Fin da piccolo Gabriele è da tutti ammirato per il suo cuore sensibilissimo e la sua generosità verso i poveri e i sofferenti. La sorella Teresa ricorda: “Accoglieva i poveri con grande carità, dando ad essi il pane anche a rischio di non averne poi per sé”. E il fratello Enrico, sacerdote, dice: “In famiglia voleva che tutto fosse aperto loro, per essi erano i suoi piccoli risparmi e si privava della sua colazione”. E l’altro fratello sacerdote, padre Luigi, afferma: “Era amorosissimo verso i poverelli”.
Questo atteggiamento era noto non solo in famiglia. Scrive Paolo Bonaccia, suo compagno di studi: “Dagli anni più teneri si scorse in lui un cuore compassionevole verso i poverelli. Se tornando dalla scuola avesse visto qualche bisognoso, appena metteva piede nella casa paterna volava dalla governante per domandarle del pane a favore dei bisognosi”. Se la governante era poco generosa, lui sapeva come convincerla: “Anche il babbo, diceva, vuole che si dia ai poveri”. Spesso per le vie di Spoleto incontra qualche mendicante. Un rapido sguardo e un palpito di commozione gli morde l’anima. Un gesto veloce, ormai abituale per lui: il povero si ritrova con le mani piene e Gabriele va via con le tasche vuote e senza il panino, ma con la gioia che gli benedice la giornata.
Figlio del governatore della città, Gabriele ha tutto quello che può desiderare. Ma a 18 anni improvvisamente decide di entrare in convento e vivere da povero. L’unica sua ricchezza sarà Dio: in Dio trova tutto e in tutti vede Dio. Scopre ancora più chiaramente il volto di Gesù nei poveri e nei sofferenti. Cresce il suo amore verso di loro. A mensa il direttore deve vigilare attentamente perché Gabriele vorrebbe lasciare tutto per i poveri che bussano alla porta del convento. Essi, dice, “sono degni dei migliori bocconi”, e vanno aiutati “con cuore grande”. Un giorno si ferma ad osservare un confratello che sta preparando il cibo per un povero che attende fiducioso in portineria. “Voglio vedere la tua generosità”, gli dice. E poi sembrandogli poco quanto preparato, aggiunge: “Poveretto, non gli arriva neppure allo stomaco”.
Nelle lettere la preghiera di soccorrere i bisognosi è un ritornello abituale. “Papà mio, liberalità con i poverelli. L’elemosina non ha impoverito mai nessuno; anzi la benedizione dei poveri farà scendere su tutta la famiglia la benedizione del cielo. Una delle nostre maggiori consolazioni nel punto di morte, sarà il non aver licenziato mai alcun povero senza soccorso”.
Gabriele, benestante per nascita, divenuto povero per amore di Cristo, vuole che si veda e si serva Cristo nel sofferente. Lui, Gabriele, è un povero al quale la Provvidenza per mano dei buoni non fa mancare niente, anzi dona più del necessario. “Giustizia dunque vuole, dice al papà, che voi diate ai figli di Gesù Cristo ciò che Gesù Cristo dà a un figlio vostro”.
Gabriele soffre anche per i poveri di pace, serenità e speranza. Uscendo a passeggio non raramente incontra qualche infelice e lui è preso da compassione e tenerezza solo al vederlo. Con il permesso del direttore dice a tutti una buona parola, e li raccomanda alla Madonna. Una volta gli studenti incontrano un uomo amareggiato perché condannato ingiustamente al carcere. E non riescono a rasserenarlo: inutili i consigli, inefficaci le esortazioni, vano ogni tentativo. Il direttore alla fine si affida e lo affida a Gabriele stimato da tutti “il consolatore dei poverelli”. Gabriele lo accompagna per un tratto di strada parlando con lui. L’infelice si sente piovere dentro parole impastate di luce e poco dopo se ne va “tutto consolato, animato e contento”. Quando si separano, l’uomo saluta l’esile fraticello con gli occhi lucidi di pianto: sente che nel cuore è ricominciata a ruscellargli la speranza. La gioia e la serenità recuperate gli saranno dolce viatico per tutta la vita.
Con delicatezza estrema Gabriele pensa anche alle anime abbandonate del Purgatorio. Ottenuto il permesso dal direttore emette il voto di offrire in loro suffragio tutti i suoi meriti. Esorta gli altri a fare altrettanto. Qualche confratello gli chiede stupito: “Gabriele, ma per te chi ci pensa?”. Per me, risponde lui sereno, ci penserà la Madonna”.
Gabriele “consolatore dei poverelli”, continua anche oggi a confortare e assistere dal cielo quanti con il cuore in pena si affidano fiduciosi alla sua amorevole protezione. p.dieugenio@virgilio.it