GESÙ SOTTO PROCESSO

Dopo l’arresto, Gesù è sottoposto al giudizio di due autorità: quella religiosa della nazione ebraica e quella politica dei romani. Dinanzi all’autorità romana si svolge un vero processo, davanti a quella giudaica si svolge un interrogatorio di non chiara indole processuale. Dai sinottici potrebbe desumersi risposta affermativa, per Giovanni la risposta è negativa. Non è possibile ricostruire con esattezza storica il valore di tale confronto. Se fosse un processo, non si capisce che valore abbia, né se potesse emettere sentenza e eseguirla. Le autorità giudaiche diranno a Pilato di non poter mandare a morte nessuno, ma diverse volte avevano provato a lapidare Gesù, e di lì a poco lapideranno Stefano. Può darsi che a quel tempo la normativa fosse fluttuante. Se non è un processo, che cos’è? Forse fu solo un interrogatorio privato o udienza preliminare, per raccogliere i capi d’accusa da presentare all’autorità romana per ottenere la condanna a morte di Gesù.

Il nostro scopo non è spiegare queste complesse problematiche, ma cercare la sintonia con l’interiorità di Gesù mentre si abbandona a questa umanità ormai chiusa alla sua verità e innocenza.

Secondo gli evangelisti Matteo e Marco, Gesù è interrogato in casa del sommo sacerdote subito dopo l’arresto, nella notte. La seduta è ripetuta al mattino nella sede del sinedrio perché l’incontro notturno non ha valore legale.

C’è tutto il sinedrio? Sarebbe un consesso di settanta componenti più il presidente, con sommi sacerdoti, anziani e scribi. È la massima autorità religiosa e civile della nazione. Il processo inizia con l’escussione dei testimoni. L’unica accusa è che Gesù avrebbe detto: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni, Mt 26,61; o: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d’uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d’uomo, Mc 14,58. Sia i testimoni che l’imputazione sono definiti falsi, ma sono solo confusi. Per la precisione Gesù ha detto: (Voi) distruggerete questo tempio e in tre giorni (io) lo farò risorgere. Ma parlava del tempio del suo corpo, Gv 2,19.21.

Gesù aveva usato i termini di distruzione e ricostruzione, ma riferendosi al tempio del suo corpo e attribuendone a sé la ricostruzione. Del tempio di pietra ha sempre parlato con rispetto, pur dimostrandosene superiore. Quindi l’accusa poteva avere un pretesto, ma i testimoni manipolano ciò che Gesù ha detto di vero e lo chiamano falso perché non l’accettano.

L’impappinarsi dei testimoni e il silenzio di Gesù che non dice una parola di chiarimento, né a propria difesa, irritano il sommo sacerdote. Ma l’accusa lo insospettisce. Se rivendica potere sul tempio deve ritenersi il Messia, perché solo Dio e il suo inviato hanno questo potere.

Parte dunque la domanda cruciale sull’identità di Gesù: Ti scongiuro per il Dio vivente perché tu ci dica se sei il Cristo, il Figlio di Dio, Mt 26,63. Non trovandosi accuse sostenibili dall’esterno, bisogna trovarle provocandolo a parlare. Chiarisca le questioni aperte: è il Messia atteso, liberatore definitivo della nazione? È Figlio di Dio, dato che sul rapporto tra Messia e Dio non vi è interpretazione concorde?

Stavolta Gesù non può tacere perché la domanda è formulata dalla legittima autorità con scongiuro legale. Nell’attesa livorosa e nel silenzio palpabile Gesù risponde: Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza e venire sulle nubi del cielo, Mc 14,62.

L’impressione è enorme. Qualcuno deve sentirsi raggelare. Mai Gesù era stato così chiaro. Ora può farlo perché nessuno potrà interpretare la sua identità come ricerca di potere umano.

L’interrogazione è stata fatta, la risposta è venuta, la reazione formalizza il rifiuto contro Gesù. Stracciandosi le vesti, il sommo sacerdote sentenzia: Che bisogno abbiamo ancora di testimoni. Avete udito la bestemmia, che ve ne pare? Tutti sentenziarono che era reo di morte, Mc 14,63-64.

Farsa o processo, Gesù sperimenta la superficialità con cui, nei rapporti umani, ci si sbarazza di quanto discorda dalla nostra posizione: idee, valori, persone. Nello stesso tempo addita alla coscienza umana, soprattutto dei credenti, il coraggio  della propria identità. In un tempo di identità appiattite, liquide, occultate, ci sono ancora cristiani che affrontano la condanna a morte per la coerenza con la propria identità.