“GEMMA” D’AMOTE
La coppia italiana era volata in India per adottare una bambina di nome Riya, nome indiano che significa “gemma”. I nuovi genitori, però, contraggono il Covid e il papà dopo il rientro in Italia muore per complicanze della malattia. Il racconto della moglie
La loro storia ha commosso l’Italia. Perché quella di Enzo e Simonetta Galli e la piccola Mariam Gemma, è quasi un romanzo che incrocia molte altre vicende: la burocrazia che avvolge le adozioni internazionali, la pandemia, la gara di solidarietà di amici e parenti per riportarli in Italia dall’India. L’amore indomito di due genitori e la fede ardente e profonda di Enzo definito, dal suo padre spirituale, “un uomo silenzioso e giusto come san Giuseppe perché ha portato in salvo la sua famiglia accompagnandola con grande amore”.
A raccontare la vicenda è Simonetta, 47 anni, che ora gioca con la piccola Mariam, 2 anni, che ha imparato perfettamente l’italiano: “Mi chiama in continuazione, gioca con me, è molto affettuosa e anche buffa – racconta – all’inizio però è stata durissima. I bambini hanno bisogno solo dell’amore. Il resto viene da sé. Ora le fanno compagnia i cuginetti e i nonni la accudiscono con grande tenerezza. Ma quando l’abbiamo presa in braccio la prima volta non è stato facile”.
Il papà di Mariam, anzi “babbo” come si dice in Toscana, è morto il 25 agosto a 43 anni all’ospedale Careggi di Firenze dopo che il Covid, contratto in India, aveva debilitato talmente il suo fisico fino a portarlo alla morte per un’infezione batterica che non gli ha lasciato scampo. Ad aprile scorso, insieme alla moglie, era volato nel Paese indiano, con il placet della Farnesina che diceva che laggiù la situazione era sotto controllo, per conoscere e abbracciare la figlia adottiva che le era stata “assegnata” un anno prima, nel bel mezzo del primo lockdown.
Enzo e Simonetta si sono conosciuti nel 2004 e si sono sposati il 29 settembre del 2012.
Siccome non potevano avere figli, hanno iniziato l’avventura dell’adozione il 2 agosto 2016, nel giorno del Perdono d’Assisi, firmando i documenti da depositare in Tribunale. Dopo aver cercato diverse associazioni, la coppia si rivolge a un ente internazionale, International adoption che lavorava prevalentemente con l’India. Passano anni ma senza nessun risultato. “Abbiamo scelto questo Paese perché gli altri esigono permanenze lunghissime che noi con il nostro lavoro non potevamo permetterci – racconta Simonetta – mentre lì bisogna fermarsi una settimana, massimo dieci giorni prima di poter rientrare a casa con il bambino adottato. Abbiamo iniziato un viaggio molto lungo e difficoltoso. Scegliere un’adozione non è una passeggiata anche a livello affettivo e psicologico. Non basta avere l’ok per iniziare, la coppia deve essere verificata e monitorata ogni 2-3 mesi e poi c’è una burocrazia asfissiante e per certi versi assurda, acuita dal fatto che ogni Paese ha le sue leggi e quasi sempre sono diverse rispetto a quelle del Paese di chi adotta”.
Dopo due proposte d’affido in Italia non andate a buon fine e varie peripezie, Enzo e Simonetta sono tentati di gettare la spugna. “Mio marito però è sempre stato un combattivo, forse più di me, non si è mai arreso – spiega – anche se avere a che fare con enti e associazioni non è facile perché spesso non offrono quell’assistenza, anche a livello informativo, che è fondamentale in questo percorso lungo e complesso”.
Ad aprile 2020, nel pieno del lockdown che ha sprofondato l’Italia e il mondo in un dolore terribile, quando non ci sperano più, la chiamata che li informa di quello che in gergo si chiama “abbinamento”. Ad aspettarli, oltreoceano, c’è Riya, nome indiano che significa “gemma”, nata l’8 maggio 2019 da una ragazza madre che dopo averla partorita in un altro villaggio diverso rispetto a quello dove abitava l’ha lasciata in un orfanotrofio, su consiglio dei suoi genitori. “Nel nome abbiamo visto un segno della Provvidenza visto che noi siamo molto devoti di santa Gemma Galgani”, sottolinea Simonetta.
A metà aprile Enzo e Simonetta, finalmente, partono per abbracciare la bimba e portarla a casa. “Non posso nascondere che avevamo molta paura entrambi perché le notizie che arrivavano dall’India sulla pandemia non erano affatto rassicuranti – racconta – alla fine, sia la Farnesina che l’ente ci dicevano che era tutto sotto controllo e potevamo partire tranquillamente ma la situazione, in realtà, era disastrosa”.
Nell’albergo di New Delhi dove alloggiano contraggono il Covid che li riduce a spettri, con una carica virale che, a detta dei medici dell’ospedale Careggi di Firenze che li prenderanno in cura, non s’era mai vista in Italia. Il virus colpisce pesantemente prima Simonetta e poi Enzo e li tiene bloccati in India. In hotel c’era stata una festa di matrimonio dove tutti ballavano senza mascherine e probabilmente il contagio si è innescato proprio dopo quel ricevimento.
Per due settimane, subito dopo l’uscita dall’orfanotrofio e con la madre costretta in quarantena, Mariam Gemma è accudita dal padre. “Quando lo ha visto per la prima volta era terrorizzata, urlava disperata – racconta – durante la notte se vedeva Enzo accanto a me si metteva a piangere e dovevo alzarmi dal letto per consolarla. Aveva il terrore di mio marito, tanto che pensavamo di intraprendere un percorso con gli psicologi”. Enzo non può comunicare con Simonetta, positiva e in isolamento, perché non c’era collegamento internet. “Se fossi morta, e non era improbabile visto le condizioni in cui mi trovavo, non sapeva dove venire a trovarmi”, dice Simonetta con le lacrime agli occhi. Enzo deve accudire Maria da solo anche se non sa bene come si fa. Allora chiede aiuto agli amici per darle da mangiare e cambiarle il pannolino. “Dopo quel periodo l’ho ritrovata affezionatissima al babbo, sul volo di ritorno in Italia non riusciva a staccarsi da lui”. Intanto, i sintomi del Covid iniziano a indebolire il fisico di Enzo che però tiene duro per accudire Mariam e rientrare il prima possibile a casa. “L’amore per la bimba gli ha dato una forza sovrumana. Se l’è cavata da solo, chiedendo consigli a tutti, ma soprattutto le ha creato un mondo d’amore attorno. Nei video che mi mandava la bimba ride sempre. E pensare che all’inizio aveva quasi il terrore di lui e di tutti gli uomini che vedeva. Le ha insegnato a pregare e a dire le prime parole in italiano. Adesso prima di mangiare la bimba dice sempre Amen. Quando mi hanno portata in ospedale perché non respiravo più, anche lui stava male ma mi ha rassicurata: Riposati, stai tranquilla, ci penso io a Mariam. Solo dopo ho saputo che non riusciva nemmeno ad alzare il braccio”.
Il caso della coppia di Campi Bisenzio bloccata in India fa il giro di tutti i giornali e le Tv italiane. Simonetta lancia diversi appelli alle istituzioni per sbloccare la situazione. “Ringrazio il console Daniele Sfregola che è stato straordinario e ci è sempre stato vicino, ma l’ambasciata italiana in India non la devo ringraziare, per nulla – si sfoga Simonetta – se non fosse stato per il nostro avvocato Elena Rondelli saremmo rimasti lì”.
Alla fine, Enzo e Simonetta sono riusciti a tornare in Italia l’8 maggio con un volo sanitario privato, costato 130mila euro e pagato con i prestiti di amici e parenti.
Al rientro, tutti e tre sono positivi ma mentre Simonetta e Mariam si negativizzano quasi subito, Enzo viene ricoverato all’ospedale Careggi dove resterà attaccato all’ossigeno per tre mesi e mezzo con complicazioni continue ai polmoni e al cuore, uno shock settico e l’entrata in dialisi a fine luglio fino alla morte, avvenuta alle 14 del 25 agosto, “nel giorno della nascita di santa Faustina Kowalska di cui era devoto. In ospedale, quando non poteva più parlare, in videochiamata con me e altri amici recitavamo la coroncina della Divina Misericordia”.
Simonetta ripercorre gli ultimi mesi con Enzo, il Covid, la degenza in ospedale, l’attaccamento a Mariam. “Ha avuto una forza sovrumana e umanamente inspiegabile per accudire nostra figlia e crearle attorno un mondo d’amore e di gioia. Mariam Gemma non è mai triste, quando vede la sua foto, sorride e chiama: Babbo, babbo”.
Il 29 maggio l’ultimo contatto. “Lui aveva il casco e non riusciva a parlare. Mi ha fatto una videochiamata chiedendomi di farmi vedere perché voleva guardarmi negli occhi, mi ha fatto su con il pollice e mi ha mandato un messaggio dove mi ha scritto che lo intubavano: “Ti saluto, amore, da domani non ci sentiremo più. Su tutto mi affido alla volontà di Dio e alle decisioni che prenderete. Stai serena che Dio è più grande. Vi voglio bene”.
Le date in questa storia sono importanti. Il 23 agosto Simonetta riceve il decreto del Tribunale che sancisce che Mariam per lo Stato italiano è loro figlia e può prendere il cognome Galli, Enzo muore due giorni dopo. “Se lui se ne fosse andato senza il decreto c’era il rischio che la bambina tornasse in istituto perché, per le leggi indiane, l’iter non è ancora completato e noi per i prossimi due anni dobbiamo inviare periodicamente in India le foto e una relazione sulla crescita di nostra figlia. Non ci voglio neanche pensare a cosa sarebbe ancora potuto succedere. Forse Enzo prima di andarsene ci ha fatto l’ultimo regalo”.
Gradualmente, da settembre, Simonetta ha iniziato a dire a Mariam che suo papà non c’è più. “Le ho detto che è in paradiso. Ora, per lei, c’è un abbandono nell’abbandono. Una volta le ho detto: “Babbo starà sempre con noi e tu quando sei in difficoltà chiedigli aiuto. Parlaci e troverà il modo di risponderti. Allora lei ha risposto: Babbo, ti voglio bene. All’inizio, quando in istituto ce l’hanno messa in braccio, piangeva disperatamente, si graffiava anche fino a farsi male. Ora è rifiorita. Gli psicologi dicono che serve tempo ma Enzo con lei non ne ha avuto tanto eppure il suo amore è stato un uragano di gioia”.
Enzo lavorava come geometra in un’impresa di telecomunicazioni di Campi Bisenzio e stava concludendo gli studi per diventare diacono permanente nella parrocchia di San Lorenzo. La stessa Simonetta è rimasta sorpresa dall’ondata di affetto che ha ricevuto in questi mesi: “Gli scout che frequentava da ragazzo mi hanno mandato una lettera commovente. Mi ha scritto tempo fa anche una ragazza che ha adottato una bambina che le sta dando diversi problemi chiedendomi di poter pregare Enzo perché lo sente vicino e possa proteggere sua figlia. Mio marito aveva un universo dentro di sé. Ha dato tanto amore e affetto a gente che neanche conosco”.
Per il futuro, quando Mariam crescerà, Simonetta ha una paura: “Non voglio che si senta colpevole della morte del padre. Le dirò che Enzo l’ha amata, è andata a prenderla con un amore incredibile e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Una volta mi disse: La sera torno dal lavoro stanchissimo, sarò capace di essere un padre buono per questa bambina?. Altroché, anche quando stava male e gli mancava il fiato è riuscito a donare gioia a Mariam”.