I QUATTRO PRINCIPI

Ecco come suonano: Il tempo è superiore allo spazio. L’unità prevale sul conflitto. La realtà è più importante dell’idea. Il tutto è superiore alla parte. Sono quattro linee di azione proposte da papa Francesco (Evangelii gaudium 217-237) per costruire un popolo in pace, giustizia e fraternità. Li chiama principi riguardanti tensioni bipolari che caratterizzano la società nella quale la chiesa svolge oggi la missione evangelizzatrice.

Si intuisce subito che valgono non solo per l’evangelizzazione, ma per ogni ambito di programmazione pastorale e aziendale e per ogni tipo di rapporti sociali. Servono per la gestione di tutte le imprese di questo magmatico tempo in cui ci tocca vivere, politica e economia, nazioni e famiglie. Sintetizzano contenuti di teologia, sociologia, psicologia, pastorale e buonsenso. Gli osservatori non vi hanno fatto ancora sufficiente attenzione, ma questi quattro principi sono la spiegazione logica e ovvia del ministero di papa Francesco, di ogni parola e ogni gesto, in sede e in giro per il mondo, ogni giorno e nei momenti tragici o solenni.

Il tempo è superiore allo spazio. Riguarda la tensione tra limite e pienezza. I nostri spazi operativi sono limitati. Non possiamo realizzare tutto quello che oggi appare necessario, né raccogliere tutti i frutti di quanto seminato. Il tempo continua anche dopo di noi. L’essenziale è mettere in moto processi, gettare semi, aprire spiragli. Spesso i governi cercano vantaggi immediati di consenso e di potere, danneggiando le future generazioni. La riforma della curia romana e della chiesa richiede tempo, ma intanto si possono fare passi irreversibili, come stroncare il carrierismo, scegliere vescovi e cardinali che “puzzano di pecore”, fare scelte di povertà denunciando il lusso e l’arrembaggio ai privilegi. Fare posto alla donna nella chiesa trova resistenze, come del resto nella società, ma intanto la si lasci parlare, scrivere, insegnare, se ne ascolti la voce, la si coinvolga nei servizi e nelle decisioni, e si ristudi la questione negli aspetti storico-teologici. Adottare la politica ignaziana di trarre il massimo dal minimo. In fondo la chiesa ha indole escatologica.

L’unità prevale sul conflitto. Viviamo tra diversità sempre più complesse, per cui è inevitabile trovarsi divisi in qualcosa. Il conflitto non può essere ignorato, ma va accettato e metabolizzato in vista di unità superiori, frutto non solo di compromesso politico, ma di integrazione delle diversità. È triste che politica e economia si scontrino per difendere i propri interessi, invece di essere uniti per il bene comune. Il conflitto, come la crisi, può generare dinamismi di crescita, mentre se non risolto può provocare scoraggiamento e disimpegno o degenerare in lotta distruttiva. A motivo di parziali conflitti, spesso si spezzano rapporti e progetti, vanificando i molti motivi che uniscono. Parlando ai religiosi, papa Francesco ha raccomandato di accarezzare i conflitti, o armonizzare le diversità, come egli sta dimostrando nei rapporti con l’episcopato mondiale e con le confessioni cristiane.

La realtà è più importante dell’idea. Riguarda la tensione tra pratica e teoria. È il principio più rivoluzionario per la nostra mentalità occidentale di matrice ellenistica, plasmata sui principi universali della metafisica, negli ultimi secoli manipolati dall’astrattismo illuministico. Non intende negare la validità dei principi razionali o delle norme generali, ma afferma che su di essi prevale l’urgenza del caso concreto, intuizione peraltro già espressa da Tommaso d’Aquino. I principi astratti possono essere elaborati e verificati nel tempo. La realtà accade e richiede soluzione immediata. Si può teorizzare sul problema dell’immigrazione e cercare consensi per risolverlo, ma adesso gli immigrati fuggono dalla fame e dalla violenza, affogano in mare, approdano nelle nazioni europee. Bisogna provvedere. Sono il Cristo che alcuni vogliono cacciare. Il matrimonio-sacramento è unico e indissolubile, ma intanto altre forme di convivenza accadono, presentano contenuti positivi, si devono cercare vie di integrazione, anche se la diversità delle situazioni non consentono per ora norme generali. Nella sequela del Signore l’ideale resta valido e bisogna tendervi, ma la realtà è il dolore, la ferita, la povertà, il limite, l’urgenza di uscire e l’emergenza dell’ospedale da campo. In molte occasioni papa Francesco lascia da parte i discorsi preparati e improvvisa a cuore aperto, perché la realtà che ha davanti è più importante delle idee che aveva pensate.

Il tutto è superiore alla parte. Evitando gli estremismi del localismo e dell’universalismo, bisogna spendersi nel particolare in cui si è impegnati senza dimenticare il tutto. Specialmente nella chiesa, dove il tutto è anche nella parte. Il parziale è importante, ma se si sgancia dal totale è destinato a perdersi. Spesso i problemi sono collegati, e la soluzione di uno può essere a svantaggio dell’altro. Per compiacere una parte si può danneggiare l’altra. Un’ecologia integrale non può preoccuparsi della pulizia ambientale e trascurare l’inquinamento nei contenuti formativi della scuola e della famiglia.

L’esemplificazione sui quattro principi è più ampia di quanto sia possibile dimostrare in questa sede. Per verificarne l’attuazione basta osservare sotto questa luce non solo gli scritti e i discorsi, ma ogni movimento di papa Francesco. Su di essi ha impostato un nuovo tipo di magistero, che è stato definito l’“enciclica dei gesti” (Avvenire, 16.6.16). Il ministero dei gesti oltre quello tradizionale della parola, soprattutto nella liturgia. Il suo modo di presentarsi, salutare, vestire, abitare, viaggiare, fare scelte, dare interviste, telefonare, twittare, scendere dalla papamobil per baciare e abbracciare, il chiodo fisso dei poveri e degli ultimi di cui sempre parla, che va a trovare e per i quali inventa iniziative.

Sono principi di buona ispirazione per tutti, sia nei servizi in cui siamo impegnati che nella vita personale.

Gabriele Cingolani