IL DISCPOLO E LA CROCE

By Gabriele Cingolani
Pubblicato il 2 Febbraio 2023

L’evangelista Marco ci aiuta a trovare una spiegazione alle nostre difficoltà di accettare la croce. Non riusciamo a adattarci al dolore, ai problemi dei nostri rapporti, all’ingiustizia, alla morte. Per quanto possiamo essere cristianamente ben formati e aver capito che non si può seguire Gesù senza portare la nostra croce, per quanto convinti che la croce non è un castigo di Dio ma l’aspetto inevitabile dell’essere creature ferite dal peccato, quando la croce arriva è sempre inaspettata e sempre ci chiediamo perché, talvolta anche con ribellione e arroganza. Perciò le tinte forti usate da Marco nel descrivere l’impreparazione dei discepoli dinanzi alla passione ci confortano nel prendere atto della nostra perenne impreparazione dinanzi alla stessa prospettiva.

La sequela è difficile. Parte dalla chiamata rivolta da Gesù come sua libera scelta. Anche la risposta è libera, ma la motivazione è confusa. Deve essere purificata e messa a punto dal processo di conversione, che implica un continuo liberarsi dalle tentazioni del potere, del torpore, della fuga, del rinnegamento e del tradimento.

L’impostazione di vita che Gesù attua ed esige non va giù ai discepoli. Gesù parla di dare la vita, morire per il Vangelo, prendere la croce, essere ultimi e servi di tutti. Essi discutono su chi è il più grande e continuano ad aspettare il momento in cui il Maestro si deciderà ad impiantare il regno terreno.

L’idea della croce non entra nel loro cervello. È come voler immettere un file nel computer senza il programma corrispondente. Quando la croce arriva provoca il collasso degli ideali infranti. Come un incidente mortale. Non riescono a capire come sia possibile.

Il disperdersi del gruppo, il rinnegamento di Pietro e persino la disperazione di Giuda potrebbero spiegarsi non tanto come un rifiuto pari a quello degli avversari, ma come l’impossibilità a riconoscere l’amato Maestro nell’uomo ridotto a quel modo. Anche tu eri uno dei suoi! Ma no. Quello non può essere il Gesù che io ho seguito e ho persino riconosciuto come Dio. Un Dio con la croce è fuori dalla portata dell’intelletto umano. E la fede era ancora fragile.

Anche in Marco la sequela finisce bene. I discepoli sono riconvocati e ricostituiti dal Risorto in Galilea. Perdonati e purificati. La passione li ha preparati a ricevere il dono trasformante della fede. Non si riconoscono più. Hanno capito molte cose che la comunità di Gesù non può dimenticare.

Eccone alcune: La croce prende sempre alla sprovvista. Non si può mai dare per garantito d’essere preparati. La conversione è un processo che non finisce mai. Ci sono sempre falsi valori che si appiccicano addosso e tentazioni che non ti mollano mai, sempre contro la croce.

La comunità dei discepoli di Gesù deve essere una comunità umile, perché ha sperimentato che se confida solo su se stessa colleziona fallimenti. Ogni trionfalismo o rivendicazione di successi storici in termini di numeri e di potenza è un affronto alla croce, la cui vittoria è solo quella dell’amore che dà la vita. Gloriarsi della croce di Cristo non significa sventolarla come una bandiera nelle sfilate, o ridurla a una ideologia invece che esperienza di vita, ma invocarla umilmente come dono, sforzarsi di non rifiutarla mai, consapevoli che una distanza incolmabile ci separa sempre da essa. Tutto ciò che non è amore che si dona è un affronto alla croce di Gesù.

Soprattutto essere consapevoli della croce dell’umanità e della creazione. Il dolore è il momento più intimo dell’essere umano, in cui può accadere la realizzazione o lo smarrimento della sua identità profonda. Ognuno può aver bisogno, e ognuno deve far dono di vicinanza, rispetto, comprensione, tenerezza, amore, con la parola o il silenzio o il sollievo materiale, sempre con la preghiera. E capire anche il dolore del mondo animale e della natura intera.

Il discepolo è sempre lontano pur essendo sempre in cammino. Perciò deve essere capace di riconciliazione e di lasciare spazio a chiunque possa essere attratto dalla croce.

Comments are closed.