È il principio su cui si basa la nuova legge sull’assegno unico e universale dato a tutte le famiglie con figli a carico dal settimo mese di gravidanza fino alla maggiore età e oltre. Entrerà in vigore il 1° luglio 2021.“Non è un costo per lo stato, ma un investimento sul futuro”. Riuscirà a far ritornare la primavera demografica in Italia?
Sarà una data storica per le famiglie italiane quella del 1° luglio 2021 quando lo Stato inizierà a pagare “l’assegno unico e universale” per ogni bambino che nasce. Un assegno concesso a partire dal settimo mese di gravidanza fino al diciottesimo anno di età, prorogabile al 21° anno di età in caso di tirocinio o studio. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha ipotizzato 250 euro a figlio. È un punto di svolta per le famiglie italiane.
Il commento più azzeccato forse è quello di Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, che molto ha contribuito alla formulazione e approvazione della legge: “Finalmente in Italia c’è una legge che fissa un principio bello: I figli sono una risorsa, un bene comune”. Da sottolineare le parole “un bene comune”, perché indicano che un figlio non è un bene solo per la coppia che l’ha generato (o un peso per le finanze dello Stato perché improduttivo per molti anni), ma è un bene, una ricchezza, una risorsa per tutti, e per questo lo Stato deve prendersene cura. In effetti, si può parlare di una riforma epocale che finalmente riconosce il valore sociale della prole e della famiglia.
Ci sono voluti 7 anni, ma finalmente, il 30 marzo 2021, il Senato ha approvato in modo definitivo questo disegno di legge che cambia radicalmente il sistema di sostegno dello Stato alle famiglie con figli a carico, mettendo fine a regole frammentarie che di fatto non hanno incoraggiato le nascite e non hanno impedito che l’Italia diventasse uno dei Paesi più vecchi al mondo. Ed è per questo che l’assegno è detto “unico” perché appunto sostituisce tutte le varie leggi e leggine del passato; è detto anche “universale” perché è per tutti coloro che hanno un figlio a carico.
L’approvazione definitiva della legge è arrivata all’indomani della pubblicazione dei dati Istat sulle nascite in Italia nel 2020 che parlano di un vero disastro demografico. Il Covid-19 è stato deleterio: mai così poche nascite dal 1861 (quando gli italiani erano poco più di 22 milioni), mai così tanti morti dal secondo dopoguerra. In aggiunta anche una forte riduzione dei movimenti migratori. E così, sottratti dal numero dei morti (746 mila) il numero dei nuovi nati (404 mila) risulta che a fine 2020 in Italia ci sono 384 mila abitanti in meno (è scomparsa in un anno un’intera città grande come Firenze, commenta l’Istat). La popolazione italiana è già scesa abbondantemente sotto i 60 milioni di abitanti. Nel 2050, calcola l’Onu, gli italiani saranno 20 milioni in meno e l’Italia scenderà dal 23° paese più popolato al mondo al 64°. Tra l’altro è crollato anche il numero di matrimoni.
Basterà la nuova legge a invertire la tendenza? Molte sono ancora le incognite. La legge c’è ed è innovativa, ma la sua efficacia dipende in gran parte dai decreti attuativi e sarà una corsa contro il tempo perché devono essere pronti per luglio. La nuova legge dovrà essere completata da una riforma fiscale “a misura di famiglia”. L’efficacia della legge dipende anche dalla collaborazione dei Comuni che devono provvedere i servizi per le famiglie. Cruciale è il finanziamento della legge. Si parte da una ventina di miliardi ma, conti alla mano gli esperti pensano che ne servano almeno 30 di miliardi. Gianluigi De Palo precisa: “Non sono un debito, ma un investimento sul futuro”. Comunque è “un debito buono” perché, oltre ad essere un aiuto economico alle famiglie con figli, è un progetto di futuro, nella linea ideale espressa dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, quando parla di “gusto per il futuro”.
L’Eco tornerà a parlare ancora di questa legge.