I GIOVANI COL TURBO

By carlo napoli
Pubblicato il 17 Gennaio 2022

Quando vedo i ragazzi adolescenti – quindici o sedici anni – giusto l’età che ha mio nipote, mi chiedo sempre: che pensano? Quali sono i loro ideali, i loro sogni, i loro traguardi? Viaggio con lui in macchina fingendo di essere preso completamente dalla guida. A tratti lancio qualche domanda e la lascio vagare nell’aria. Ma cerco di decifrare da frammenti di risposte svagate quello che bolle nella sua testa, uguale a quella di tanti suoi coetanei. Non è impresa facile. Primo perché il loro mondo è anni luce lontano dal nostro, più chiuso, forse più complesso come se fossero coscienti della loro diversità. E butto giù qualche frase smozzicata solo per vedere se suscita qualche reazione. Quando finalmente la confidenza timidamente affiora, allora sento che questi ragazzi sono già adulti. Sarà la televisione, saranno i giornali, saranno i social, sarà questo benedetto (o maledetto) telefonino al quale stanno tutti attaccati tutto il giorno a fornire idee e suggerimenti.

Se tento un paragone coi tempi della mia adolescenza, mi sento perdente. Già i libri che leggevamo noi andavano da Verne ai Promessi Sposi e sulla storia ci fermavamo sempre alla Prima guerra mondiale perché non bisognava mai oltrepassare quella soglia che coinvolgeva l’ultimo conflitto e i partiti della nuova Italia. Oggi mi informo: che leggi? E annoto gli autori, Calvino, Pavese, Moravia, Tommasi di Lampedusa. Caso mai noto una certa pesante carenza sul campo della storia. I quindicenni o sedicenni sanno tutto su Zuckerberg, maneggiano da esperti ogni computer e cellulare, ma purtroppo non hanno idea di cosa sia stato questo novecento, il comunismo, i lager sovietici in Siberia, Auschwitz, il nazismo, Mussolini. Man-ca loro una dimensione storica e questo credo sia l’unico appunto che muoverei a questi studenti. Ma sul futuro le idee sono molte e più ampie di quelle che avevamo noi e spaziano non solo sul nostro paese. Direi che hanno una dimensione internazionale come se gli orizzonti si fossero dilatati. Chiedo a chi mi sta accanto: ma dove vorresti vivere? E tranquillamente mi dice che vivrebbe volentieri a New York, a Londra, o in Germania.

Caro Giovanni che eri con me allo stesso banco in quinta ginnasiale, avresti mai detto che il tuo sogno era andare all’estero? Il mio compagno di banco pensava di fare l’avvocato, quanti avvocati ha partorito la mia generazione! Oppure entrare in un ministero o imboccare la carriera del medico.

Pensavamo tutti a corto raggio. È probabile che fossimo più maturi, può darsi. Ma il mondo ai nostri occhi era immenso, sterminato, quasi infinito. Ma oggi i viaggi sulla Luna e le capsule spaziali hanno accorciato anche i sogni, Giulio Verne ci portava negli antri marini e viaggiavamo solo con la fantasia per ventimila leghe sotto i mari. Non si cerca più nel proprio paese ma tutto il mondo è paese. Conosco ragazzi che già si sono informati dove gli architetti guadagnano bene, dove i medici hanno ottimi stipendi, dove gli esperti d’economia ricevono a fine anno un bonus milionario. Sì, è vero, noi pensavamo in piccolo, ecco perché non sono pessimista sul futuro di questa generazione che avrà le sue difficoltà, come tutti e come sempre, ma anche con tante più possibilità rispetto al passato. E direi a tanti genitori preoccupati dei propri figli che questi giovani hanno forze sufficienti per navigare in mare aperto. Scriveva Montanelli tanti anni fa: “L’unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio”.

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