Identificarsi nel mondo digitale
La proposta è stata avanzata dal Sottosegretario all’Innovazione Tecnologica Alessio Butti: spegnere lo SPID per accellerare sull’uso della nuova Carta di Identità elettronica (CIE). Naturalmente, come sempre, sono emerse posizioni contrastanti tra i sostenitori dell’una e dell’altra metodologia di autenticazione. Ma anciamo con ordine.
Era il 2016 quando il Governo, all’epoca guidato da Matteo Renzi, lancia il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) e la nuova Carta di Identità Elettronica (CIE).
Lo SPID è articolato in tre livelli di sicurezza, ma la maggior parte degli utenti non usa che i primi due. L’autenticazione in questo caso avviene con delle credenziali (nome utente e password, I Livello) e con un codice usa e getta (OTP, One Time Password) che viene inviato allo smartphone o alla mail dell’utente quando si cerca di effettuare un login (II Livello). Durante il periodo pandemico, lo SPID ha conosciuto un’impennata che lo ha portato a diffondersi ampiamente e attualmente sono circa 33 milioni gli italiani ad aver attivato una identità digitale (oltre 32 milioni invece, utilizzano una CIE).
La CIE funziona come una normale carta di credito: all’interno della tessera, infatti, è inserito un piccolo chip elettronico che permette, a smartphones dotati di tecnologia NFC (Near Field Communication, letteralmene: Comunicazione tra campi vicini) o altri lettori adatti, di leggere i contenuti dei dati identifiicativi al suo interno.
Le differenze fondamentali tra questi due metodi di autenticazione digtale, quindi, possono essere indicati nel fatto che l’autenticazione con la Carta di Identità Elettronica suppone il possesso della stessa, mentre l’autenticazione con SPID ne è svincolato; e nel fatto che lo SPID è articolato in vari livelli di autenticazione, ad ora non ancora disponibili con CIE.
Ecco perché nell’ultimo periodo, e al fine di rendere meno ostico il passaggio da SPID e CIE, si sta cercando di omologare le due tecnologie muovendo la CIE verso lo SPID anzitutto organizzando l’autenticazione della CIE su vari livelli e poi cercando di rendere questa autenticazione possibile a prescindere dalla disponibilità fisica del documento di identità.
Tra le obiezioni mosse all’autenticazione mediante CIE, infatti, le più frequenti riguardano la difficoltà di utilizzo da parte di anziani o comunque di non nativi digitali (l’uso dello SPID su alcuni siti, come ad esempio l’INPS, può essere delegato), e l’impossibilità ad effettuare l’accesso senza il documento di identificazione (ad esempio nei casi di smarrimento o furto, a cui andrebbero aggiunti i tempi di sostituzione del documento).
A ben vedere, però, la CIE presenta indubbi vantaggi rispetto allo SPID: intanto perché il rilascio sarebbe semplificato e garantito dal Ministero dell’Interno senza la mediazione di Poste Italiane, Aruba, Buffetti o altre società private a ciò abilitate dal Governo Renzi (che sono comunque soggetti terzi a cui affidiamo i nostri dati personali); poi perché, il chip elettronico è capace di contenere i dati biometrici dell’utente, e gli si potrebbero affidare – oltre all’impronta digitale come è fino ad ora – anche una scansione del volto o addirittura dell’iride. In tal modo si potrebbe permettere all’app CIE ID di autenticarci mediante i nostri dati biometrici.
I vantaggi sarebbero notevoli sia dal punto di vista della sicurezza, che della fruibilità: intanto perché -dopo la prima associazione della carta allo smartphone – sarebbe superata la necessità di avere con sé la CIE per i successivi accessi; poi perché un codice (anche OTP) che viaggia in rete può facilmente essere intercettato, ma nessuno potrà mai sostituire i nostri dati biometrici; infine perché anche un non nativo digitale potrebbe accedere alla sua CIE ID semplicemente guardando lo schermo o poggiando il dito sul lettore di impronta del suo dispositivo (lettori di impronta, volto e simili rappresentano ormai una realtà consolidata e diffusa).
Insomma, la nuova CIE merita la nostra fiducia e lo SPID potrebbe presto diventare obsoleto e perciò essere dismesso. Cosa occorre per arrivarci? Intanto bisognerebbe premere sull’accelleratore nella diffusione del nuovo documento di identificazione (32 milioni di utenti sono ancora pochi, su una popolazione di oltre 59 milioni), e poi una campagna di informazione mirata (penso alla Pubblicità Progresso) che illustri anche ai meno esperti come facilmente possa beneficiare di questa nuova tecnologia. Da ultimo il tempo tecnico per rendere ancora più performante ed efficace uno strumento, la Carta di Identità Elettronica ancora relativamente giovane e dal grande potenziale.