I GENITORI PERFETTI NON ESISTONO
Qualche anno fa Raiuno mandò in onda una fiction, Come fai sbagli, che fece il pieno di ascolti. Basata sul format francese Fais pas ci, fais pas ça, raccontava la storia di due famiglie romane, una più liberal, gli Spinelli, che educano i figli all’insegna della fiducia reciproca, l’altra più conservatrice, i Piccardo. Gli uni si oppongono al modello di educazione severa ricevuta, gli altri lo riproducono. I primi si preoccupano che i figli siano “felici”, i secondi, come facevano i nostri genitori, esigono semplicemente che siano “bravi”. Le differenze tra le due famiglie, vicine di casa, sono evidenti già dai nomi dei figli: Zoe e Diego da una parte; Giulio, Irene e Chiara dall’altra. Come fai sbagli potrebbe essere il motto di ogni genitore, “conservatori” o “liberali” che siano.
D’altra parte, basta fare un giro su Internet o andare in libreria per vedere come si moltiplicano i manuali per genitori perfetti con tutta una serie di suggerimenti per crescere figli felici. Valentina Giordano s’ispira a un maestro zen giapponese Suzuki-Roshi: “Siamo tutti perfetti così come siamo. E potremmo migliorare un po’”. Per questo ha scritto un libro dal titolo provocatorio: I genitori perfetti non esistono – Mindfulness per mamme e papà liberi dall’ansia e per bambini felici (Sperling&Kupfer, pp. 204, euro 16,90). L’autrice si è formata al Center for Mindfulness della University of Massachusetts Medical School e all’insegnamento della mindfulness per bambini e adolescenti in California. Conduce percorsi di mindfulness per genitori e bambini e il programma per la riduzione dello stress per aziende e privati. Insegna in diverse scuole internazionali di Milano. Ha una rubrica sul blog la 27esima ora del Corriere della Sera. Mindfulness è una parola inglese che vuol dire “consapevolezza”. Questa pratica, che arriva dalla tradizione meditativa orientale, è un approccio che può aiutare a metterci in una diversa relazione col disagio, che prima o dopo, in un modo o nell’altro, tutti sperimentiamo nelle nostre relazioni con gli altri e con la realtà che ci circonda.
Perché la cosa migliore di un genitore per il proprio figlio è prendersi cura di se stessi e delle proprie emozioni?
Molti credono che prendersi cura di se stessi, dedicare tempo e attenzione al proprio mondo interiore, sia un atto egoistico. Tuttavia, possiamo esserci autenticamente per gli altri – e in primis per i figli – nella misura in cui impariamo a essere presenti a noi stessi. Daniel Goleman, il padre dell’intelligenza emotiva, insegna che l’autoconsapevolezza – la capacità di rivolgere l’attenzione al panorama interno di pensieri e sensazioni – apre la strada a una corretta gestione di se stessi, anche quando il nostro mondo interno viene scosso da emozioni disturbanti. Questo arricchisce enormemente la possibilità di educare ed entrare in relazione con saggezza e amore.
Il titolo del suo libro è provocatorio. Posto che i genitori perfetti non esistono, che cosa fa avvicinare di più alla perfezione un genitore nel difficile mestiere di educare?
Mi piace leggerlo, piuttosto, come un incoraggiamento: quando lasciamo andare la spinta perfezionistica verso un’ideale di come dovremmo essere, allora possiamo finalmente rilassarci e onorare noi stessi, così come siamo. La perfezione è riconoscere che siamo già esseri umani completi, è ricordare che abbiamo già dentro di noi l’integrità e il potenziale di amore necessari a educare con il cuore.
La società odierna presenta molti stimoli (social network, strumenti tecnologici…) per bambini e adolescenti nei quali sono insiti dei pericoli e, al contempo, si moltiplicano di conseguenza le ansie dei genitori. Sono giustificate queste ansie? E come gestirle per non soffocare i figli?
È innegabile che in un mondo sempre più veloce, dinamico e pieno di stimoli, si moltiplichino anche le possibilità di andare incontro a nuove preoccupazioni, ma un genitore in preda all’ansia non è d’aiuto. Per affiancare i figli occorre centratura, chiarezza mentale e quell’autoconsapevolezza che, come dicevamo, porta a una corretta gestione di se stessi. La capacità di prevedere un eventuale pericolo è fondamentale; la proliferazione mentale che deriva dall’ansia, invece, non serve e imparare a rimanere radicati nel momento presente, aiuta a non andare alla deriva, trasportati dalle emozioni difficili, con conseguente beneficio per se stessi e i propri figli. Forse vale anche la pena ricordare che la tecnologia è uno strumento, di per sé neutro, mentre l’uso che ne facciamo – o che permettiamo a bambini e adolescenti – ha delle conseguenze positive o negative. Un insegnante diceva che anche una forchetta, se impugnata dal lato sbagliato, può diventare un’arma.
Sembra che oggi, rispetto al passato, il riconoscimento e il valore stesso del ruolo dei genitori dipendano in un certo senso dall’approvazione dei figli. È d’accordo?
Ricordo che quando studiavo marketing mi aveva molto colpito come negli anni la comunicazione si fosse spostata dal genitore al bambino, riconoscendo in quest’ultimo il perno principale nel processo decisionale d’acquisto. Lavorando poi a contatto con i giovani e i loro genitori in un ambito diverso, quello dell’education e della mindfulness, mi sono resa conto di come gli equilibri all’interno delle famiglie oggi siano davvero molto diversi dal passato. Se da un lato il raggiungimento di un maggior benessere e di una migliore istruzione hanno fatto sì che oggi i genitori siano più attenti alle esigenze dei propri figli, dall’altro questi due fattori (e molti altri) hanno contribuito a rendere i genitori più vulnerabili, confusi circa le proprie responsabilità e in cerca di un’approvazione che non sono più capaci di darsi da soli. Questo sbilancia la relazione a favore del bambino, con pericolose conseguenze dal punto di vista educativo.
Perché il naturale “fallimento” del figlio nella fase di crescita, non è più tollerato dai genitori che pretendono figli sempre impeccabili e perfetti?
Perché nella società del perfezionismo e del successo non c’è più spazio per gli errori e ogni piccolo “inciampo”, dal brutto voto a scuola a una partita in panchina, viene caricato di connotazioni negative. Commettere errori, saper fallire è cruciale nel processo di crescita e la pratica della mindfulness, in questo, è un ottimo sostegno per genitori e figli: invita a non cercare sempre risultati, a onorare i propri talenti ma anche a essere nessuno di speciale, e infine a connettersi di più con la dimensione dell’essere, lasciando un po’ andare non solo quella del fare, ma anche quella dell’apparire.
Amare i figli significa fargli fare tutto quello che vogliono?
Mi sembra che questo rispecchi di più il bisogno di evitare il conflitto, l’incapacità di stare con il disagio che deriva dal vedere i propri figli temporaneamente scontenti o contrariati per un “No”. Credo che l’amore fiorisca in un’altra direzione. Amare un figlio comprende il compito delicato di insegnargli a stare al mondo, apprezzare ogni momento, imparare dalle difficoltà, coltivare il bene, sapere che a volte si vince e a volte s’impara, ma che abbiamo sempre, in ogni momento, tutte le risorse per andare avanti. Se non lo insegnano i genitori, ci penserà comunque la vita.
Coraggio e fiducia, due parole che ricorrono spesso nel suo libro, sono sempre più rari tra i genitori. Come fare a rinvigorirle?
Tornando al cuore. La parola coraggio (dal latino, “cor habeo”) significa proprio “ho cuore”. Ognuno di noi sa come rinvigorire queste qualità e quale cammino scegliere, il mio libro propone ciò che ha risuonato maggiormente nel mio cuore, cioè la pratica della mindfulness, che è sempre anche heartfulness (vivere il momento presente con il cuore, ndr). Mi auguro che i genitori ne possano trarre ispirazione.
Lo psicanalista Massimo Recal-cati sostiene che “ci sono due grandi menzogne, due retoriche pedagogiche che influenzano oggi il rapporto tra genitori e figli: l’uso di regole, uguali per tutti, e la ricerca del dialogo per appianare il conflitto. Ma la bellezza del figlio sta nel suo segreto, nell’essere indecifrabile”. È d’accordo?
Condivido, per molti aspetti, questo punto di vista: le regole sono fondamentali, ma nella relazione genitori-figli (e spesso anche a scuola) non tengono conto della specificità di ogni bambino. Sull’indecifrabilità e il mistero presenti in ogni figlio, sono totalmente d’accordo e nel mio libro invito i genitori a onorare la distanza infinita che esiste anche nelle relazioni più intime.