, ma anche, e ancor prima, quello relativo alla vera natura della chiesa. Penso che prima di scegliere un vescovo tra i presbiteri ci si dovrebbe accertare circa la sua conoscenza dei documenti conciliari e soprattutto circa la sua piena accoglienza dello spirito e della lettera del Vaticano II.

In secondo luogo, a mio modesto avviso, urge che ogni singolo vescovo segua con prontezza e gioia l’esempio di papa Francesco che dimostra di essere un missionario autentico ogni volta che si apre alle necessità dei popoli e si dimostra sollecito per il bene di tutti, soprattutto dei più poveri tra i poveri.

Il vescovo icona della sua chiesa

 Precisando il loro pensiero e caricandolo, a mio avviso di una nuova dimensione, i padri conciliari affermano: “Suscitando, promovendo e dirigendo l’opera missionaria nella sua diocesi, con la quale forma una cosa sola, il vescovo rende presente e come visibile lo spirito e l’ardore missionario del popolo di Dio, sicché tutta la diocesi si fa missionaria”.

Ecco il senso esatto della espressione “il vescovo icona della sua chiesa”. Egli lo è anzitutto perché con l’ordinazione episcopale è diventato membro di un collegio che succede a quello apostolico: per questo motivo, in  forza del sacramento ricevuto, egli è stato consegnato alla chiesa universale e, su mandato del vescovo di Roma, inviato a una chiesa particolare.

Per tutti questi motivi il vescovo diocesano non solo diventa icona di Cristo il buon pastore, disposto a dare la vita per amore del suo gregge, ma anche icona del suo popolo; e, al dire dei padri conciliari, lo diventa sempre più nella misura in cui riesce a interpretare e a tradurre in scelte operative “lo spirito e l’ardore missionario del suo popolo”.

 I preti animati dall’ansia missionaria

 I presbiteri siano profondamente convinti che la loro vita è stata consacrata al servizio delle missioni.

A questo proposito mi sento in dovere di riferire anche una pagina della Presbytero-rum ordinis, sulla vita e il ministero dei presbiteri, dove si legge: “Ricordino quindi i presbiteri che a loro incombe la sollecitudine di tutte le chiese” (n.10). Personalmente ritengo – e ho avuto modo di verificarlo più volte – che pochi preti anche oggi, a distanza di cinquanta anni dalla conclusione del Vaticano II, abbiano preso coscienza di questa verità.

Forse qualcuno ritiene che, sotto la penna di Paolo (vedi 2Cor 11,28), l’espressione sollicitudo omnium ecclesiarum sia da riferire solo ai vescovi in quanto successori degli apostoli. Ebbene, i padri conciliari ci dicono invece che essa va riferita anche al ministero di ogni singolo presbitero.

 

Una sorella missionaria

Il Signore mi ha fatto la grazia di avere una sorella missionaria, io ero appena entrato in seminario ed essa scelse l’istituto delle suore della Consolata, fondato dal canonico Giuseppe Allamano di Torino, per dedicarsi alle missioni. Sono certo, lei avrebbe desiderato di essere mandata in Africa; invece il suo campo di missione fu l’America del nord, dove rimase per ventisette anni dedicandosi soprattutto all’educazione dei figli delle famiglie provenienti dall’Africa.

 Parole di papa Francesco

È importante non dimenticare mai un principio fondamentale per ogni evangelizzatore: non si può annunciare Cristo senza la chiesa. Evangelizzare non è mai un atto isolato, individuale, privato, ma sempre ecclesiale.

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