IL CUORE ERA RIMASTO LÌ

Nel registro dove padre Valentino Lucarelli segnava l’avvenuta celebrazione della messa, al suo nome aggiungeva amaramente: “Celebravi in dispersione”, ho celebrato in esilio. Nell’esilio colmo di nostalgia per il luogo da cui era stato scacciato, Valentino visse gli ultimi sette anni della sua vita esemplare e operosa. Il luogo rimpianto, era il conventino di Isola del Gran Sasso: qui era vissuto insieme a Gabriele e qui aveva visto il giovane santo scendere nella tomba. La sua angoscia l’aveva espressa anche poeticamente in versi brevi ma significativi che trasudano profonda amarezza per vivere lontano da Isola e struggente nostalgia di ritornare in quella “prediletta e benedetta solitudine”.

Valentino era nato a Sora (Frosinone) il 21 febbraio 1805. Entrato nel noviziato di Paliano a 17 anni, veste l’abito passionista il 2 luglio 1822 e professa i voti religiosi il 4 luglio dell’anno seguente. In preparazione al sacerdozio, studia a Ceccano (Frosinone) e nella casa generalizia dei Santi Giovanni e Paolo, a Roma. Dopo l’ordinazione sacerdotale ricevuta nella basilica di San Giovanni in Laterano il 22 dicembre 1827 e terminato il corso di sacra eloquenza, inizia l’apostolato missionario e il lungo servizio alla congregazione. Ha buone doti oratorie e una eccellente preparazione culturale; divorato dallo zelo per la salvezza delle anime, non trascura nessun sacrifico per l’annunzio del vangelo. Le cronache del tempo lo dicono uno dei migliori predicatori in circolazione. Risulta difficile seguirlo nelle numerose predicazioni e nei suoi non meno numerosi spostamenti nelle comunità del Lazio e della Toscana, delle Marche, dell’Umbria e dell’Abruzzo dove lo destinano i superiori che lo trovano sempre pronto e lieto nell’accettare le loro decisioni.

Non meno importante il servizio che Valentino svolge per oltre un ventennio come superiore delle comunità, riscuotendo stima e fiducia di superiori e confratelli. Valentino, dicono le memorie, è un “superiore soave e amabile per la sua rara semplicità non disgiunta da necessaria prudenza, per la sua profondissima umiltà accompagnata dalla dovuta fermezza. È un ottimo religioso, animato dall’autentico spirito della congregazione”.

Superiore a Pievetorina (Macerata, 1857-1860) e a Isola del Gran Sasso (1860-1866), Valentino vive insieme a Gabriele conoscendone da vicino e ammirandone la santità. Lo assiste durante la malattia, gli amministra il viatico, gli è vicino nel momento della morte il 27 febbraio 1862. Ne scrive subito una breve ma meravigliosa necrologia dalla quale attingeranno i futuri biografi del santo. “La sua vita, dice tra l’altro, fu un avanzamento mai interrotto nella perfezione; non rallentò mai. La sua vita può dirsi un tessuto di tutte le virtù, da non sapersi dire quale di esse gli mancasse. La sua virtù caratteristica era la devozione fervida a Maria addolorata”. Anche in seguito nelle periodiche esortazioni alla comunità, inviterà i religiosi a imitare il giovane Gabriele.

Nel 1866 le autorità del nascente regno d’Italia sopprimono le corporazioni religiose anche in Abruzzo. I 24 passionisti di Isola subiscono ogni sopruso, devono abbandonare il convento in pochissimo tempo e sono condannati a un doloroso esilio. Ci sarà anche un tentativo di separarli, ma davanti al prefetto di Teramo essi dicono decisamente in coro: “Noi andremo tutti dove andrà il nostro superiore, dal quale non intendiamo separarci; voi potrete separarci solo con la forza”. Valentino, come superiore, chiede con fermezza allo stesso prefetto denaro e salvacondotto per il viaggio dei suoi confratelli. Ottenuto quanto chiesto, li guida fino Manduria (Taranto); sarà lui a sostenerli paternamente vigile e protettivo esortandoli a trasformare il grande dolore in offerta al Signore per l’avvento di giorni migliori.

Negli ultimi anni va incontro a molte malattie che progressivamente ne riducono l’attività fino a costringerlo immobile a letto e quasi privo della vista. L’esemplare religioso muore esule Manduria il 7 dicembre 1873. Non era riuscito a tornare a quella “prediletta e benedetta solitudine” del conventino di Isola. Non vi era tornato fisicamente. Ma il cuore era restato sempre lì. Non si era mai allontanato dal conventino nascosto tra le querce all’ombra del Gran Sasso e dalla tomba dove riposava il giovane Gabriele. (8)