I LAMPIONI delle STRADE

asterischi
By Pierino DiEugenio
Pubblicato il 27 Febbraio 2015

Sto naufragando con la mente tra le considerazioni del nostro attento collaboratore che scrive tra l’altro a pagina 3: “Se ognuno si contentasse di consumare il necessario e lasciasse il resto agli altri scomparirebbe la fame del mondo”. è un pugno allo stomaco che lascia il segno.

Al pari del direttore della Fao José Graziano da Silva che giorni fa diceva a Milano nel contesto dell’Expo 2015: “Il mondo a fame zero è possibile, lo spreco del cibo è un lusso insulso; grazie al lavoro sul primo obiettivo del millennio, l’incidenza della fame sulla popolazione globale è diminuita del 40 per cento. Il nostro impegno è di eliminarla del tutto”. Volessero i potenti della terra.

Mi dico per ritrovare il sorriso: quando i lampioni di tutte le strade del mondo si accendono, è arrivata a notte. Ma una delle prerogative dei lampioni non è di sconfiggere la notte, bensì di illuminarla. Sono momenti indelebili. Per Angelina Jolie indelebili sono “i momenti felici, quelli di cui ho bisogno per andare avanti. C’è già tanta tristezza nel mondo e io preferisco ricordare i sorrisi: di mia madre ho presente gli occhi, il suo animo gentile e i Natali insieme; dei miei figli l’attimo in cui li ho conosciuti. Sono i momenti per cui vale la pena vivere”.

Ad Aurora Ruffino, 25 anni, è sufficiente correre spensierata in jeans scoloriti, anche se per milioni di ragazzi lei è semplicemente la mitica star Cris di Braccialetti rossi. Com’è vivere in un paesino del Piemonte come Druento? “Sono la quarta di sei meravigliosi fratelli, a Druento ci sono la mucche, le pecore, le montagne… c’è solo un pub e una pizzeria, nient’altro. Se sei giovane, viverci è dura. Ma io apprezzo il silenzio del mio paese, quando ti svegli la mattina e l’aria sa di buono, di pulito. Davanti alla mia casa pascolano le mucche. Penso di essere una cristiana in cammino e in ricerca, entusiasta di papa Francesco, magari potessi incontrarlo!”. L’ultima volta che ha sorriso? “Ma io rido sempre, tutti i giorni, per qualsiasi cosa, alle medie mi prendevano sempre in giro per questo”. Beh, capisco.

Viva la campagna. Vien da pensare a L’uomo che piantava gli alberi, incantevole parabola di Jean Giono. Storia di un pastore solitario e tranquillo, felice di vivere con trenta pecore e il cane in un villaggio dell’alta Provenza. Nonostante la totale solitudine, quell’uomo stava compiendo un’impresa capace di cambiare la faccia di quell’arida terra e la vita delle generazioni future: piantava alberi, ogni giorno decine di alberi, per trent’anni. E la zona desolata, troppo a lungo sfruttata, si trasformò in una terra promessa: ritornarono l’acqua, i fiori, gli animali, e infine pure le persone.

Una storia esemplare sulla priorità data al tempo e alla speranza. Quando penso che un uomo solo, un illetterato pastore con trenta pecore e un cane, è stato capace di far uscire dal deserto il suo paese, il mio volto si apre a un sorriso grande come un fetta di panettone. Il pensiero torna a indugiare sul collaboratore: “Se ognuno vivesse in pace con se stesso e con la gente che incontra, ci sarebbe la pace sulla terra”. E scusate se è poco.

 

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