Non è mancato chi, con simpatica malignità, ha abbinato il nome del presidente del comitato promotore per Roma olimpica (che si candiderà per i Giochi del 2024) a quello di un celebrato, e frequentissimo, ingrediente culinario: come il prezzemolo, insomma, Montezemolo te lo ritrovi sempre in mezzo. Altri hanno rispolverato un altrettanto celebrato soprannome con il quale negli anni settanta gli habituées delle cronache politiche erano soliti etichettare Amintore Fanfani, chiamato “professor Rieccolo” per la capacità dello statista aretino di riprendersi sempre, dopo ogni “batosta” politicamente registrata sia all’interno del suo partito, la Democrazia cristiana, che nelle vicende politiche generali dell’Italia di allora. Di là dai refrain e dalle battute, sarà dunque e comunque Luca Cordero di Montezemolo a pilotare la capitale d’Italia nella ricerca e nella conquista del “visto” per ottenere dal comitato olimpico internazionale l’organizzazione dell’edizione 2024 dei Giochi olimpici estivi. La decisione del Cio è prevista per il settembre del 2017: i due anni e mezzo non sembrino tanti, ché il lavorìo diplomatico richiede tempi abitualmente lunghi.
Il “battesimo” del comitato promotore della candidatura di Roma è avvenuto a metà febbraio a Losanna, sede del Cio, dove il presidente del Coni Malagò e il presidente del comitato Montezemolo si sono incontrati con Christopher Duby, direttore esecutivo del dipartimento Giochi olimpici, e Keith McCornell, direttore sportivo del Cio. Montezemolo ha accettato ruolo e incarico per la convinzione che ha “letto” nelle intenzioni del governo, a differenza di quanto era accaduto quattro anni fa, quando proprio le incertezze istituzionali intorno alla candidatura – che avrebbero poi portato al no di Monti – convinsero l’attuale presidente di Alitalia a rifiutare. Montezemolo ha voluto sottolineare il carattere di innovazione della candidatura che si sta costruendo per cercare di giocare nella partita il meglio del made in Italy. In primis, la nostra tecnologia: “Che significa – ha preannunciato – impianti, il giorno che si dovessero fare, con materiali innovativi e strautilizzabili dopo le Olimpiadi”: una sfida nella sfida, a ben vedere, visto che dei Mondiali di calcio 90 e dei Mondiali di nuoto 2009 non si hanno, strutturalmente parlando, ricordi tutti positivi. Il neopresidente ha poi sottolineato le nuove possibilità che la recente riforma del Cio approvata a Montecarlo offre in termini di coinvolgimento di altre città nel progetto. La parola d’ordine, quindi, in un quadro che non sarà più quello di un gigantismo alla Pechino e alla Sochi, è quella di “opere utili e indispensabili”.
A parere del numero uno del Coni, dagli incontri in sede Cio “sono venute fuori tante idee, anche nuove, interessanti, stimolanti, che secondo me sono una grandissima opportunità per fare qualcosa di buono per il nostro paese e onestamente, anche in termini di opportunità di sviluppo e di lavoro, e paradossalmente anche di poco costo”.